Varie, 17 luglio 2015
RIVOLTE PER LUCA
Il Post
Cosa sta succedendo a Roma e Treviso
A partire dalla sera di mercoledì 15 luglio a Quinto di Treviso, in Veneto, ci sono state proteste e violenze da parte di alcuni residenti contro la decisione della prefettura di trasferire un centinaio di persone richiedenti asilo in trenta appartamenti sfitti della zona. Ci sono stati picchetti, presidi, incendi di materassi e mobili e anche il ferimento di una persona, un portinaio della zona. Nel frattempo anche a Casale San Nicola, in provincia di Roma, ci sono picchetti di residenti e proteste violente contro l’arrivo di alcuni migranti: i giornali dicono che quattro poliziotti sono rimasti feriti.
Roma
A Casale San Nicola, a nord di Roma, è arrivato dopo molte tensioni un pulmino con 19 richiedenti asilo. Secondo quanto scrivono i giornali un gruppo di alcuni residenti – affiancati e aiutati da militanti di estrema destra del movimento Casapound – hanno bloccato la strada e lanciato sassi, sedie e altri oggetti verso gli agenti di polizia. Quattro di questi sono rimasti feriti, ha fatto sapere la questura di Roma.
Nel sistema di accoglienza in Italia, che è complesso e articolato, rientrano anche centri – che hanno assunto nel tempo nomi differenti – che consistono in strutture “informali”, nate a fronte di un’emergenza, messe a disposizione per un’accoglienza che si limita a garantire il vitto e l’alloggio: possono essere palestre, alberghi, vecchie scuole, appartamenti, bed & breakfast e altri posti gestiti da cooperative, associazioni e soggetti del terzo settore.
«Nel prosieguo delle operazioni in atto da questa mattina, a seguito di una sassaiola nei confronti delle forze dell’ordine posta in essere dai manifestanti che si oppongono all’ingresso degli stranieri presso il centro, un funzionario di Polizia è rimasto ferito. È stato pertanto necessario per le forze in campo indossare i caschi di protezione ed aumentare l’uso della forza per contenere il comportamento dei manifestanti che al momento travalica ogni forma di legalità»
Alcuni giornali dicono che i richiedenti asilo saranno un centinaio, ma il prefetto Franco Gabrielli ha detto che si tratta di 19 persone. «Abbiamo inviato 19 persone che devono soggiornare a Casale San Nicola e c’è un blocco stradale di cittadini che non permette che entrino. Ora sono sui mezzi, ma entreranno nel centro perché rimuoveremo il blocco. Non faremo passi indietro. Su Casale San Nicola c’era un bando e una commissione che ha ritenuto che questa cooperativa avesse i requisiti. Il carteggio è arrivato ed è corretto. Se c’è gente che non è d’accordo non possiamo farci nulla. Se passasse questo principio sarebbe finita».
Treviso
A Treviso 101 persone richiedenti asilo erano state finora ospitate in strutture temporanee di parrocchie e altre associazioni della zona, che non erano però risultate idonee. La nuova sistemazione di Quinto è stata decisa dalla prefettura locale e resa possibile grazie a una convenzione fra la società immobiliare proprietaria degli appartamenti e una cooperativa sociale incaricata della gestione dei rifugiati.
La distribuzione sul territorio nazionale dei migranti era stata decisa in base a una serie di criteri fissati dal piano nazionale d’accoglienza del 10 luglio 2014, concordato insieme alle regioni: prevedeva la distribuzione dei migranti in maniera equilibrata tenendo conto della popolazione, del PIL e del numero di persone già ospitate da ciascuna regione. Il piano è saltato a causa dei nuovi sbarchi e del rifiuto di alcune regioni ad accogliere persone. Subito dopo le elezioni amministrative dello scorso 31 maggio, prevedendo nuovi sbarchi, il ministero dell’Interno aveva quindi inviato una circolare ai vari prefetti chiedendo di mettere a disposizione 7.500 nuovi posti ed evidenziando in modo esplicito l’obbligo per alcune regioni che finora erano “sotto-quota” a rispettare le direttive. L’invito della circolare era rivolto soprattutto a Veneto e Lombardia.
Il Veneto è tra le grandi regioni del nord che ospita meno migranti richiedenti asilo, con il 4 per cento. La Lombardia è al 9 per cento, ma se si fa il rapporto rispetto al numero totale di abitanti, in Lombardia i migranti sono circa lo 0,066 per cento della popolazione: in Sicilia, per capirci, sono lo 0,32 per cento. Il presidente della Lombardia Roberto Maroni, il presidente del Veneto Luca Zaia –ma anche quello della Liguria Giovanni Toti e la giunta che governa la Valle d’Aosta – si sono dichiarati contrari alla distribuzione dei migranti. Ieri Luca Zaia, da Quinto di Treviso, ha parlato di «africanizzazione del Veneto».
Nella notte di mercoledì un gruppo di cittadini, sostenuti dal partito di estrema destra Forza Nuova, ha forzato i locali al piano terra della palazzina in cui dalla mattina dello stesso giorno si trovano i richiedenti asilo e ha portato fuori, accatastato e bruciato mobili, televisori, materassi e altri oggetti che non erano ancora stati portati negli appartamenti. I giornali locali scrivono anche che uno degli addetti al servizio di portineria e sorveglianza creato dalla cooperativa che gestisce i migranti è stato aggredito e colpito da un uomo che è poi stato identificato: si tratta di un militante di Forza Nuova che è stato denunciato per lesioni. Fuori dalla palazzina è stato anche creato un presidio permanente: alcune persone hanno dormito in tenda.
Giovedì 16 luglio, dopo essersi seduti in strada per protestare contro l’arrivo dei profughi, gli stessi residenti, sorvegliati da polizia e carabinieri, hanno impedito che gli addetti della cooperativa che ha in carico i migranti consegnassero loro il cibo. Alle 11.30 è arrivato sul posto il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha detto: «Questa non è un’emergenza. Ci hanno dormito sopra per quattro anni su questa questione, stiamo africanizzando il Veneto. (…) Qui comandiamo noi. Il governo non deve mandare più anche un solo profugo».
Zaia ha chiesto alla Commissione medica del Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss 9 di Treviso di fare un sopralluogo agli appartamenti di Quinto di Treviso e secondo la relazione ci sono diverse condizioni di inabitabilità: si dice che gli appartamenti sono privi di allacciamento elettrico, di rifornimento di gas metano e che sono sovraffollati. La prefettura ha risposto che gli allacciamenti alla rete elettrica sono stati fatti, che i locali risultano abitabili e ha fatto trasferire 5 persone in una struttura vicina per risolvere l’ipotesi del sovraffollamento.
In vari post su Facebook, Forza Nuova ha confermato quanto successo scrivendo cose come: “Arrivano i pasti per i clandestini quando i nostri cittadini mangiano dall’immondizia. E le forze dell’ordine tollerano tutto questo difendendo il furgone”; “Continua la protesta. Insieme ai residenti abbiamo impedito la distribuzione del cibo ai clandestini chiedendo che venisse consegnato agli italiani in difficoltà”.
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Ilfattoquotidiano.it
Treviso, rivolta cittadini anti immigrati. Zaia: “Stanno africanizzando il Veneto”–
Il clima a Quinto di Treviso è da rivolta sociale. I cittadini di una zona residenziale (il complesso ex Guaraldo) sono scesi in strada, da ieri sera, per protestare contro la decisone della prefettura di alloggiare 101 profughi all’interno di alcune palazzine già abitate da diverse famiglie. Qualcuno nella notte ha dato fuoco a mobili e materassi trovati in uno degli appartamenti destinati ai profughi mentre oggi, sorvegliati da polizia e carabinieri, i residenti della zona hanno continuato la protesta impedendo che gli addetti della cooperativa che ha in carico i migranti consegnassero loro una cesta di cibo.
A Quinto di Treviso in mattinata è arrivato anche il governatore del Veneto Luca Zaia che si è schierato a fianco dei cittadini: “Va chiuso urgentemente questo presidio e gli immigrati devono andarsene – ha detto -. Lo dico anche perché, pur essendo noi contrari ad ogni forma di ospitalità, perché abbiamo già 517 mila immigrati, pur avendo già dato, se una vuole trovare una soluzione questa è la peggiore che si possa trovare: mettere un centinaio di persone immigrate che non sanno nulla del Veneto e noi non sappiamo chi sono, metterli in un condominio accanto a famiglie con bambini piccoli vuol dire non avere assolutamente cognizione di cosa significa”.
Il governatore ha poi rincarato la dose: “Questa non è un’emergenza. Ci hanno dormito sopra per quattro anni, stiamo africanizzando il Veneto. Ho chiesto che l’Uls (l’azienda sanitaria locale, ndr) vi facesse un’ispezione. Penso che i sindaci siano messi nelle condizioni di produrre delle ordinanze se i dati andassero nella direzione della inagibilità dei luoghi. Con il sovraffollamento io se fossi un sindaco farei un’ordinanza di sgombero. I sindaci sono eletti dal popolo e i prefetti non mi risulta si siano mai candidati. Qui comandiamo noi. I veneti scelgono i loro amministratori e i loro sindaci. Il governo non deve mandare più anche un solo profugo. E, purtroppo questi fatti accadono anche in altre regioni d’Italia”.
Solidarietà alle famiglie di Quinto di Treviso è arrivata anche dal segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini, che sabato si recherà sul posto: “Quello che sta accadendo è intollerabile, via il prefetto se non è in grado di gestire. Questi immigrati devono andar via. Sia chiaro: noi non avalliamo alcun tipo di violenza”.
Volano sedie, manganelli alzati, caschi in testa, urla, cassonetti incendiati e lancio di sassi e pietre contro la polizia. Tensioni e scontri sulla Cassia a Roma, precisamente al Casale San Nicola, durante le operazioni di trasferimento di un gruppo di profughi nel centro di accoglienza allestito nell’ex scuola Socrate.
A poche ore della rivolta di Treviso dove i migranti sono stati trasferiti in una caserma, è scoppiata la protesta anche nella zona nord della capitale. I residenti sono sul piede di guerra, da tempo, supportati da CasaPound. Dopo una trattativa con gli agenti e diverse ore di presidio, la tensione è salita quando è arrivato un camioncino con a bordo alcuni migranti. La situazione è degenerata in pochi secondi: i residenti hanno indietreggiato, gli attivisti di destra hanno avanzato indossando i caschi, dai manifestanti sono partiti fischi e slogan "No al centro immigrati", "andate via", "è un abuso di potere". Gli agenti hanno alzato gli scudi e trascinato via alcune persone, poi le cariche: un muro contro muro di CasaPound e degli agenti del reparto mobile in piena tenuta antisommossa, i sassi lanciati contro le forze dell’ordine con quattro agenti rimasti feriti, le manganellate e cittadini in lacrime. Il pullman con a bordo i 19 profughi è rimasto bloccato dietro i blindati, poi scortato ha percorso la strada tra cori di insulti e lanci di bottiglie fino a raggiungere l’ex scuola dove sono entrati insieme a un mediatore culturale. "Non li possono stare qui, questa strada è buia e isolata, la polizia non passa mai. Sappiamo che sta arrivando un altro pullman: in questo quadrante gli stranieri sono già troppi", ha ripetuto un residente.
"Noi i rifugiati non li facciamo passare", aveva detto in mattinata una cittadina che fa parte del comitato dei residenti. "Da qui non ci muoviamo. Casale San Nicola deve rimanere agli italiani. Lo difendiamo fino all’ultimo", aveva continuato il vicepresidente di CasaPound Italia, Andrea Antonini. Nessun ripensamento da parte del prefetto di Roma, Franco Gabrielli: "Abbiamo inviato 19 richiedenti asilo ma i residenti della zona hanno fatto un blocco stradale per evitarlo. Ovviamente queste persone entreranno nel centro rimuovendo il blocco. Noi non faremo nessun passo indietro. Io cerco sempre il confronto ma se dall’altra parte questo confronto è pretestuoso o delatorio allora mi trovo con le spalle al muro e posso solo andare avanti. A quel punto ognuno si prenderà le proprie responsabilità" ha chiarito il prefetto.
Sul posto, all’incrocio con la via Braccianese e la Storta, al confine tra XIV e XV Municipio, questa mattina si sono presentati numerosi poliziotti e un blindato. Le operazioni sono iniziate sotto il controllo degli agenti, ma, hanno spiegato le stesse forze dell’ordine, "sono da subito risultate difficoltose per l’ingerenza di elementi estremisti che hanno tentato di dissuadere gli ospiti. Quando il mezzo scortato con a bordo i profughi è arrivato nei pressi della struttura, è stato "bloccato da appartenenti al Comitato di quartiere, spalleggiato anche da elementi esterni", ha osservato la polizia che, dopo "aver tentato invano ogni possibile via di dialogo", ha rimosso le numerose auto parcheggiate in strada". Con agli agenti ci sono anche municipale e i vigili del fuoco.
L’obiettivo dei residenti era non far passare nessuno. La polizia prima ha avviato una mediazione per cercare di ridurre il numero dei migranti in arrivo. Un dirigente della Questura di Roma ha proposto di fare entrare il pulmino con venti profughi, diretto all’ex scuola Socrate, invitando una delegazione dei residenti a recarsi lunedì in Questura per parlare della questione migranti. I residenti però hanno rifiutato: "Dopo 80 giorni di presidio e richieste di incontri negati - hanno denunciato - abbiamo paura che dopo questi venti profughi ne arrivino altri". Inoltre, la polizia ha offerto agli abitanti un presidio fisso h24 nella zona.
Chiediamo l’intervento del ministro Alfano - ha detto Francesca Sanchietti, portavoce del comitato Casale San Nicola - Non è possibile che in un’area dove vivono 250 famiglie arrivino 100 migranti. Qui mancano le infrastrutture". All’attacco anche Simone Di Stefano, vice presidente di CasaPound, l’associaizone di destra che da mesi è presente in zona con un presidio fisso per impedire che l’ex scuola Socrate venga utilizzata come centro d’accoglienza per rifugiati: "Non possono essere i territori a pagare le scelte scellerate del governo. A San Lorenzo si poteva allestire un centro ma non si è fatto più nulla perché è un quartiere di sinistra. Noi siamo contro l’immigrazione da sempre".
Una Mini, in uscita dal comprensorio, ha sfondato il blocco dei manifestanti urtando un’anziana a un ginocchio. "Mi sono spaventata l’auto è arrivata da dietro. Mi ha preso al ginocchio con l’angolo davanti ho avuto paura che mi schiacciasse la gamba. Non si fermava", ha raccontato la signora ancora scossa. L’auto è stata fermata dalla polizia che ha effettuato le procedure di rito. Tanta paura ma i residenti proseguono il loro presidio.
E’ stato il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, a dare l’ok al trasferimento dei migranti al Casale San Nicola. Il sì di Gabrielli era stato anticipato giorni prima da alcuni cittadini tra cui Alberto Meoni uno dei coordinatori del comitato Casale San Nicola che nei mesi scorsi, parallelamente ad alcuni movimenti di destra, avevano dato vita ad alcune proteste contro l’arrivo dei migranti. Dopo il sopralluogo con il prefetto, Meoni aveva detto: "Ci ha spiegato che il sito è perfetto e che questo sarà il centro di accoglienza più bello d’Italia e che rispecchierà il modello del Paese".
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CorrieredellaSera,ir
QUINTO (Treviso) La protesta dei residenti di via Legnago a Quinto di Treviso non si placa. Ancora tensione giovedì sera, dopo i roghi e le botte della notte prima, in via Legnago, fra le palazzine utilizzate dalla Prefettura per ospitare cento profughi. Antonella Tocchetto, assessore comunale a Treviso del Partito Democratico, è stata fischiata, accerchiata, insultata da una folla di residenti, militanti della Lega Nord e di Forza Nuova, che si era radunata per seguire le dirette delle trasmissioni televisive che hanno dedicato spazio al caso di Quinto.
Per difendere la consigliera Tocchetto sono dovuti intervenire gli agenti della digos che l’hanno scortata verso l’automobile. «Ero lì per capire la situazione e fare da tramite con le istituzioni, non certo per provocare – racconta Tocchetto -. E’ evidente che la soluzione trovata dalla Prefettura in via Legnago è sbagliata. E su questo mi stavo confrontando coi residenti, che erano molto pacifici. Poi qualche militante della Lega mi ha riconosciuto ed hanno cominciato ad insultarmi perché sono del Pd. Io non ho avuto paura. Ma gli esagitati leghisti e di Forza Nuova stanno gravemente strumentalizzando la situazione. Si comportano come avvoltoi sulle macerie». Giovedì notte non sono stati registrati ulteriori disordini. Si dovrà capire l’efficacia dell’ordinanza di sgombero firmata dal comune di Quinto, visto che la decisione di destinare lo stabile ai richiedenti asilo è della Prefettura.
Intanto sabato sera, è previsto anche l’arrivo del segretario della Lega Matteo Salvini. Mercoledì notte un gruppo di cittadini aveva aperto un alloggio destinato ai profughi portando fuori letti e televisori e dandogli fuoco. I residenti sono furiosi: «Hanno trasformato le nostre case, che abbiamo pagato col mutuo, in un campo profughi. Devono andarsene di qui».
Ma la svolta sulla vicenda è arrivata il tardo pomeriggio di giovedì: le case non sono abitabili. Lo dice l’Usl: «Non sono da considerare abitabili, perché manca l’allacciamento alla rete elettrica». La Commissione medica del Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss 9 di Treviso ha compiuto un sopralluogo agli appartamenti e la relazione, valutata anche dai tecnici della Prevenzione della Regione Veneto, indica la presenza di condizioni di inabitabilita’.
La battaglia per «cacciare i neri» è iniziata a notte fonda. «Quelli stanno sulle finestre e ci spiano». «Li ho visti con in mano il telefonino: filmavano mia figlia e le sue amichette che hanno 12 anni». «Ovvio: nei loro paesi fanno così, per loro questo schifo è normale». Mercoledì mattina i residenti di quel quartiere di Quinto, a una manciata di chilometri dal centro di Treviso, si sono visti arrivare due autobus carichi di profughi. In 101 sono stati fatti entrare in due palazzoni e accomodati in trenta appartamenti sfitti, sotto gli occhi spaesati degli altri condòmini. Lo stupore è durato poco: quando gli abitanti hanno capito che, per entrare in casa propria, dovevano superare un cordone di poliziotti in tenuta antisommossa e mostrare un documento d’identità, è scoppiato il finimondo. Da subito hanno messo le cose in chiaro: sarà rivolta. E rivolta è stata. Una notte di follia con i profughi barricati negli appartamenti, che spiano da dietro le tapparelle. Ore passate col fiato sospeso, sudando dentro a quei palazzoni di cemento senz’aria condizionata.
I residenti hanno montato le tende: non ci stanno a dormire sotto lo stesso tetto dei profughi. «Da qui possiamo presidiare la zona», dicono.
Mercoledì notte un operatore delle cooperativa che si occupa dell’accoglienza era stato aggredito e portato in salvo a fatica evitando conseguenze peggiori.
La tensione è salita di minuto in minuto. Anche i militanti di Forza Nuova hanno allestito un presidio permanente accanto alle tende dei residenti. Polizia e carabinieri sorvegliano l’area e i residenti si ostinano a non voler tornare in casa dopo che molti di loro hanno passato la notte all’aperto, dormendo in tenda.
Sul posto, situazione particolarmente tesa anche quando manifestanti di Forza Nuova e residenti si sono scagliati contro le forze dell’ordine che tentavano di difendere i pasti destinati ai profughi.
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Larribunaditreviso.it
TREVISO. Nuova giornata di tensione tra Quinto e Treviso per i 101 profughi ospitati all’interno della palazzina di via Legnago.
Ore 11.30: Scontri in piazza dei Signori tra polizia e collettivo Ztl. Ci sarebbero diversi feriti e fermi.
Ore 11: Il collettivo Ztl è andato ad occupare l’ingresso della Prefettura in piazza dei Signori in segno di protesta per la gestione dei profughi a Quinto.
Ore 10: il sindaco di Quinto,Mauro Dal Zilio, annuncia che la Prefettura gli ha assicurato di voler spostare, entro 24 ore, i migranti dalle palazzine di via Legnago a Quinto. I migranti saranno condotti nell’ex caserma Serena, tra Casier e Treviso. Si tratta di una struttura vuota, non utilizzata dai militari e dotata di tutte le condizioni per poter accogliere i profughi.
Secondo una comunicazione ricevuta dal ministero, nella Marca trevigiana sarebbero in arrivo 18 migranti già venrdì mattina, altri nove alle ore 13, diciotto alle 17 e altri diciotto, in due scaglioni da nove, nella giornata di sabato.
Nella serata di giovedì si è verificata l’aggressione verbale ad Antonella Tocchetto, consigliera comunale a Treviso: l’esponente del Pd è stata portata via dalla polizia per evitare scontri fisici con i residenti.
Profughi, scontri per il pane
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Ma c’è ancora alta tensione a Quinto dove i militanti di Forza Nuova hanno bloccato i volontari che portavano il cibo per i profughi. Dunque mattinata compòlicata dopo gli incendi nella notte nel complesso residenziale dove mercoledì pomeriggio sono arrivati 101 profughi mandati dalla Prefettura in una trentina di appartamenti in due palazzine. Alcuni residenti si sono introdotti negli appartamenti non ancora occupati dai profughi. Erano già arredati: divani, televisori 40 pollici, pacchetti di sigarette e altro. Il mobilio e altro è stato portato in strada e parte è stata data alle fiamme. Ci sarebbe stata anche una rissa tra i residenti e due operatori della cooperativa che si occupa dell’accoglienza dei migranti. E in matinata è arrivato anche il governatoreLuca Zaia per incontrare i residenti: "Questa è una situazione intollerabile. Ora dichiaro guerra al Prefetto".
La notte dei fuochi contro i profughi a Quinto
Intanto scoppia la polemica politica con il sindaco Manildo che mette da parte la diplomazia e, sul caso profughi, attacca direttamente chi è chiamato a gestire l’emergenza, ossia la Prefettura: «Continuano a dimostrare la loro inefficacia, a spese dei cittadini». Parole dure che arrivano nel giorno in cui 101 profughi vengono mandati a Quinto provocando la rabbia dei residenti.
«Chiariamo subito», afferma il sindaco di Treviso, «non è colpa nostra, noi ci troviamo a gestire una situazione che non dipende da noi e della quale non abbiamo responsabilità. In questo senso pur non condividendo il metodo, posso dire di capire la frustrazione del collega Serena davanti a questi arrivi. Ci stanno rubando energie e risorse che invece vogliamo destinare alle nostre città. E le Prefetture continuano a dimostrare la loro inefficacia, a spese dei cittadini. Anche per questo contiamo in un veloce passaggio alla Camera della riforma della Pubblica Amministrazione del Governo Renzi». Parole che fino a qualche tempo erano pronunciate solamente dai leghisti ma che ora, davanti a quello che sta accadendo, provengono anche da un sindaco di centrosinistra. Manildo sottolinea poi che, come da accordi, ha ottenuto dalla Prefettura di liberare lo stabile in Area Uno in via Santa Barbara, l’ex Treviso Servizi. «Come sindaci», spiega, «ci rivolgeremo ai parlamentari italiani ed europei per chiedere una diversa gestione del fenomeno che da emergenziale è diventato cronico».
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LA STAMPA (GIORNALE DI OGGI)
Irruzione nelle case per i migranti–
Ventiquattrore di tensione a Quinto di Treviso per l’arrivo di un centinaio di profughi distribuiti in due palazzine tra i residenti. E non è ancora finita. Il prefetto Maria Augusta Marrosu promette denunce ai residenti sul piede di guerra, ma il governatore Luca Zaia, pur non avallando la violenza, sta con i veneti: «I cittadini hanno ragione e noi siamo con loro. E’ una situazione intollerabile. Stiamo africanizzando il Veneto». Sul “caso Treviso” è intervenuto ieri anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, che espresso la sua solidarietà alle famiglie. Salvini sarà a Quinto domani pomeriggio.
Tutto inizia mercoledì mattina, 15 luglio, sotto il sole rovente: arrivano, nel complesso residenziale ex Guaraldo di via Legnago, 101 profughi che vengono distribuiti in una trentina di appartamenti divisi tra due palazzine costruite anni fa e rimaste invendute. Si tratta di migranti già ospitati dalla ex Treviso Servizi, a cui si sono aggiunti quelli scaricati da un tir a Villorba (Tv) il giorno prima. La prefettura li ha portati con due corriere a Quinto, concedendo gli alloggi in affitto alla cooperativa Xenia di Grosseto. Ma alle 9, le dieci famiglie italiane residenti nelle palazzine con le altre che vivono nel complesso, scendono in strada a protestare.
I timori
Si teme per la sicurezza, il degrado dell’area, il contagio di malattie sconosciute; qualcuno minaccia di andarsene: «Hanno trasformato le nostre case in un campo profughi». Una donna si sente male e viene portata in ospedale in ambulanza.
Alle 14 esplode la rabbia: i residenti imbracciano cartelli, montano per strada le tende con l’intenzione di non tornare più in casa. Alle 16 arrivano le forze della polizia, ma la protesta continua e alle 20.30 va in onda la diretta sulle reti Mediaset. Alle 22 i residenti decidono di dormire fuori. Alle 4 avvampa il primo rogo con i mobili e divani, verranno incendiati anche i televisori e i decoder portati dalla Coop negli appartamenti, mentre il resto del materiale consegnato (materassi, reti, saponi, carta igienica e perfino sigarette) viene ammassato in un angolo.
I residenti ci scrivono sopra: «Aiuti per Dolo e Mira», ovvero per gli sfollati veneziani colpiti dal tornado. Ieri mattina la situazione degenera per l’infiltrazione di alcuni militanti di Forza Nuova che boicottano la consegna del cibo e affrontano di petto la polizia. Verso le 13 la situazione va fuori controllo, serva una pattuglia fissa per placare risse e tafferugli (un volontario resta ferito).
Il confronto
«I residenti che hanno fatto danneggiamenti verranno denunciati» promette il prefetto Maria Augusta Marrosu, «chi si è comportato male sono gli italiani, non gli stranieri». Ma contro di lei si alza la voce del sindaco Pd di Treviso, Giovanni Manildo, in polemica sulle modalità con cui si sta gestendo l’emergenza. «Le Prefetture dimostrano la loro inefficacia, a spese dei cittadini» dice. Proprio ieri si è tenuto un nuovo incontro per fare il punto mentre dalla Sicilia arrivava un altro contingente di 28 africani destinati alla parrocchia di Ponzano (Tv). «Quella di Quinto è la più grande vergogna nella gestione dei migranti: scaricare clandestini in appartamenti sfitti in mezzo a chi già vi abita da tempo è una indecenza che va subito sanata» ha tuonato Zaia, dichiarando «guerra al prefetto» durante la sua visita a Quinto.
In serata l’Ulss 9 di Treviso ha fatto un sopralluogo negli appartamenti interessati indicando «la presenza di condizioni di inabitabilità». Non ci sono nè l’allacciamento alla rete elettrica né il rifornimento di gas metano; mancano anche le aree cottura, i lavelli e i rubinetti. I residenti in rivolta hanno passato la notte in strada davanti al presidio della polizia.
Eleonora Vallin, La Stampa 17/7/2015
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“Due su tre non sono profughi. Il Veneto si sta africanizzando”. Il governatore Zaia: basta, la nostra Regione ha già dato–
«Ciò che è successo a Quinto è il nostro 9 novembre».
In che senso?
«Come il Muro di Berlino, che è rimasto lì per anni, ma poi una notte i ragazzi sono andati a buttarlo giù. Ecco, quello che è successo a Quinto è un punto di non ritorno. Abbiamo toccato il fondo. C’è stato il big bang».
Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ieri mattina è corso a Quinto, dove c’è stata una rivolta dei residenti contro l’arrivo di 101 profughi nelle loro palazzine. «Ma vi rendete conto? Lì abitano famiglie, molte delle quali con bambini piccoli. Gente che paga un mutuo. E la prefettura, senza avvisare nessuno, senza alcuna verifica sullo stato dell’arte, manda lì 101 profughi. È comprensibile che si siano incaz…. Ma adesso basta, noi siamo pronti a una guerra gandhiana».
Quello che è successo di notte non è molto gandhiano…
«Vi spiego io come è andata. I residenti hanno fatto un presidio, hanno montato delle tende davanti all’ingresso delle palazzine e si sono piazzati lì per rivendicare il loro diritto a vivere in pace».
Poi però qualcuno è andato oltre…
«Non credo sia colpa dei residenti. Durante la notte è successo che è arrivato qualcuno, è entrato negli appartamenti al piano terra, dove erano stipati materassi e altri mobili. E poi hanno fatto un bel falò…».
Un bel falò? Presidente, non vorrà mica giustificare quegli episodi…
«Non dico che li voglio giustificare, ci mancherebbe. E non mi risulta nemmeno che tra gli autori ci siano i residenti. Dico solo che la tensione è alta perché queste persone sono esasperate. Fino a due giorni fa erano felici, facevano i barbecue, i bambini giocavano in cortile… Oggi vivono con le camionette della celere».
Se ci sono le forze dell’ordine è perché sono scoppiati i disordini. E come dice il prefetto, «sono gli italiani che si sono comportati male, non gli stranieri».
«Se c’è qualcuno che getta benzina sul fuoco io dico che bisognerebbe evitare di far scattare la scintilla».
Ma perché queste persone danno così fastidio? Che hanno fatto di male?
«Io dico solo che, stando ai dati del ministero dell’Interno, due richiedenti su tre non avranno riconosciuto lo status di rifugiato. Se uno fugge da una guerra, bene. Ma mi sembra che gran parte di questi immigrati non porti i segni di fame e malnutrizione…».
Presidente, tra di loro c’è gente che fugge dalle guerre, dalla disperazione.
«Due su tre non sono profughi. Punto. Sono clandestini che vanno rimpatriati, ma che nessuno rispedirà mai a casa loro».
E con i «veri» profughi che facciamo? Li lasciamo per strada?
«Bisogna fare dei campi in Africa e verificare lì lo status di rifugiato».
Davvero crede che per l’Italia sia possibile gestire una simile operazione?
«Deve intervenire la comunità internazionale».
Fosse semplice…
«Ma non possiamo pagare noi le conseguenze degli errori e dei bombardamenti altrui… I nostri governi sono quattro anni che dormono. E intanto qui stiamo africanizzando il Veneto».
Prego?
«Sì, il Veneto rischia di diventare un lembo d’Africa».
Guardi che molti di questi immigrati arrivano dalla Siria, dal Pakistan...
«Sì, ma in Africa sta passando l’idea che tutti possono arrivare ed essere accolti in Italia. Ma non è così: nella mia regione ci sono 517 mila immigrati. Di questi, 42 mila sono senza lavoro. Non c’è più posto, basta. Abbiamo già dato».
Marco Bresolin, La Stampa 17/7/2015
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LIBERO DI OGGI
Un bagliore atomico rischiara la notte di Quinto, diciotto chilometri quadrati che condensano poco più di novemila anime in provincia di Treviso. Lefiamme latrano nel buio, e il fumo nero e denso che sollevano rende ancora più pesante l’oscurità. Sono fiamme di rabbia, e masticano materassi, reti di letti, qualcuno dice anche televisori da 40 pollici e decoder della pay tv. Ovvero gli arredi che giacevano in alcuni appartamenti delle palazzine bianche e giallognole delcomplesso exGuaraldo, che si trovano proprio al confine tra Quinto e un paese che si chiama Paese. C’è un senso di profezia in questo nome,quasiche si trattasse delpaese per antonomasia. Paese vicino a Treviso, che rappresenta tutti i paesi d’Italia: perché quel che sta accadendo lì potrebbe succedere altrove. Il risentimento ha cominciato a covare mercoledì mattina. Nel complesso residenziale - suindicazione delprefettoMaria Augusta Marrosu e all’insaputa dei sindaci Mauro Dal Zilio (Quinto)e Francesco Pietrobon (Paese) - sono statiscaricati centouno immigrati, provenienti per lo più dal Mali e, genericamente, «dall’Africa Subsahariana» (lefalle nell’identificazione sono tra le principali cause del problema). Si tratterebbe dunque di «clandestini», non di «profughi», dato che l’Europa considera attualmentemeritevoli d’asiloin Italia eritreie siriani.Dopo un travagliato percorso, queste persone sono state mollate come pacchi indesiderati, affidate all’accoglienza della cooperativa Xenia. Il fatto è che nelle palazzine ex Guaraldo ci sono circa venti appartamenti vuoti, dunque qualcuno ha pensato che destinare lì gli immigrati fosse un’ottimaidea.L’astuto decisore, tuttavia, non ha tenuto conto di un particolare: nel complesso ci sono anche abitazioni regolarmente occupate da famiglie del posto. Ci sono normali cittadini, alcuni con bambini piccoli. Che - al mattino, d’improvviso, senza nemmeno una gentile comunicazione - si sono trovati un centinaio di sconosciuti sull’uscio. Persone di cui non si conosce con certezza la provenienza, di cui non si sanno le condizioni di salute. E, soprattutto, di cui si ignorano i trascorsi. Troppo da sopportare per famiglie che hanno già i loro problemi, il mutuo da pagare perle quattro mura in cui stanno e che vedono deprezzarsi ogni secondo. Così, gli abitanti dell’ex Guaraldo, uno dopo l’altro, sono usciti dai loro appartamenti. Sono scesiin strada, con ifigli a zampettare dietro. Hanno sventolato le chiavi di casa davanti alle forze dell’ordine: «Si prendano anche i nostri, di appartamenti»,hagridato qualcuno. Sono le prime braci che cominciano ad ardere. La rabbia che simischiaalcaldo eintorbidisce il sangue, che si attacca alle vene come caramello. E non è mica una questione razziale: traipiùinfuriatic’è pure una signora di originialbanesi. I cittadini di Quinto e di Paese non vogliono gli immigrati: nonin quelmodo,senza preavviso e senza certezze, senza adeguata assistenza. La rabbia pulsa, i toni delle voci crescono. C’è chi grida e chi si sente male, arriva un’ambulanza. E arrivano puregliagenti.Nelvolgere di un appiccicoso pomeriggio diluglio,la protesta diviene rivolta. Poi avviene l’impensabile. Nelparapiglia,a chivuoleaccedere alle palazzine è richiesto di identificarsi. Non ai clandestini:agliitaliani.Chi vuole raggiungere il suo appartamento devemostrareidocumenti. Sapete che significa? Che gli stranieri siete voi,in casa vostra. La sovranità si è sgretolata, la realtà si inverte: sui clandestini niente indagini, vanno accolti così come arrivano. Ma gli italiani, loro sì, favoriscano la carta d’identità. «Stanno africanizzandoilVeneto», dice Luca Zaia, e la sintesi è brutale ma non scorretta. Non bisogna stupirsi dunque per quanto è successo dopo, quando l’ira è diventata incontenibile, quando l’umiliazione e il sopruso sono arrivati finoallagola ehanno continuato a salire. Nella notte tra mercoledìe giovedì,ignoti sonoentrati in alcuni degli appartamentiancoraliberidell’exGuaraldo e hanno portato fuori ciò che contenevano. Poi, per strada, hanno dato alle fiamme il mobilio, sublimando la rabbia in un rogo liberatorio. Ignotiovviamente sifa perdire: le cause di quel gesto sono evidenti. Ancora più lampanti se si pensa che nei palazzi c’è posto per altri sessanta immigrati,dicuipare siaprevistol’arrivo in queste ore. Già,il prefettoinsiste,nonostantegliabitanti siano fuori di sé e i sindaci gridino sdegno: «I residenti che hanno fatto danneggiamenti verranno denunciati. chi si è comportato male sono gliitaliani, non gli stranieri», dice Maria Augusta Marrosu. No, qui ad essersi comportate in maniera inqualificabile sonoleistituzioni.Che non tengono conto della volontà popolare,cheimpongono diaccettare i clandestini e non capiscono che la situazione era già fuori controllo prima che salissero le lingue di fuoco al cielo. Zaia, ieri sul posto (sabato lo raggiungerà Salvini), l’ha capito: «Il prefetto sappia che questaè una dichiarazione diguerra»,ha detto.E subito siè affannato a intervenire sul suo blog Gad Lerner, per rosicchiare un puntino di visibilità, definendo il leghista un «amministratore che si trasforma in capopopolo», un irresponsabile. Balle. Irresponsabile è la gestione dell’immigrazione attuata dal nostro Paese.Dice bene Zaia:«Immettere decine di clandestini in appartamenti sovraffollati e senza corrente è una indecenzacheva subito sanata».Dal sopralluogo dell’Usl, risulta che gli appartamenti per i profughi non sono abitabili, in quanto sprovvistidiluceegas.Già, perché c’è anche l’altra faccia della questione,e ciò che gliimmigrati di Quinto sono gli stessi che giornifa sono stati scaricati alla stazione diTreviso, costretti dentro gli spazi angusti di un’exlibreria, senza serviziigienici. Il quadro è ripugnante anche per loro, sbattuti senza dignità da una parte all’altra. Costretti ieri a sgranare gli occhi sui balconi delle nuove dimore: sotto c’erano gliitalianiinferociti, ma non con loro, con le istituzioni. Si chiama guerrafra disgraziati, e fa schifo.
Francesco Borgonovo, Libero 17/7/2015
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LA REPUBBLICA DI OGGI
La rivolta di Treviso contro i profughi Roghi e scontri “Via i neri da qui”
Assalto ai 101 ospitati in due palazzine Forza nuova ruba i mobili: bottino di guerra
JENNER MELETTI
QUINTO (TREVISO) . Le due ragazzine con la schiuma da barba scrivono “Italia” sull’erba del prato e accanto disegnano una freccia che indica una palazzina bianca di cinque piani. «Sono ancora bimbe — spiega una signora — ma hanno le idee chiare. Col disegno dicono che sono state costrette a lasciare la loro casa, che è un pezzo d’Italia, perché la palazzina è stata invasa da 100 africani, per la precisione 101. I neri in casa e loro qui sul prato, costrette a dormire in tenda». Le ragazzine hanno ancora schiuma nella bomboletta. «Non siamo razzisti. Vogliamo solo casa nostra», scrivono ancora. È iniziata una storia brutta e pesante, in questo paese che è periferia della città. L’arrivo improvviso di un centinaio di richiedenti asilo africani non ha provocato solo urla di protesta e scritte sulle lenzuola. C’è stato un incendio, con tv al plasma con decoder dati alle fiamme, c’è stato il furto di tutti gli oggetti che dovevano «arredare le case dei neri», sono volati pugni quando è arrivato «il pranzo per quelli là». «Ma poi abbiamo lasciato passare il cibo, il diritto di mangiare vale per tutti».
Poliziotti e carabinieri davanti all’ingresso della palazzina. Al di là della strada, uno strano campeggio. Sei tende, tavoli, sedie, materassi sull’erba, ancora avvolti nel cellophane. «Sì, sono quelli portati qui per gli africani. Così alcuni li abbiamo presi anche noi». Non si vedono, i ragazzi arrivati da Nigeria, Ghana, Mali e Gambia.
Tapparelle abbassate, come se temessero un assalto. Nella palazzina di 28 appartamenti abitavano 10 famiglie italiane che quando due pullman hanno portato qui gli africani mercoledì alle 9.30, sono subito uscite di casa. «Ma se lei avesse tre figli, di cui due gemelle adolescenti — racconta l’uomo che sceglie di chiamarsi Giovanni — resterebbe in un palazzo come questo? Con uno degli appartamenti dei neri abbiamo anche un balcone in comune, con un tramezzo di mezzo metro». Giovanni è uno dei tanti a dichiararsi «non razzista ». «Questi africani sono giovani, non hanno un lavoro. Nulla da fare tutto il giorno e mio padre poliziotto mi spiegava che chi sta sempre con le mani in mano può decidere di fare cose non buone. E questi, appena arrivati, si sono messi ai balconi a filmare noi qua sotto, a scattare foto. Come per dire: protestate pure, siamo arrivati qui e non andiamo più via. E poi, tutto quel ben di Dio per arredare gli appartamenti... Avevano davvero bisogno di tv satellitari che non abbiamo nemmeno noi?».
Alle due della notte il primo blitz. Un gruppo di Forza Nuova («Con noi c’erano anche dei residenti nel palazzo», dicono) sfonda una recinzione, spacca una finestra ed entra in un appartamento a piano terra, dove ci sono gli oggetti ancora non portati negli appartamenti. Almeno 6 tv al plasma vengono ammucchiate in mezzo alla strada e date alle fiamme. Il resto viene portato nel prato accanto al campeggio improvvisato. C’è di tutto: ciabatte, carta igienica, magliette, specchi, altre tv, creme Gillette, dentifrici, rasoi… È uno strano pezzo d’Italia, questo. Quelli di Forza Nuova raccontano infatti che «questo è un bottino di guerra». «Porteremo il tutto — annunciano Davide Visentin, segretario regionale e Sebastiano Sartori, dirigente — ai veneti che sono stati colpiti dalla tromba d’aria a Dolo e Mira. Noi siamo qui per difendere gli italiani ed i nostri confini. Questa è Italia, non Africa. E ci sembra un bel modo per ricordare la vittoria della Prima guerra, quando questi confini sono stati fissati». Tante voci, nel neonato campeg- gio. «Combattiamo il business che c’è dietro a questa cosiddetta accoglienza. Fra un paio di anni scopriremo che anche la cooperativa che ha in gestione gli immigrati fa parte di qualche cosca. È nata soltanto il 15 giugno, a Grosseto, appena in tempo per fare l’affare». Per tutto il giorno il mucchio di beni pagati dallo Stato resta nel prato, sotto il sole. Poco lontano gli uomini in divisa.
Alle 11.30 arriva il governatore del Veneto, Luca Zaia. Forza nuova e leghisti si alternano davanti alle telecamere per raccontare la loro solidarietà ai cittadini veneti. «Questa — dice Federico Caner, assessore regionale leghista — è una bomba pronta a scoppiare. I cittadini si ribelleranno e la colpa non sarà loro».
Anche l’arrivo degli africani è stato un blitz. Il sindaco di Quinto, Mauro Dalzilio, leghista, è stato avvertito nemmeno mezz’ora prima. È difficile pensare a una vera integrazione, anche momentanea, quando si mettono 101 nuovi ospiti in un condominio senza avvertire chi già ci abita. Un affare per chi aveva gli appartamenti vuoti da anni. Marco Merciai, che guida la Nuova Marghera facility, collegata alla Xenia ospitalità di Grosseto, si difende. «Non abbiamo fatto annunci per non sollevare proteste. Certo, non ci aspettavamo questa reazione. Il furto della roba in magazzino? Questa è devastazione, è saccheggio. E subito dopo l’arrivo c’è stata un’aggressione vera e propria. Un nostro collaboratore assunto come portinaio, 65 anni, è stato colpito da una testa e da calci e pugni. È stato mandato all’ospedale. Abbiamo individuato uno di Forza Nuova e anche un giovane militare dell’esercito ». Scende la sera, si prepara la cena come in campeggio. Le finestre degli africani restano chiuse. «Ormai — dice Marcello Bassetto, uno dei residenti — il disastro è fatto. Sono qui e non andranno più via. E noi che abbiamo fatto il mutuo che finiremo di pagare fra dieci anni ci troveremo con un appartamento svalutato, perché questo sarà per sempre il quartiere dei neri». Si accendono lampade, si raccontano storie. «Sono stato in Germania a cercare lavoro, con un visto di tre mesi. Al 91° giorno mi hanno fermato per strada: no lavoro? Venga con noi. Mi hanno messo su un treno per l’Italia». Si sparge la voce che oggi arriveranno altri 60 migranti. «Faremo le barricate. Io mi sdraierò per terra davanti ai pullman». Un’altra notte in tenda, per chi non vuole «dormire assieme ai neri». La palazzina è a duecento metri dal confine con un altro Comune che si chiama Paese. E un cartello annuncia: «Paese, città della speranza».
Jenner Meletti, la Repubblica 17/7/2015