Guido Castellano, Panorama 16/7/2015, 16 luglio 2015
ORA PROVO A PRENDERLI
[Intervista a Frank
Abagnale] –
Aveva appena 16 anni quando si è finto pilota di aerei di linea per ottenere gratis i biglietti per viaggiare. Poi si è trasformato in medico, avvocato, consulente finanziario. Ha usato otto cognomi diversi, ha girato il mondo. Ma quelle erano solo coperture per la sua reale professione: truffatore di banche, cui ha sottratto 2,5 milioni di dollari in cinque anni. Poi nel 1969 Frank Abagnale, reso celebre nel 2002 dal film Prova a prendermi (forse una delle migliori interpretazioni di Leonardo DiCaprio), fu arrestato dall’Fbi. Aveva 21 anni: avrebbe dovuto passarne 12 in carcere. Ne sono bastati cinque ed è stato rilasciato sulla parola per collaborare con l’Fbi stessa. La consulenza è durata oltre 40 anni. Oggi Abagnale ha fatto carriera da esperto antifrode, ha aperto una sua società di sicurezza informatica. È padre di tre figli, uno dei quali è agente dell’Fbi.
E in questa intervista esclusiva a Panorama spiega che, rispetto ai suoi tempi, l’incredibile espansione dell’informatica ha reso infinitamente più rischiosi molti nostri comportamenti.
Mister Abagnale, partiamo dalla cronaca recente: che cosa insegna l’attacco alla Hacking Team, la società milanese che vendeva software per intercettare terroristi e criminali alle Polizie di mezzo mondo?
Che internet non è sicuro. È un territorio oscuro dove è facilissimo nascondersi. E le forze dell’ordine devono conoscere la vulnerabilità del sistema che usano. Perché può trasformarsi in un nemico. Se ai suoi tempi avesse potuto disporre della tecnologia di oggi, come si sarebbe comportato?
Invece di rubare 2,5 milioni di dollari, sarei arrivato almeno a 25. Oggi è troppo facile truffare. La tecnologia fa tutto, non bisogna metterci la faccia. Un esempio per capire la differenza? Cinquant’anni anni fa gran parte del mio lavoro era stampare assegni contraffatti. Per farlo tre apparecchiature professionali e costavano milioni. Oggi con un computer e una stampante professionale, che costa poche migliaia di dollari, puoi creare assegni in 15 minuti. E le informazioni le trovi tutte online: dai loghi delle compagnie ai conti in banca delle società. Persino le firme di amministratori delegati e tesorieri sono pubbliche: si trovano in tutte le relazioni di bilancio, reperibili sul web. Sta dicendo che una volta il mestiere di truffatore era più «romantico»? Sicuramente più affascinante ed emozionante. Cinquant’anni fa dovevi incontrare la gente, guardarla negli occhi, entrare in contatto empatico con la tua vittima. Bisognava essere perfetti nell’abbigliamento e nel modo di parlare per conquistare la fiducia e realizzare la truffa. Oggi i criminali non entrano mai in contatto con chi truffano. Tutto è fatto a migliaia di chilometri di distanza, via internet. Qual è il peggiore pericolo che corriamo nel 2015? Non è il furto di denaro: quello arriva dopo, come conseguenza di un furto d’identità. La vera abilità del truffatore 2.0 sta nel compiere atti illeciti usando nome, cognome e informazioni sottratte alle vite degli altri. Restando anonimo, nascosti nel buio del web.
È davvero così facile? Da come lo racconta sembra un gioco da ragazzi. Il paradosso è che, oggi, regaliamo le informazioni ai ladri su un piatto d’argento. Mettendo tutto sui social network. I dati più sensibili li teniamo nello smartphone e nel tablet, strumenti con le difese molto basse e facili da rubare. E bisogna stare attenti anche a quel che si butta nella spazzatura. A che cosa si riferisce? Un truffatore può ottenere moltissime informazioni dalla nostra posta cartacea, gettata nel cassonetto. Quindi attenzione: prima di buttare via un estratto conto della banca o una bolletta, distruggete sempre la carta, meglio se con una macchina che la tagli in tanti pezzettini. Ma siamo veramente a questi livelli? Sì. Esistono software in grado di ricostruire in pochi istanti un documento stracciato. E non li usiamo solo all’Fbi. Per questo non basta strappare i documenti: vanno sminuzzati. Ci sono macchine che lo fanno e costano pochi euro. All’Fbi trasformiamo i documenti
da cestinare in coriandoli microscopici.
Ha qualche altro consiglio di sopravvivenza alla truffa quotidiana? Mai usare il bancomat. Mai! Davvero? Saranno contenti i greci.... Ma perché?
Se paghi usando il bancomat, esponi direttamente il tuo conto e i tuoi soldi. Sempre meglio la carta di credito. Perché in quel caso la valuta è anticipata dai circuiti bancari. Così un acquisto fraudolento o un furto possono essere bloccati. E c’è l’assicurazione che ti rimborsa. I bancomat invece sono facilissimi da falsificare. Sono in vendita online, a pochi dollari, apparecchi elettronici chiamati «skimmer» in grado di carpire le informazioni sulla carta e il codice pin. Sono molto diffusi, bisogna stare attentissimi.
Torniamo ai furti di identità. Perché si stanno diffondendo e chi c’è dietro? Diventare un altro può essere utile per trovare un lavoro, o per commettere un crimine, chiedere un mutuo, aprire un conto in banca. Non è poco. Dietro a tutto questo spesso c’è la criminalità organizzata. Le frodi finanziarie, solo nel 2014, hanno fruttato ad hacker e cybercriminali oltre 4 mila miliardi di dollari (circa 3.600 miliardi di euro, ndr). Per parafrasare il titolo del film che ha reso famoso lei nel 2002, come si può
«provare a prenderli?»
Non ci sono più i ladri fai-da-te, ma organizzazioni criminali. Per questo all’Fbi hanno creato l’unità speciale in cui lavoro da 40 anni. È una guerra che si combatte al computer piuttosto che con tradizionali appostamenti e pedinamenti. La cosa più importante oggi è capire chi sia la persona dall’altra parte del web. Il contraente di un’assicurazione o di un mutuo è davvero chi dice di essere, o è un imbroglione? Ma anche i cattivi devono stare attenti. Non sono i soli a disporre di software potenti. Li ha anche l’Fbi, e li hanno le banche.
Per esempio?
La Experian (vedere il box in basso) è una multinazionale che opera in 80 Paesi, tra cui l’Italia. Tra i suoi clienti ci sono anche le più importanti banche del mondo. Per 10 anni ho lavorato a un sistema che poi è stato acquisito da Experian: permette di identificare chi si rivolge a una banca. Anomalie riscontrate?
Da non crederci. Solo in Italia, grazie alla tecnologia Experian, e solo nel 2014, sono state sventate frodi per quasi un miliardo di euro. Lo scenario è preoccupante. Può peggiorare? Che cosa prevede? Noi tutti viviamo in un «cyber world» molto pericoloso. Ma tra cinque anni lo sarà ancora di più. Di più? E perché? Non dovremo preoccuparci solo delle frodi. Dato che ogni oggetto potrà essere controllato a distanza via internet da un pc o dallo smartphone, un hacker potrebbe spegnere a distanza un peacemaker o minacciare di farlo per ottenere un riscatto. Lo stesso potrebbe accadere con i freni di un’auto, o con i comandi di un aereo: c’è il rischio di dirottatori digitali. Oggi chi è il «most wanted», il nuovo Abagnale cui lei e l’Fbi date la caccia? Non ci sono più nomi e facce. All’Fbi oggi ci preoccupiamo degli attacchi che arrivano da Russia, Cina e Corea del Nord. Purtroppo è finita: non ci sono più le truffe di una volta. Siamo in guerra. Una cyberguerra.