Luca Palermo*, MilanoFinanza 16/7/2015, 16 luglio 2015
CREARE IN ITALIA UN MERCATO DEI SERVIZI POSTALI POTREBBE DARE UNA MANO AI CONTI PUBBLICI
Qualcuno definisce in declino il mercato dei servizi di recapito postale. Noi preferiamo vederlo in un momento di profonda trasformazione come lo sono altri settori investiti dalla rivoluzione digitale. Nel cambiamento vediamo non solo minacce ma anche opportunità, che stiamo già ampiamente cogliendo per rinnovare i nostri modelli di business, integrando il servizio «fisico» con formule digitali, in una logica di multicanalità.
I numeri dicono che il calo dei volumi in Italia è simile a quello visto in Europa. È innegabile che il ricorso ai servizi telematici riduca risorse e ricavi ma, allo stesso tempo, l’e-commerce cresce a doppia cifra con ampi margini di miglioramento: nel 2014 è cresciuto del 18%.
Siamo convinti che il settore postale vada ripensato, perché rappresenta la naturale integrazione tra on e off line, la finalizzazione dell’ultimo miglio, una sorta di «fiber to the home», che può garantire servizi di prossimità al cittadino e rispondere ai suoi bisogni, sempre più complessi e personalizzati. Paradossalmente, avremo sempre bisogno di postini, solo che forniranno servizi più evoluti alla popolazione e soddisferanno le esigenze sempre più sofisticate dei consumatori digitali. Si pensi alla possibilità di evolvere i servizi offerti dai portalettere che già oggi, essendo dotati di palmari, sono in grado di svolgere attività sempre più complesse, che vanno ben oltre la consegna di lettere e pacchi. Ancora, non bisogna dimenticare il crescente numero di persone anziane, caratteristica demografica che in Italia è un dato strutturale (ogni 100 giovani ci sono 151,4 persone over 65 anni) a cui necessariamente bisogna creare una rete di supporto, ce lo chiede il mercato.
Come in ogni settore che cambia velocemente, il fornitore del servizio universale, che si è avviato a una parziale privatizzazione, vive invece questa fase con un atteggiamento poco costruttivo e conservativo. Siamo d’accordo nel dire che il servizio universale vada reso sostenibile ma che non vada richiesto più di quanto dovuto: nell’ultimo triennio ha ricevuto dallo Stato oltre 1 miliardo di euro (solo per il postale) e nel prossimo dovrebbe riceverne quasi 800 milioni, poco in linea con l’attuale dinamica della spending review.
Con le modifiche richieste sui giorni alterni di recapito e sulle tariffe e contrattate con le autorità, crediamo che sarà necessariamente il mercato a sostenere eventuali bisogni a cui non verrà data risposta: del resto è una direzione già presa da anni e già vista in Europa.
Crediamo che si possano vincere le sfide affrontando il cambiamento e aprendosi al mercato. Bisogna cercare di essere innovativi anche nei settori in difficoltà. Poste Italiane ha le spalle abbastanza grandi per farlo con ricavi di gruppo per circa 30 miliardi di euro. La vera sfida è quella di dotare il Paese di una rete efficiente di infrastrutture per l’e-commerce, oggi dominata, altro unicum in Europa, dai corrieri espressi, che costano di più. Occorre cavalcare l’innovazione digitale per portare valore nelle case degli italiani. Torniamo a vedere l’esperienza europea, che ha visto nascere mercati sani, vivaci e molto innovativi. Per fare questo, per seguire l’esempio dell’Ue, sono però indispensabili forti investimenti economici, garantiti da un quadro regolatorio equo e competitivo. Un mercato poco aperto non ha margini di sviluppo, produce scarsa competizione sui prezzi e servizi di bassa qualità, oltre a ridurre sensibilmente la libertà di scelta dei consumatori.
Rimane irrisolto il principale dei problemi: l’ampiezza del Servizio Universale, che pesa sia sulla parità delle condizioni competitive sia sul bilancio dello Stato. Il perimetro del servizio universale andrebbe ridefinito – come suggerito a più riprese sia dall’Antitrust e dall’Agcom – al fine di escludere i servizi rivolti alla clientela commerciale, e limitato ai soli servizi rivolti alle persone fisiche, vere destinatarie e protagoniste del servizio universale. Questa riforma eliminerebbe l’asimmetria sull’Iva, che fa sì che due prodotti uguali abbiano prezzi diversi (il fornitore del servizio universale è Iva esente, i privati devono applicare il 22%). Una riduzione del perimetro e l’eliminazione dell’anacronistica riserva sostenuta fortemente dal governo nel ddl Concorrenza, avrebbe benefici anche in un’ottica di spending review e riduzione dei costi al cittadino. In conclusione, regole distorsive della concorrenza sono nocive per l’intero settore dal momento che un mercato non competitivo non è in grado di attrarre investimenti, né di ricevere quella spinta necessaria all’innovazione. Ecco perché la piena liberalizzazione è l’ultima chiamata per il settore.
Luca Palermo*, MilanoFinanza 16/7/2015
*Presidente Fise Are – Associazione Imprese Servizi di Recapito Postale e Parcel