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 2015  luglio 16 Giovedì calendario

APPUNTI SU CROCETTA PER GAZZETTA


PIERO MESSINA E MAURIZIO ZOPPI, ESPRESSO.IT
Lucia Borsellino «va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Come Paolo Borsellino, il giudice assassinato il 19 luglio 1992. Sono parole pesantissime, intercettate pochi mesi fa. A pronunciarle non è un boss, ma un medico di successo: Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia. All’altro capo del telefono c’è il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che ascolta e tace. Non si indigna, non replica: nessuna reazione di fronte a quel commento macabro nei confronti dell’assessore della sua giunta, scelto come simbolo di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi. Lo rivela l’Espresso nel numero in edicola domani.
Rosario Crocetta e Matteo Tutino hanno condiviso molto. Il chirurgo estetico da anni è il suo medico personale. Un rapporto intenso, proseguito fino all’intervento della magistratura che il 29 giugno lo ha arrestato con l’accusa di falso, abuso d’ufficio, truffa e peculato, contestando un intreccio perverso tra incarichi pubblici e affari privati. Anche in quelle ore, Tutino ha chiamato Crocetta sul cellulare per avvertire il più famoso dei suoi pazienti: «Mi stanno arrestando».
Non ha avuto nessun sostegno, soltanto il consiglio di rivolgersi a un buon avvocato. Gli stralci di queste intercettazioni sono confermate dai magistrati e dagli investigatori che lavorano all’inchiesta: questa volta, dicono, «si va fino in fondo».
L’indagine è solo all’inizio e promette un autunno caldissimo nei palazzi del potere palermitano. Ma il primo effetto è arrivato proprio con le dimissioni di Lucia Borsellino, per scelta etica e perché ha scoperto di essere bersaglio delle offese del medico personale del suo presidente. Il segnale arriverà forte e chiaro: né Lucia, né i suoi familiari parteciperanno quest’anno alla commemorazione della strage di via D’Amelio.

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CORRIERE.IT
Lucia Borsellino «va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Come Paolo Borsellino, il giudice assassinato il 19 luglio 1992. Sono parole pesantissime, intercettate pochi mesi fa. A pronunciarle non è un boss, ma un medico di successo: Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia, arrestato nei giorni scorsi. All’altro capo del telefono c’è il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che ascolta e tace. Non si indigna, non replica: nessuna reazione di fronte a quel commento macabro nei confronti dell’assessore alla Salute della sua giunta (dimessasi qualche giorno fa), scelta come simbolo di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi. Lo rivela l’Espresso nel numero in edicola domani, anticipato sul sito on line del settimanale.

Borsellino: «Provo vergogna per loro»
«Non posso che sentirmi intimamente offesa e provare un senso di vergogna per loro», questo il secco commento di Lucia Borsellino. E su Crocetta: «Preferisco non dire più nulla, un altro commento è superfluo». Sul suo impegno in giunta e il lavoro svolto in tre anni da assessore regionale alla Salute dice: «Non rinnego nulla, ho fatto quello che potevo in un contesto, evidentemente, poco edificante. Sicuramente ho incontrato molte difficoltà».

Crocetta: «Mi autosospendo, ma di questa vicenda sono vittima»
«Mi autosospendo immediatamente da presidente della Regione» questa la decisione del governatore sull’onda delle polemiche. «Sto inviando una richiesta alla Procura di Palermo per avere un incontro con lo scopo di verificare la portata dell’intercettazione che riguarda Tutino», aggiunge il governatore. Crocetta annuncia che affiderà l’interim per la guida della Regione a Baldo Gucciardi (Pd), neo assessore alla Sanità, subentrato proprio a Lucia Borsellino. Gucciardi è appena salito a palazzo d’Orleans. Con lui i deputati del Pd Luca Sammartino e Valeria Sudano. Per quanto riguarda eventuali dimissioni, Crocetta afferma: «Prenderò la decisione finale nel giro di pochi giorni, dopo gli accertamenti». «Non sono legato alla poltrona, ribadisco la mia estraneità a questa vicenda - sottolinea - Ma quanto sta accadendo è più grave di un attentato fisico. Non intendo mettere la Sicilia nella condizione di subire attacchi, non faccio pagare prezzi al popolo siciliano. Ma di questa vicenda sono solo una vittima». Il gruppo del Pd si riunirà nel pomeriggio a Palazzo dei Normanni per un’analisi della situazione politica alla luce dell’autosospensione.

Renzi: «Abbraccio di solidarietà a Lucia»
Un abbraccio di solidarietà è stato inviato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi a Lucia Borsellino. A lei questa mattina, sottolineano fonti di Palazzo Chigi, il premier ha fatto la prima telefonata della giornata. «Le parole ma anche i silenzi che emergono dalle intercettazioni e che coinvolgono la sua persona e un martire della Repubblica come Paolo Borsellino sono gravi, inaccettabili e provocano ribrezzo». Lo dice il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, parlando di «responsabilità politica» di Crocetta: «Chiarisca, anche se il tutto appare purtroppo abbastanza chiaro». «Esprimo a nome di tutto il Pd - si legge nella dichiarazione di Guerini - la nostra vicinanza e la nostra amicizia a Lucia Borsellino». Anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha chiamato l’ex assessore per esprimerle «sdegno, affettuosa vicinanza e solidarietà per quelle parole che pesano in modo gravissimo e incancellabile sulla coscienza di chi le ha pronunciate».

«Non ho sentito quella frase»
«Ora capisco la reazione di Lucia e la colgo. Ma io quella frase al telefono pronunciata da Tutino non l’ho sentita», ha spiegato all’Ansa Rosario Crocetta appena saputo dell’intercettazione. Lucia Borsellino, figlia del magistrato ucciso da Cosa nostra, si è dimessa dalla giunta regionale qualche giorno fa subito dopo l’arresto di Matteo Tutino, medico personale di Crocetta, arrestato in una inchiesta sull’ospedale Villa Sofia. Il medico era già indagato perché non avrebbe avuto i requisiti per fare il primario di chirurgia.

«L’avrei massacrato»
«Se avessi sentito quella frase, non so... avrei provato a raggiungere Tutino per massacrarlo di botte, forse avrei chiamato subito i magistrati. Non so... sono sconvolto. Provo un orrore profondo», aggiunge il governatore. E ancora: «Voglio essere sentito dai magistrati su questa storia, farò una richiesta formale. Quello che mi sta accadendo oggi e la cosa più terribile della mia vita».

«Governatore si dimetta»
Voci indignate si levano non solo dall’opposizione, con il M5s che definisce Crocetta «come gli stragisti di via D’Amelio», e Sel che ne chiedono le dimissioni, ma anche dal Pd, con Fabrizio Ferrandelli che chiede al governatore di lasciare l’incarico entro il 19 luglio, giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio. La deputata democratica Gea Schirò propone di ritirare la fiducia al presidente perché, sostiene, quelle frasi «indignano per la gravità delle affermazioni e del silenzio di Crocetta alle affermazioni criminogene di Tutino». «Durante l’ultima direzione regionale siciliana del Pd - ricorda Schirò - Crocetta ha ritenuto di intrattenerci sulle liposuzioni effettuate e ha rivendicato di avere fatto di Lucia Borsellino, e della sua storia personale, la bandiera della sua candidatura. Ebbene, quelle parole non bastano più. È giunto il momento - insiste - di assumersi la responsabilità di togliere la fiducia a questo presidente che, se non disonesto, si è rivelato debole, chiacchierone e confusionario. Il Pd non può continuare a farsi carico di errori individuali e interessi di gruppo, deve pensare al bene del Paese». E Fabrizio Ferrandelli (Pd), vice presidente dell’Antimafia regionale aggiunge: «Crocetta, in direzione regionale, disse che se il suo partito gli avesse chiesto un passo indietro lui si sarebbe dimesso subito. Il passo indietro glielo chiedo io visto che questo Pd non glielo chiederà mai. Il mio è un ultimatum al presidente e al Partito Democratico: entro il 19 luglio Crocetta deve consegnare le sue dimissioni e già oggi il Pd deve uscire dalla giunta».

Forza Italia
L’ex ministro Saverio Romano (Fi) sostiene che le intercettazioni, «oltre a essere macabre e inquietanti, pongono un problema definitivo ai partiti e ai gruppi che sostengono il governatore». «Rimaniamo allibiti di fronte all’efferatezza e al violento cinismo emersi dalle parole pronunciate dal dottor Tutino nei confronti dell’allora assessore Borsellino» e «da questa vicenda emerge, con un fragore devastante, il gravissimo comportamento di Crocetta che rimane impassibile dinanzi a tanta malvagità», dice Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia all’Ars. Per il coordinatore regionale di Ncd, Francesco Cascio, «tutte le forze politiche presenti all’Assemblea regionale, trasversalmente, oggi dovrebbero avere un sussulto di buon senso e responsabilità per capire che non è più possibile lasciare la Regione in mano a un presidente come Crocetta, poiché ormai non è solo più una questione di governo fallimentare, cosa che già sarebbe sufficiente, ma è una questione di dignità di tutti».

Fava: «Miserabile la frase e miserabile il silenzio»
«Miserabile la frase di Tutino su Paolo Borsellino. Ancor più miserabile il silenzio del suo amico Crocetta. Il modo più degno di ricordare oggi il sacrificio di Borsellino sarebbe quello di cacciare via il presidente della Sicilia per manifesta, recidiva indegnità». È il commento di Claudio Fava, vicepresidente della commissione antimafia.

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EMANUELE LAURIA E ANTONIO FRASCHILLA, REPUBBLICA.IT
Lucia Borsellino «va fatta fuori. Come suo padre». Ovvero come Paolo Borsellino, il giudice assassinato il 19 luglio 1992. Le parole, di impatto potentissimo, sarebbero state intercettate pochi mesi fa. A pronunciarle – secondo quanto rivela l’Espresso in un’anticipazione - non sarebbe stato un capomafia, ma il medico personale di Crocetta: Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia, arrestato nei giorni scorsi per truffa, falso e peculato. All’altro capo del telefono c’è proprio il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che – a quanto riferisce l’Espresso - ascolta e tace. Nessuna reazione di fronte a quel commento macabro nei confronti dell’assessore della sua giunta, scelto come simbolo di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi. Nei giorni scorsi le voci di una intercettazione shock erano circolate con insistenza, giungendo all’orecchio della stessa Borsellino, che si è dimessa dal ruolo di assessore alla Salute all’indomani dell’arresto di Tutino. Dicendo, in un’intervista a Repubblica, che in dissenso nei riguardi dell’antimafia di facciata non avrebbe partecipato alle cerimonie per la commemorazione della strage di via d’Amelio.

Crocetta nega di aver sentito ma poi si autosospende. Ma Crocetta dice di non aver mai sentito quella frase: "Giuro di non averla mai udita, forse ero in viaggio, in autostrada, in una zona d’ombra. Ma se l’avessi sentita davvero avrei reagito come un dannato, avrei tolto la parola a Tutino. Lui parlava male della Borsellino, è vero, ma ripeto non l’ho sentito dire quella frase. Purtroppo - conclude il presidente - siamo tutti vittime delle telefonate altrui". Ma nel giro di poche ore Crocetta viene travolto dalle polemiche e decide: "Mi auto-sospendo immediatamente da presidente della Regione". Nominato come reggente il nuovo assessore alla Sanità Baldo Gucciardi, designato pochi giorni fa proprio al posto della Borsellino. "Sto inviando una richiesta alla Procura di Palermo per avere un incontro con lo scopo di verificare la portata dell’intercettazione che riguarda Tutino", ha aggiunto il governatore. Per quanto riguarda eventuali dimissioni, Crocetta afferma: "Prenderò la decisione finale nel giro di pochi giorni, dopo gli accertamenti". "Non sono legato alla poltrona, ribadisco la mia estraneità a questa vicenda - sottolinea - Ma quanto sta accadendo è più grave di un attentato fisico. Non intendo mettere la Sicilia nella condizione di subire attacchi, non faccio pagare prezzi al popolo siciliano. Ma di questa vicenda sono solo una vittima".

Il commento gelido dell’ex assessore. Lucia Borsellino commenta la frase ai microfoni del Gr di Rai Sicilia: "Mi sento intimamente offesa e provo un senso di vergogna per loro". Sulla giustificazione data da Crocetta ha risposto glaciale: "Non spetta a me fare commenti al riguardo".

Il fratello del giudice. Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo e punto di riferimento del movimento "Agende Rosse" attacca: "Quelle intercettazioni tra il medico di Crocetta e lo stesso Presidente in cui Matteo Tutino dice che bisognerebbe fare fuori mia nipote Lucia sono semplicemente gravissime, incredibili e vergognose". "Lui non dice che bisogna farla fuori dall’assessorato ma che bisogna farla fuori come suo padre - dice Salvatore Borsellino - e siccome mi risulta che suo padre è stato ucciso in maniera particolare, è gravissimo. E non perché l’abbia detto Tutino ma perché il presidente Crocetta non l’ha mai reso noto, né ha estromesso Tutino dal suo entourage. Io chiederò conto a Crocetta di questo". Quando viene a sapere che Crocetta sostiene di non avere mai sentito quella frase, replica: "Vuol dire che è stato colpito da una sordità improvvisa e temporanea...". "Fare fuori Lucia come suo padre significa solo una cosa- dice - e trovo assurdo che Crocetta non ne abbia tratto le necessarie conseguenze. Gliene chiederò conto".

La telefonata di Matteo Renzi. La giunta Crocetta, già in difficoltà per le dimissioni di tre suoi assessori, traballa come non mai. Anche il premier Matteo Renzi, stamattina, ha telefonato a Lucia Borsellino per esprimerle solidarietà. Un gesto che, com’è evidente, ha anche un valore politico, visto che uno dei due interlocutori della conversazione incriminata sarebbe stato Crocetta. Ovvero un presidente della Regione del Pd. Fonti di Palazzo Chigi sottolineano che la chiamata a Lucia Borsellino è stata "la prima telefonata della giornata del premier".

La chiama anche Alfano. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha chiamato Lucia Borsellino per esprimerle "sdegno, affettuosa vicinanza e solidarietà per quelle parole che pesano in modo gravissimo e incancellabile sulla coscienza di chi le ha pronunciate". Il ministro Alfano auspica che sia vero quanto affermato dal Presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, e cioè che non ha sentito la "irripetibile frase pronunciata dal suo medico" sull’ex assessore alla Sanità.

Il Pd chiede le dimissioni. Il sottosegretario Davide Faraone non ha dubbi: "Inevitabili dimissioni Crocetta e nuove elezioni. Quelle parole su Lucia Borsellino una vergogna inaccettabile". Nel Pd si apre il fronte che porta alle dimissioni del governatore.

Il nuovo assessore: "licenziare Tutino". Il neo assessore alla Salute Baldo Gucciardi, intanto, chiede il licenziamento di Tutino: "Pur nell’assoluto rispetto
delle indagini dell’autorità giudiziaria, è di tutta evidenza che le parole pronunciate dal dottor Tutino e riportate oggi da organi di stampa lo rendono, fra l’altro, incompatibile con qualsiasi rapporto giuridico e professionale con un’Azienda sanitaria pubblica. Il direttore generale dell’Azienda Villa Sofia-Cervello svolga le tempestive verifiche del caso - dice Gucciardi - e ponga immediatamente in essere i provvedimenti consequenziali".

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IL MESSAGGERO.IT
Lucia Borsellino «va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Come Paolo Borsellino, il giudice assassinato il 19 luglio 1992. Sono parole pesantissime, intercettate pochi mesi fa. A pronunciarle non è un boss, ma un medico di successo: Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia, arrestato nei giorni scorsi. All’altro capo del telefono c’è il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che ascolta e tace: nessuna reazione di fronte a quel commento macabro nei confronti dell’assessore alla Salute della sua giunta (dimessasi qualche giorno fa), scelto come simbolo di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi. Lo rivela l’Espresso nel numero in edicola domani, anticipato sul sito on line del settimanale. Sul governatore siciliano si è naturalmente scatenata la bufera e piovono richieste di dimissioni. A giudicare «inevitabile» un suo passo indietro è anche il sottosegretario all’Istruzione Faraone, braccio destro di Renzi in Sicilia.

«Non posso che sentirmi intimamente offesa e provare un senso di vergogna per loro, commenta Lucia Borsellino. Alla domanda se a questo punto sia cambiato il suo giudizio su Rosario Crocetta, Lucia Borsellino afferma: «Preferisco non dire più nulla, un altro commento è superfluo».

Crocetta: «Mi autosospendo». «Mi auto-sospendo immediatamente da presidente della Regione». Così ha detto all’Ansa Crocetta, sull’onda delle polemiche.

«Sto inviando una richiesta alla Procura di Palermo per avere un incontro con lo scopo di verificare la portata dell’intercettazione che riguarda Tutino», aggiunge il governatore. Crocetta annuncia che affiderà l’interim per la guida della Regione a Baldo Gucciardi (Pd), neo assessore alla Sanità, subentrato proprio a Lucia Borsellino, che si è dimessa dopo l’arresto di Tutino, nell’ambito di una inchiesta sull’ospedale Villa Sofia. Per quanto riguarda eventuali dimissioni, Crocetta afferma: «Prenderò la decisione finale nel giro di pochi giorni, dopo gli accertamenti». «Non sono legato alla poltrona, ribadisco la mia estraneità a questa vicenda - sottolinea - Ma quanto sta accadendo è più grave di un attentato fisico. Non intendo mettere la Sicilia nella condizione di subire attacchi, non faccio pagare prezzi al popolo siciliano. Ma di questa vicenda sono solo una vittima».

Baldo Gucciardi, indicato come reggente da Crocetta, è salito a palazzo d’Orleans. Con lui i deputati del Pd Luca Sammartino e Valeria Sudano.

«Non ho sentito la frase su Lucia, forse c’era zona d’ombra, non so spiegarlo; tant’è che io al telefono non replico. Ora mi sento male», è la difesa del governatore della Sicilia che ripete: «Non l’ho sentita... non l’ho sentita quella frase...». Cerca di darsi una spiegazione: «Forse una zona d’ombra, forse è caduta la linea... ». «La prova che non l’ho sentita sta nel mio silenzio», aggiunge. «Sono veramente allucinato - insiste - Sono addolorato, sconvolto». «Se avessi sentito quella frase - prosegue - avrei reagito con durezza, non si scherza su queste cose. Quella frase colpisce tutte le persone che combattono la mafia. Posso essere stato destinatario di un messaggio così crudele?». «Voglio essere sentito dai magistrati su questa storia, farò una richiesta formale. Quello che mi sta accadendo oggi e la cosa più terribile della mia vita».

«Inevitabili dimissioni Crocetta e nuove elezioni. Quelle parole su Lucia Borsellino una vergogna inaccettabile. #Sicilia», scrive su twitter il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, braccio destro di Renzi in Sicilia. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha chiamato Lucia Borsellino per esprimerle «sdegno, affettuosa vicinanza e solidarietà per quelle parole che pesano in modo gravissimo e incancellabile sulla coscienza di chi le ha pronunciate». Alfano auspica che sia vero quanto affermato dal presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, e cioè che non ha sentito la «irripetibile frase pronunciata dal suo medico».

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EMANUELE LAURIA, LA REPUBBLICA 3/7 –
«Ora, se permette, torno a essere “la figlia di”. E la figlia di Paolo Borsellino alle commemorazioni del 19 luglio non andrà». Dice proprio così, la sobria e misurata Lucia Borsellino, con la voce tirata ma anche il sollievo di chi, finalmente, ne è venuta fuori. Proprio ieri mattina ha consegnato la sua lettera di dimissioni al governatore Rosario Crocetta: esce dalla giunta della “rivoluzione” per ragioni «di ordine etico e morale». La Borsellino aveva affiancato Crocetta, come testimonial di legalità, già durante la campagna elettorale del 2012. Adesso lascia denunciando «un calo di tensione morale» nel primo governo siciliano a guida Pd, esprimendo «disagio» per quel rapporto stretto fra Crocetta e Matteo Tutino, il chirurgo plastico arrestato con l’accusa di aver addebitato al sistema sanitario pubblico interventi di natura estetica. E non disdegnando una critica non affatto casuale «all’antimafia di facciata».
Signora Borsellino, lei entrò con entusiasmo in una giunta nata in nome della discontinuità con il passato di Cuffaro e Lombardo. Cos’è cambiato rispetto ad allora?
«Si sono persi di vista gli obiettivi, la coerenza rispetto al progetto iniziale. C’è stato un abbassamento di tensione. Anche morale».
Non ha sopportato la vicenda di Matteo Tutino, il medico personale di Crocetta arrestato per truffa, peculato e abuso d’ufficio?
«Io avevo annunciato le dimissioni già a febbraio, in seguito ai continui attacchi del governo nazionale sulla morte della piccola Nicole. Ho atteso il 30 giugno per offrire al ministero le dovute risposte sul sistema sanitario siciliano, su una rete di assistenza materno-inbfantile resa più efficiente. Poi la vicenda di Tutino ha contribuito a rafforzare la mia decisione. Quella storia ha leso l’immagine di un’intera Regione».
Ma non l’ha sorpresa.
«No, perché il mio assessorato ha fortemente collaborato con la magistratura che indagava sul dottor Tutino. Non nascondo che il rapporto fra Crocetta e questo primario mi ha creato forte disagio in questi anni».
Pensa che il governatore possa aver favorito l’amico chirurgo?
«Dico che quest’amicizia, sempre ostentata da Tutino, ha molto condizionato la vita di una grande azienda ospedaliera di Palermo».
Crocetta afferma che lei avrà sempre il suo sostegno.
«Lo ringrazio, davvero. Ma in diverse occasioni, durante quest’attività di governo, tale sostegno non l’ho avvertito».
Adesso che farà?
«Questa è stata la mia prima esperienza politica, sarà anche l’ultima. In questi anni ho sentito spesso il peso del nome che porto. Sono stata attaccata e tirata per la giacca in ragione del fatto che mi chiamo Borsellino. Ma la mia famiglia è composta da persone umili, che non hanno mai inteso sfruttare questo nome. Anzi, le dirò: oggi torno a essere la figlia di Paolo. E, in nome dei suoi semplici insegnamenti, chiedo a tutti di non invitarmi, il 19 luglio, alla commemorazione di via D’Amelio».
Quest’antimafia, insomma, non le piace più.
«Non capisco l’antimafia come categoria, come sovrastruttura sociale. Sembra quasi un modo per cristallizzare la funzione di alcune persone, magari per costruire carriere. La legalità, per me, non è facciata, è una precondizione di qualsiasi attività».
Emanuele Lauria

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La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1243 19 luglio 2010

Le statue dei giudici Borsellino e Falcone, abbattute l’altra notte, sono state restaurate e rimesse al loro posto, in Palermo, via della Libertà. Ieri mattina c’è stato anche un piccolo corteo: meno di cento persone hanno sfilato tenendo in mano un’agenda rossa e cantando Bella ciao. Sono andate da via D’Amelio al castello Utveggio. A via D’Amelio stava la mamma di Borsellino: il giudice era andato a trovarla quella domenica pomeriggio (19 luglio 1992), e al suo passaggio una Fiat 126 imbottita di cento chili di tritolo era esplosa dilaniando il magistrato e i sei agenti della scorta (uno solo dei quali sopravvisse). Il detonatore dovrebbe essere stato azionato proprio dal castello Utveggio dove c’era anche una sede del Sisde. Due mesi prima era stato ammazzato il giudice Falcone.

Il 19 luglio è oggi.
Sì, sono passati 18 anni. La verità sulla morte di Borsellino, apparentamente accertata alla fine di due processi, è stata rimessa in discussione. Nella prima ricostruzione dell’attentato a rubare la 126, imbottirla di tritolo e portarla in via D’Amelio sarebbero stati tre mafiosi di piccolo calibro, Salvatore Candura, Francesco Andriotta e Vincenzo Scarantino. Ora c’è una nuova verità, a quanto pare sostenuta da riscontri incontrovertibili. L’uomo della 126 è Gaspare Spatuzza, che si è accusato e ha fornito le prove di quanto andava dicendo. Lei ricorderà che esiste una tesi, a cui hanno mostrato di credere, per esempio, Pietro Grasso e Antonio Ingroia, secondo cui in quel momento era in corso una trattativa tra la mafia e lo Stato per arrivare a un accordo o a una tregua. Borsellino sarebbe stato ucciso perché contrario a un simile accordo. Frutto dell’accordo sarebbe stata la nascita di Forza Italia.

Prove?
Nessuna e, quando c’è stata la possibilità di certificarla in qualche modo in tribunale i giudici si sono tirati indietro. Il supporto più importante a questa ricostruzione storica, che – ripeto – non ha riscontri nelle sentenze, è venuto dalla relazione di Giuseppe Pisanu, un uomo di centro-destra, che lo scorso 30 giugno, alla Commissione bicamerale antimafia, ha detto: «È ragionevole ipotizzare che nella stagione dei grandi delitti e delle stragi si sia verificata una convergenza di interessi tra Cosa Nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica». La mafia era ansiosa di trattare anche, a causa di Tangentopoli, le erano venuti meno tutti i riferimenti politici.

Anche Pisanu pensa che da quella trattativa nacque Forza Italia?
No, Pisanu questo non lo dice. Il giornalista Maurizio Torrealta, in una riedizione aggiornata e appena uscita di un suo vecchio libro, (La trattativa, Rizzoli) mette in fila tutti i tasselli che suffragano la tesi dell’accordo. La mafia discuteva a suon di stragi. Ce ne furono, in quel periodo, nove.

Se non c’è una verità accertata in tribunale, come si fa a insistere su questa tesi?
Borsellino, nel 1989, andò a parlare all’Istituto tecnico professionale di Bassano del Grappa. Disse tra l’altro: «L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto. E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica».

Perché i manifestanti, ieri e anche l’altro giorno, agitavano delle agendine rosse?
Era rossa l’agenda su cui Borsellino teneva il diario delle sue indagini e dei suoi interrogatori. Non fu mai trovata. Un testimone sostiene che a prelevarla dalla 126 distrutta e portarla via sia stato un ufficiale dei carabinieri.