Roberto Condio, La Stampa 12/7/2015, 12 luglio 2015
“LA SERIE A SI È SVEGLIATA MA LE IDEE PIÙ CHIARE LE HA SEMPRE LA JUVE”
[Intervista a Marcello Lippi] –
Ha salutato il nostro campionato 11 anni fa per poi prendersi un Mondiale da ct e completare il suo palmares con il Guangzhou cinese. Della Serie A, però, sa sempre tutto. È roba sua, non soltanto perché l’ha vinta 5 volte con la Juventus.
Marcello Lippi, che stagione sta nascendo?
«La sensazione è che possa essere meno noiosa. Per la Juve, vincere era diventato fin troppo facile».
Resta sempre in pole, vero?
«Sì, ma il gap non è cresciuto. I rivali stanno facendo tanti movimenti, anche importanti, ed è un bel segnale di risveglio. Ad aprire il mercato è però stata la Juve, che ne aveva meno bisogno. Conferma capacità di programmazione, idee sempre chiare».
Allegri, però, non avrà più Pirlo e Tevez. Non due qualsiasi.
«La Juve è abituata al ricambio anche dopo le vittorie. Andrea l’ho sentito ancora venerdì. È carico e soddisfatto. La metto così: mi pare bello che anche gli americani possano godersi da vicino il suo grande talento e quelle punizioni che si alzano per poi abbassarsi all’improvviso».
Dell’Apache, che dice?
«Tevez m’è sembrato molto limpido nelle sue scelte. M’è piaciuto molto meno quando a un certo punto s’è parlato di Atletico Madrid. Ma torna al Boca, e allora va bene così».
Si continua a parlare di un’altra partenza eccellente, tra Vidal e Pogba. Non sarebbe troppo?
«Non m’intrometto. Ricordo solo che appena tornato alla Juve nel 2001, Umberto Agnelli mi chiamò per dirmi: “Dobbiamo vendere Zidane”. Non la presi bene ma lui aggiunse: “Reinvestiremo tutto”. In effetti, prendemmo Buffon, Thuram e Nedved e non andò così male... Insomma, lasciamo fare a chi sa».
Intanto, è già arrivata un bel po’ di gente nuova. Giudizio?
«Positivo. Khedira è un campione mondiale con corposa esperienza. Dybala ha colpi fantastici e quando si rinforzerà un po’ nella struttura da lui sarà lecito attendersi grandi cose. Mandzukic è il tipo di punta che mancava: ha più feeling col gol di Llorente».
E Zaza?
«Mi piace molto: ha bei movimenti e inserimenti».
E con Rugani tiene alta una quota di italiani che tra le big non ha eguali.
«Già, la Juve resta il maggiore serbatoio della Nazionale. Vince anche per questo: il senso di appartenenza e identità è fondamentale».
La A ha invece sempre meno italiani e Conte si lamenta.
«Povero Antonio, davvero. Vedere squadre tutte straniere è desolante. Spero che il tetto alle rose serva. Ma vedo una cosa in controtendenza».
Cioè?
«Un’Under 21 con tanti giocatori di A, finalmente. Agli Europei era la più forte: il risultato è stato pregiudicato da 20’ storti ma non cambia la valutazione».
Torniamo alla Juve. Più forte o più debole di un mese fa?
«Aspetterei la fine del mercato. Marotta e Paratici, sempre attenti, faranno ancora altro. Credo che Allegri voglia un trequartista».
A proposito di Allegri, si aspettava un dopo-Conte del genere?
«Beh, Max è stato molto bravo a ripartire dal grande lavoro di Antonio per poi metterci di suo tranquillità e organizzazione diversa. Non ha tolto certezze, è stato un valore aggiunto».
La sua Juve è tra le big d’Europa?
«È tornata a godere di alta considerazione: tutti adesso sanno quanto vale. Lo dico da sempre: per crescere servono le grandi partite. Nell’ultima Champions sono arrivate».
Le rivali in Italia, adesso. La Roma resta alla finestra. Stupito?
«Può essere una strategia. Il mercato è così lungo...».
Il Napoli ha scommesso su Sarri.
«Mi piace la scelta di italianizzare: giocatori e un allenatore che sa il fatto suo e farà prendere meno gol a chi ne ha segnati due meno della Juve ma ne ha subiti 30 in più. E con numeri del genere non si vince».
Milanesi scatenate. Il Milan, però, non s’è mosso in difesa ed era messo come il Napoli...
«Sì, ma Mihajlovic vuole con forza Romagnoli: sa che qualcosa gli manca, insomma».
Mancini, invece, rivoluziona.
«I primi mesi all’Inter gli sono serviti a chiarirsi le idee. Poi, è stato bravo a imporre di cambiare molto per il rilancio».
Sta facendo tanto anche il Toro.
«Segue un percorso giusto, intelligente, con quell’ossatura italiana più Ventura, un fuoriclasse della panchina. Partono pezzi importanti ma lui fa sempre giocare bene le sue squadre. È mio coetaneo, compagno nella Primavera della Samp».
Però lui e Reja, che ha 3 anni in più, sono ancora in pista...
«Bravi, ma a me la A non manca proprio. E nemmeno la vita di allenatore di club. Quell’esperienza l’ho completata con enormi soddisfazioni».
Vuol dire che sta per chiudere?
«Ancora no. Tengo aperta la porta per una Nazionale, ma ho seri dubbi. Quelle forti, ormai, scelgono tecnici di casa».
Roberto Condio, La Stampa 12/7/2015