Gianni Clerici, la Repubblica 12/7/2015, 12 luglio 2015
SERENA,EMOZIONE DA SLAM UN TRIONFO SENZA SPETTACOLO MA OGGI C’È FEDERER-DJOKOVIC
LONDRA.
Dopo la vittoria, prevista al 101%, di Serena, la mia comprovata sincerità, probabilmente raro difetto in simili bassi tempi, mi ha spinto al telefono, per interrogare il mio capo redattore.
«Amico mio» gli ho detto, «e se mettessimo, molto in grande, soltanto il risultato?».
Il poveretto mi conosce a fondo, e ha risposto: «Non hai voglia?».
«Non è la voglia, sinceramente, è che non ricordo una partita più brutta».
«E tu scrivi che è la più brutta».
«Ma non potreste collocarla nella rubrica del wrestling femminile?». «Non l’abbiamo ancora istituita, vecchio Gianni. Dai,scrivi che era brutta».
Davvero, nel corso di una simile caccia all’errore, mi era venuta più volte voglia di andarmene. Avevo avuto un bel dirmi che ero gratis davanti al Centrale, in una splendida giornata estiva, ero in una posizione invidiabile, che due spettatori britannici avevano egualmente ottenuta pagando ieri trentaduemila sterline per un palco di proscenio. Ma non riuscivo a ritenere accettabile che la vicenda si risolvesse soltanto con un errore ogni tre tentativi di tenere la palla in campo, tentativi resi vani dall’eccessiva muscolarità delle due ragazze, che forse avrebbero dovuto, ancora meglio che nel wrestling, specializzarsi nel lancio del peso.
Mentre rimanevo afflitto davanti a una birra, è passato un mio amico televisivo, e mi ha suggerito: «Vogliamo parlare del match?». «Se non ti licenziano», ho risposto. Ci hanno microfonato, ed ecco la prima domanda: «Secondo te, Serena ha sbagliato tanto perché già pensava al Grande Slam? Ti ricordi che esiste dal 1934, da quando l’australiano Crawford venne battuto dall’inglese Perry, per aver bevuto un whisky nell’intervallo del terzo set. Pensi che Serena correrà un rischio simile?».
Ricordavo di aver visto una notte le Williams un poco bevute, nella hall del Cavalieri Hilton, a Roma, ma dubito che Serena fosse dedita all’alcol. «Non credo», ho risposto, e poi mi sono detto: «Forse è proprio a causa del gran parlare che si fa di Slam che Serena era nervosa più dell’avversaria, la Muguruza, che da esordiente ne avrebbe avuto maggior diritto. Non ho mai visto Serena, nelle sue 6 finali di Wimbledon, fare tre doppi falli nei primi nove punti, poi riuscire a perdere uno straccio di game di 14 punti commettendo altri quattro errori gratuiti. E non solo. Superare una simile pena nel secondo game, con altri quattro colpacci falliti, tanto che non si poteva nemmeno pensare a un suo improvviso altruismo, a un umano aiuto per un’esordiente del tutto impreparata alla finale. Per fortuna della Williams la Muguruza era veramente impreparata. In modo che l’avremmo presto vista seguire Serena nel tentativo di sventrare la palla, invece che tesaurizzarne i doni con la regolarità. Tanto che, dal suo 3 a 1, e poi dal suo 4-2, il set terminava 6-4 per Serena, mentre nel secondo la Williams giungeva facilmente a 5-1, e per dare un’altra prova di masochismo smarriva altri 15 punti prima di ritrovare un minimo di lucidità, per concludere la partitaccia 6-4.
A pensarci meglio, ciò era quasi prevedibile, dopo la fortuna di aver assistito venerdì a un match che è certo eccessivo definire il più bello mai visto, così come questa non è probabilmente stata la peggior finale femminile tra le 131 giocate, a tutte le quali anche uno scriba vecchissimo e rimbambito non è stato in grado di assistere. Ci si domanda se il Federer di venerdì sia in grado di ripetersi, ma anche se il Djokovic mediocre contro un perdente quale Gasquet non sia in grado di migliorare. Mi affascinerebbe se Federer vincesse anche la sua ottava finale di Wimbledon, ma mi domando se una vicenda simile a una carica all’arma bianca non andrà a infrangersi sullo scudo mobile del serbo. E ricordo infine un’altra finale, quella sì, splendida, dall’anno passato, Djokovic b. Federer 6-7,6-4,7-6,5-7,6-4.
Gianni Clerici, la Repubblica 12/7/2015