Michele Smargiassi, la Repubblica 12/7/2015, 12 luglio 2015
CRONACHE DA UN MONDO IN POSA
Abbiamo, pare, anche la prima vittima della selfie-mania: un escursionista gallese, scrive il Telegraph , incenerito qualche giorno fa da un fulmine attirato dalla sua prolunga per autoritratti. Ma non abbiamo bisogno della cronaca nera per renderci conto che la fotografia retroversa a braccio teso non è solo, non è affatto, un giocattolo da ragazzini contraddittoriamente dipinti come narcisi o insicuri. È una nuova forma simbolica del contemporaneo: lo dimostra la sua invadenza, e le conseguenti resistenze che suscita. La guerra al selfie, affannosa e perdente, è cominciata nei musei d’arte che uno dopo l’altro ne stanno vietando la versione “con protesi”: dal Metropolitan agli Uffizi, dallo Smithsonian a Versailles alle Disneyland i visitatori sono invitati a lasciare il selfie-stick in guardaroba, ufficialmente perché ingombrante, fastidioso e pericoloso per le opere e gli altri visitatori, come gli ombrelli. Poi, a valanga, il divieto di fotoprolunghe è dilagato ovunque, dai campi di Wimbledon alla terrazza dell’Empire State Building, per non parlare dei teatri e perfino delle arene rock più rilassate e trasgressive come quelle dei festival pop americani Lollapalooza e Coachella allo stadio del Tottenham dove una partita è stata sospesa dopo tre selfie-invasioni di campo successive. In questi casi è solo il bastoncino l’oggetto indesiderato, ma non lasciamoci ingannare: è un divieto per procura, il vero bersaglio delle antipatie è lui, il selfie in quanto tale, come espressione dell’invadenza più maleducata. È il selfie, anche a mano libera, a essere vietato per mancanza di classe sul red carpet di Cannes, anche se brandito dalle star medesime, come quello di Bradley Cooper e amici, uno degli scatti più twittati della storia. Tocca poi ai grandi alberghi di lusso proteggere la privacy degli ospiti celebri dall’invadenza dei clienti con foto-retrovisore: il primo in Italia è stato il prestigioso Byron di Forte dei Marmi. Chi di selfie ferisce, si potrebbe dire: l’assalto dei fan che “vogliono farsi un selfie” fa rimpiangere ai vip da rotocalco l’era degli autografi, è un rito che costringe a sorrisi forzati e pose imbarazzanti, impossibile da rifiutare, pena la metamorfosi istantanea del fan in sputtanatore sui social, com’è accaduto a Mattia Briga, finalista di Amici , quando ha osato dire no a una giovane ammiratrice. E c’è qualcuno che pensa siano solo fotografie vanitose.
Michele Smargiassi, la Repubblica 12/7/2015