Alberto D’Argenio, la Repubblica 12/7/2015, 12 luglio 2015
IL POSSIBILE COMPROMESSO SUBITO RIFORME IN PARLAMENTO E POI PUÒ PARTIRE IL NEGOZIATO
BRUXELLES.
«Il governo greco ha fatto di tutto per perdere la nostra fiducia». La sentenza emessa dal Finanzminister Wolfgang Schaeuble entrando all’ennesimo Eurogruppo straordinario sulla Grecia inchioda gli altri ministri al tavolo negoziale fino a notte. E così ancora una volta, quando le parti sembravano pronte alla stretta di mano finale, le trattative per salvare Atene tornano in bilico. Se oggi i capi di Stato e di governo seguiranno la linea dei loro ministri, la telenovela greca si allungherà di un’altra, inaspettata, settimana.
Martedì scorso, due giorni dopo il referendum, i capi di governo avevano dato un ultimatum ad Alexis Tsipras: o accettava le loro condizioni per il bailout o oggi sarebbe stato Grexit. Tsipras nel frattempo ha silurato Varoufakis e ha fatto approvare dal Parlamento un pacchetto di impegni in cambio degli aiuti che ricalca le richieste avanzate dai creditori prima della consultazione popolare. Dopo la capitolazione del leader di Syriza, nelle Cancellerie si respirava finalmente ottimismo sull’accordo.
Ma l’altro ieri notte, quando Commissione e Bce hanno concluso lo studio sulla fattibilità del salvataggio, i falchi si sono trovati una nuova arma tra le mani.
Il casus belli glielo hanno fornito le cifre: il governo greco ha chiesto un aiuto triennale al Fondo salva stati dell’Unione (Esm) di 53 miliardi, ma le istituzioni hanno calcolato che non basteranno. Di miliardi ne serviranno almeno 74. «Il referendum — spiegava ieri un responsabile europeo — ha provocato danni indicibili all’economia greca, la chiusura delle banche ha fatto collassare il Paese e ora ci aspettiamo almeno due anni di dura recessione e il debito in crescita». Così come non basteranno i 12 miliardi di tagli e tasse messi sul piatto dai greci in cambio del salvataggio. Serviranno sforzi maggiori mentre a Bruxelles ormai si dà per scontato che il blocco della circolazione dei capitali resterà in vigore per altri due anni.
Così i falchi guidati da Schaeuble — come il finlandese Stubb e lo slovacco Kazimir — sedendosi all’Eurogruppo hanno messo a segno il loro punto: «Non ci fidiamo più del vostro governo, non vi diamo un assegno in bianco di 74 miliardi, l’impegno sulle riforme passato in Parlamento è solo un pezzo di carta». Il trattamento al quale è stato sottoposto Euclides Tsakalotos, successore di Varoufakis, è stato tanto aspro che un ministro “colomba” in una pausa dell’Eurogruppo mormorava: «Si comportano come se volessero il Grexit».
A quel punto la Commissione e i ministri contrari all’affondamento di Atene hanno cercato di smussare gli angoli e si è arrivati a un compromesso: Tsakalotos si impegna a far approvare alcune riforme, a partire da pensioni e fisco, entro pochi giorni e poi tornerà a Bruxelles con la dimostrazione tangibile di una ritrovata affidabilità del governo Tsipras. Gli sherpa si sono messi a limare la dichiarazione dell’Eurogruppo e i tedeschi hanno sfoderato un documento durissimo nel quale chiedevano nuovi tagli ai greci, nuova austerity e contestavano diverse misure concordate tra Atene e Bruxelles. I filo- greci invece spingevano per togliere questi punti che avrebbero portato alla rottura del negoziato e affinché il tono non fosse traumatico per tenere vi- vo il filo negoziale in modo da consentire alla Bce di non staccare la spina alle banche elleniche ed evitare il default della Grecia. In quei minuti i ministri si sono recati a cena, hanno mangiato in silenzio in un clima di sospetti e sguardi di ghiaccio.
Se settimana scorsa Tsipras e i leader erano convinti che oggi sarebbe stato l’ultimo giorno utile per un accordo, l’ottimismo degli ultimi giorni ha frenato i prelievi dei greci dai bancomat e nelle casse degli istituti resta ancora quel poco di liquidità che potrebbe permettere loro di resistere un’altra settimana (con gli sportelli chiusi). Un calcolo molto rischioso.
Oggi pomeriggio i leader daranno vita a un nuovo vertice sulla Grecia. Se doveva essere quello dell’ultima spiaggia, a questo punto tranne svolte improvvise della Merkel si limiteranno ad approvare lo statement dei ministri e rimanderanno a casa Tsipras con la lista dei compiti. Ma non mancherà lo scontro politico. Non a caso ieri Renzi preparando il vertice ha spiegato ai suoi che «l’Italia è in prima linea per cercare un accordo». Il messaggio che filtra da Palazzo Chigi vuole essere un altolà alla Germania, un «adesso basta». Renzi — spiegavano i suoi collaboratori — non ha condiviso il referendum, ma adesso non si può umiliare un partner dopo che la ha mollato praticamente su tutto. «Serve uno sforzo collettivo — le parole del premier — per tenere insieme riforme concrete e urgenti in Grecia e il senso di responsabilità dei paesi europei ».
Dunque Tsipras avrà il difficile compito di far passare in Parlamento riforme pesanti in pochi giorni. Se ce la farà ci potrà essere l’accordo per iniziare il negoziato tecnico per il terzo salvataggio e la Bce potrà versare nuova liquidità alle banche per permettere loro di riaprire gli sportelli, ad Atene arriveranno altri aiuti per restare in vita fino all’entrata in vigore del terzo salvataggio costituito da 74 miliardi dell’Esm e da 35 della Commissione da impiegare per rimettere in piedi l’economia. In un secondo momento, non appena Atene salderà la rata da 1,6 miliardi scaduta a fine giugno, entrerà in campo con soldi anche l’Fmi, così vogliono i tedeschi per avere maggiore controllo sui greci. Il pacchetto dovrebbe entrare in vigore ai primi di agosto, ma in caso di ritardi con un aiuto ponte per pagare l’Fmi e la Bce il 20 luglio si potrebbe arrivare fino al 20 agosto.
Alberto D’Argenio, la Repubblica 12/7/2015