Andrea Greco, Affari&Finanza 13/7/2015, 13 luglio 2015
MPS, I TRE NODI DELLA CALDA ESTATE FUSIONE, NOMURA E NUOVO VERTICE
Milano
L’ennesimo aumento – 3 miliardi – è andato, ma i banchieri di Siena non pensano alle ferie. Tra il palio di Provenzano (2 luglio) e quello dell’Assunta (16 agosto) la banca più antica e ormai travagliata al mondo deve sciogliere altri tre nodi. Compiti per le vacanze richiesti dalla Bce, che pungola non poco Mps verso cui ha poca fiducia. A febbraio nell’esercizio macroprudenziale (Srep), e ad aprile nel dire sì all’aumento, l’Eurotower ha chiarito che colmare sul mercato il deficit da 4,2 miliardi emerso nei test di vigilanza non bastava. E ha chiesto all’istituto altre due mosse drastiche: la chiusura dell’operazione Alexandria, la cui controparte Nomura ha superato l’esposizione di legge, e un percorso (“milestones”) verso una fusione. Un terzo compito, in capo ai soci – ma guidato da chi controlla loro e la banca - è trovare il sostituto di Profumo, che ha annunciato da mesi l’addio a Rocca Salimbeni (previsto il 6 agosto). Segue l’agenda del mese in ordine di priorità. L’integrazione coatta Le nozze riparatrici sono la più pregnante, strategica questione tramite la quale Francoforte tenta di annegare – con metodi vecchio stile, ben noti ad Antonio Fazio – i «problemi strutturali» originati nel decennio di Mussari e Vigni e non tutti ovviati in tre anni di profondo riassetto. Per la vigilanza sono «l’esposizione ai crediti non performing, la debolezza patrimoniale, una redditività non adeguata», quasi tutti i crismi di quelle che Mario Draghi chiamò mesi fa «zombie banks» e che in un modo o nell’altro vorrebbe far sparire. Da giugno Mps ha riaperto il dossier fusioni con gli advisor Ubs e Citi, e con Kpmg che ha redatto la due diligence del venditore. E ha avviato i contatti formali per verificare l’interesse di alcune controparti. Ma finora sono giunti cortesi «no grazie», in qualche caso «per il momento». Le nuove turbolenze sui listini figlie della crisi greca non aiutano certo a fare acquisizioni: “Specie da parte dei compratori”, ha detto l’ad Fabrizio Viola giorni fa. Grecia a parte, il settore bancario italiano, verso una nuova fase di consolidamento per i problemi di redditività e la trasformazione in spa delle grandi popolari, vive una fase tattica: tutti si parlano, nessuno si muove. E’ possibile che, arrivando un primo annuncio (che difficilmente riguarderà il Monte), anche su Siena cresca l’attenzione. I rumors e la logica dicono che i partner più accreditati sono Ubi Banca, le francesi Bnp Paribas e Credit Agricole (già forti in Italia), le spagnole Bbva e Santander e qualche fondo asiatico voglioso di diversificare i rischi. E che sarebbe più che ben visto dal governo Renzi. «Quel che mi sento di escludere categoricamente è uno spezzatino», ha detto Profumo giorni fa. Il nodo Alexandria Come volevasi dimostrare, la pubblicazione del diktat Bce a chiudere per il 26 luglio il derivato swap su 3 miliardi di euro in Btp e annessi rifinanziamenti non ha giovato alla trattativa aperta da mesi con Nomura. Sui valori di mercato c’è poco da discutere: ai giapponesi andrebbero circa 800 milioni, che Mps intende ridurre di quasi metà con una transazione tipo quella chiusa con Deutsche Bank sul simile prodotto Santorini (dove lo “sconto” fu del 45%). Ma anche in questo caso l’accordo in due settimane è utopia. Per lenire l’esposizione con Nomura, pari a 3,4 miliardi e che toccò il 34% del patrimonio di vigilanza a primavera, i manager senesi stanno spostando alcuni swap del contratto su altre controparti, tramite novazioni; il patrimonio entrato con l’aumento farà il resto, riportando attorno alla soglia massima (25%) il credito. Poi da agosto il negoziato proseguirà, sperando prevalga l’interesse comune e si archivi una delle più brutte pagine della finanza nazionale. Comunque, l’ispezione della Bce a Siena terminata giorni fa pare abbia riscontrato miglioramenti della liquidità entro gli obiettivi assegnati, e il discreto andamento della gestione finanziaria. Tuttavia i Btp e swap con Nomura, esclusi proprio dall’Eurotower dai filtri prudenziali, impattano sul patrimonio Cet1 limandolo di 7 milioni ogni volta che lo scarto Btp-Bund si apre di un punto base. Ragione di più per smorzarne la volatilità, che nel secondo trimestre gli operatori stimano si sia mangiata tra 100 e 200 milioni del patrimonio Mps. Quanto al conto economico tra aprile e giugno, il mercato stima una dinamica costi- ricavi cautamente positiva, un costo del credito fermo ma ancora alto rispetto alla media, e un risultato di sostanziale parità, cui aggiungere circa 120 milioni di plusvalenza per la cessione del 10% di Anima, introito che la banca speserà subito per bissare il ritorno all’utile del primo trimestre. Il nuovo presidente Dopo che i maggiori soci – Fintech, Btg Pactual, ente Mps, Axa, Falciai – hanno ottenuto il gentile rifiuto di Pietro Modiano, che ha preferito restare alla Sea milanese, è sfumata anche l’ipotesi di Giuseppe Lusignani (Prometeia). Anche per questi forfait si rafforza la probabilità che il presidente di Borsa Italiana Massimo Tononi (ex Mittel e Goldman Sachs) accetti l’invito, non unanime, degli azionisti. Tuttavia, oltre al placet della vigilanza, anche l’azionista discreto Tesoro, che ha un 4% dopo il pagamento in natura delle cedole sui Monti bond rimborsati, potrebbe voler dire la sua. A riguardo, vanno interpretate come un segnale interessante le voci, non commentate, sul coinvolgimento di Dario Scannapieco, vice presidente della Bei ed ex dg del Tesoro. Un dirigente giovane (classe 1967) e stimato tra le istituzioni europee.
Andrea Greco, Affari&Finanza 13/7/2015