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 2015  luglio 12 Domenica calendario

FONDO SALVA-STATI, PER L’ITALIA UN VANTAGGIO

Il passaggio delle consegne tra Efsf ed Esm per la risoluzione della questione greca è un vantaggio per i conti pubblici dell’Italia: il debito pubblico italiano non aumenterà in via automatica quando l’Esm erogherà gli aiuti alla Grecia, contrariamente a quanto è avvenuto finora con i prestiti dell’Efsf.
Se ad esempio l’assistenza richiesta dal Governo Tsipras dovesse essere confermata con un impegno dell’Esm per 50 miliardi, questi esborsi quando fatti non saranno mai contabilizzati pro quota nel debito pubblico degli Stati azionisti del meccanismo di stabilità. Il debito pubblico dell’Italia non lieviterà in quel caso: è aumentato ma solo una tantum di 14,3 miliardi per versamento nel capitale Esm. Se questi stessi finanziamenti alla Grecia invece fossero rimasti a carico dell’Efsf, estendendo il vecchio programma, la formula delle garanzie avrebbe fatto salire il debito pubblico italiano di 9,6 miliardi circa, pari al 19,2233% dei 50 miliardi di Efsf-bond collocati per raccogliere i nuovi fondi da destinare ad Atene.
La chiusura del secondo programma di aiuti sotto il cappello dell’Efsf, che non lascia alternative se non la stipula di un nuovo accordo con controparte Esm, è destinato però ad avere un risvolto negativo per il mercato dei titoli di Stato italiani, in quanto allunga e di molto i tempi del raggiungimento di un’intesa. E l’incertezza come noto non piace ai mercati: il disco verde di questo week-end serve soltanto a tranquillizzare la Bce per il sostegno alle banche greche. Ma non va oltre: da domani inizierà una trattativa molto complessa tra Grecia e creditori “official”. Basti ricordare che il Portogallo presentò la sua richiesta formale di aiuti il 7 aprile 2011, l’accordo sul programma fu raggiunto il 17 maggio con esborsi successivi non immediati. Questi tempi lunghi alimenteranno la speculazione e potrebbero riaccendere i focolai della Grexit.
Stando a fonti bene informate vicine alla trattativa di ieri, il passaggio dall’Efsf all’Esm comporta in effetti l’adozione di “regole diverse” che si riveleranno più stringenti per la Grecia. Sotto un profilo meramente procedurale, sarebbe stato più facile estendere il vecchio programma Efsf per aiutare la Grecia a superare il picco dei rimborsi di titoli di stato e prestiti Fmi in scadenza nelle prossime settimane. Il nuovo programma sotto il cappello dell’Esm, invece, parte in salita a causa delle inadempienze della Grecia relativamente agli impegni assunti e non rispettati nel Memorandum of Understanding firmato con l’Efsf.
Se da un lato l’annuncio del disco verde dei capi di Stato, atteso oggi, è uno sviluppo positivo per l’euro, l’Italia e per tutti i titoli di Stato nell’area periferica, dall’altro lato da domani i mercati inizieranno a chiedersi se e come la Grecia riuscirà a far fronte al pagamento dei 3,5 miliardi di titoli di Stato in scadenza il 20 luglio e detenuti dalla Bce. L’Esm non può concedere anticipazioni sulle somme da erogare in un nuovo programma di aiuti. L’Efsf invece probabilmente avrebbe potuto estendere una facility già aperta e in corso. La turbolenza della crisi greca, quindi, potrebbe continuare per settimane: la volatilità sul mercato dei titoli di Stato non si placherà.
Se il negoziato per il terzo programma di aiuti della Grecia dovesse essere confermato in avvio da domani, infine, il contagio dalla Grecia al quale l’Italia continua ad essere esposta potrebbe attenuarsi nel caso in cui la formula del sostegno finanziario riuscisse a garantire la sostenibilità del debito pubblico greco con una nuova rimodulazione di interessi e scadenze senza haircut. Anche se circoscritti ai creditori “official”, tanto il default sui titoli di Stato in scadenza quanto l’haircut sul vecchio debito sarebbero due eventi negativi per i mercati, almeno sul breve termine. Se default e haircut dovessero divenire due passaggi inevitabili per rimettere la crescita e il debito della Grecia sulla strada della sostenibilità, ed evitare Grexit, c’è da aspettarsi che i mercati pian piano se ne faranno lentamente una ragione.
Uno scenario incerto e prolungato sul fronte greco sarebbe infine dannoso per le prospettive di crescita già magre per l’Italia e l’Eurozona. Un’Europa perennemente litigiosa non può attrarre investimenti dai privati e dall’estero, dei quali non si può più fare a meno per rilanciare la crescita.
Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 12/7/2015

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TITOLI DI STATO
SE SI CONCLUDE L’ACCORDO –
La firma di un terzo pacchetto di aiuti alla Grecia, con rimodulazione del debito pubblico senza haircut, può avere un impatto molto positivo sull’andamento dei BTp sul breve termine, perché sgombra il campo per il momento dal rischio di uscita della Grecia dall’euro.
Positivo anche un accordo-lampo su un prestito ponte nel caso di tempi molto lunghi per arrivare alla firma del nuovo accordo.
Nel lungo termine, i mercati valuteranno se la Grecia tornerà a crescere e avrà così riconquistato la sostenibilità del debito pubblico e l’accesso ai mercati per rifinanziare il debito in scadenza; a questo si aggiungerà la scomparsa del rischio Grexit e del pericolo di reversibilità dell’euro e tutto questo avrà un impatto duraturo positivo sui BTp perché confermerà che vi sono più vantaggi che svantaggi nell’euro per un Paese europeo periferico.
I RISCHI CHE RESTANO
Il default sui titoli di Stato greci, sia pur temporaneo, sarebbe un evento negativo per i BTp. Se i tempi della firma del nuovo piano di salvataggio ESM dovessero sforare la data del 20 luglio (giorno in cui la Greca deve ripagare titoli di Stato in scadenza detenuti dalla Bce per 3,5 mld), solo un prestito-ponte potrà evitare il default.
Se il terzo pacchetto di aiuti alla Grecia dovesse comunque fallire, non garantendo il raggiungimento della sostenibilità del debito pubblico greco senza ulteriore haircut (questa volta sui creditori istituzionali official), i BTp ne risentirebbero negativamente, con aumento dei rendimenti e dello spread per effetto-contagio: i mercati puniranno gli Stati dell’euro con debiti troppo alti e crescita troppo bassa in quanto non assistiti adeguatamente ed efficacemente dai Partners nella zona dell’euro e dalle istituzioni e dagli strumenti d’intervento europei su debito e crescita.

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PRESTITI
SE SI CONCLUDE L’ACCORDO –
L’Italia ha assistito finora finanziariamente la Grecia in via diretta e indiretta. Direttamente con prestiti bilaterali e principalmente in via indiretta come garante dell’Efsf, come azionista della Bei e dell’Fmi e azionista tramite Banca d’Italia della Bce.
Lo scenario migliore è dato dal raggiungimento della sostenibilità del debito pubblico greco grazie al terzo pacchetto di aiuti senza haircut e il ritorno della solidità piena del sistema bancario greco. La rimodulazione del debito pubblico greco (differimento delle scadenze del rimborso del capitale e periodi di grazia per ritardare il pagamento degli interessi) è positiva per l’Italia : allevia il peso del debito pubblico in un momento in cui la Grecia ha bisogno di risorse per la crescita, senza il trauma dell’haircut.
Altro fattore positivo: il terzo pacchetto di aiuti accordato tramite Esm non aumenterà in prospettiva il debito pubblico dell’Italia, diversamente da quanto accaduto con gli Efsf-bond.
I RISCHI CHE RESTANO
Per l’Italia come creditore “official” della Grecia, lo scenario peggiore è dato dal fallimento di un terzo pacchetto di aiuti senza haircut sul debito.
Se la sostenibilità del debito pubblico greco dovesse essere ottenuta soltanto con la riduzione dello stock e l’haircut per i creditori istituzionali, allora l’Italia incorrerà in una perdita e i mercati ne saranno scossi.
Altro evento negativo è il default della Grecia sui titoli di Stato detenuti dalla Bce perché può provocare il collasso del sistema bancario greco: come conseguenza, è prevedibile che le perdite definitive sul bilancio della Bce, non sanabili attraverso i profitti dei bilanci delle banche centrali, debbano poi essere ripianate dagli Stati membri dell’Eurozona.
Un default della Grecia, senza uscita dall’euro, può comportare un perdita sul bilancio di Bei e Fmi e un esborso possibile a carico dell’Italia per sanare il buco.

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ECONOMIA REALE
SE SI CONCLUDE L’ACCORDO –
Per la fragile ripresa della nostra economia, l’accordo tra i creditori e il governo Tsipras equivale a un potenziale impatto positivo (e non solo via spread) per affrontare i restanti mesi del 2015 e soprattutto il 2016 con prospettive di crescita sulla carta più incoraggianti.
Al momento restiamo inchiodati nell’anno in corso a un modesto 0,7%, che dovrebbe consolidarsi nel prossimo anno per raggiungere quota 1,3-1,4 per cento. L’intesa rassicura i mercati, che per definizione reagiscono in modo negativo quando a prevalere è l’incertezza.
Una minore pressione sul fronte della spesa per interessi rende meno impegnativo il percorso di rientro dal deficit e dal debito, aprendo con ciò spazi potenziali per sostenere la crescita. Margini che potrebbero ampliarsi qualora i governi europei marciassero finalmente compatti in direzione del sostegno agli investimenti produttivi.
I RISCHI CHE RESTANO
La variabile greca compare tra le principali “variabili esogene” in grado di condizionare pesantemente l’andamento dell’economia italiana.
La lunghissima maratona negoziale tra i creditori e il governo Tsipras ha già di fatto contribuito a vanificare parte delle aspettative del governo di conseguire un tasso di crescita per l’anno in corso nei dintorni dell’1%, contro lo 0,7% stimato (“in via prudenziale” dal Def di aprile).
Ora l’impatto sulle principali variabili macroeconomiche, dopo l’esito dell’Eurogruppo di ieri a Bruxelles, è condizionato dall’effettiva possibilità da parte della Grecia di rispettare gli impegni assunti, in cambio di un terzo piano di salvataggio che comunque imporrà una strettissima sorveglianza da parte di Bce, Fmi e Commissione europea. Per l’Italia è in gioco la possibilità di centrare nel 2016 una target di crescita più sostenuto rispetto all’1,3-1,4% stimato in aprile.

Il Sole 24 Ore 12/7/2015