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 2015  luglio 13 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA GRECIA PIEGA LA TESTA


REPUBBLICA.IT
MILANO - Accordo fatto: la Grecia è sulla buona strada per avere il suo terzo piano di aiuti per uscire dalla crisi. Dopo l’indiscrezione del primo ministro belga Charles Michel, la conferma ufficiale è arrivata dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk: "L’Eurosummit ha raggiunto un’intesa unanime. Siamo pronti per partire con il programma di supporto finanzario del fondo Salva stati e riforme serie". Dopo oltre 30 ore di negoziati, 17 delle quali solo per un EuroSummit da record, il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, il premier greco Alexis Tsipras e il presidente del Consiglio europeo Tusk sono arrivati a convergere su un’intesa della quale, però, non sono ancora noti i dettagli.
Non è ancora finita, comunque, con la firma di oggi. "Domani e mercoledì il Parlamento greco dovrà legiferare" sui vari aspetti concordati oggi, "se tutto va bene entro la fine della settimana può essere deciso il mandato per negoziare il sostegno dell’Esm (il fondo salva-Stati, ndr)", ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, dopo il vertice. Proprio i ministri finanziari devono ora discutere di un prestito ponte per fornire subito liquidità alla Grecia, che il 20 luglio deve rimborsare 3,5 miliardi alla Bce. Il numero uno della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha cercato di ricomporre la frattura aperta durante le trattative, quando Tsipras aveva parlato di un tentativo di umiliare pubblicamente la Grecia con le richieste dei creditori: "In questo compromesso non ci sono né vincitori né sconfitti. Non penso che i cittadini greci siano stati umiliati, si tratta di un accordo tipicamente europeo", ha affermato Juncker.
Dal canto suo, Tsipras ha parlato di una "battaglia dura", nella quale la Grecia ha "lanciato un messaggio di dignità" ed è arrivata a un’intesa che mette Atene "nelle condizioni di stabilità finanziaria", per tornare a "lottare per la crescita". Il leader greco ha poi garantito che il peso delle riforme sarà ripartito "secondo criteri di giustizia sociale", e che questa volta ricadrà anche su coloro "che non hanno pagato con la crisi". Sempre in conferenza post-vertice, Merkel ha spiegato che "l’accordo raggiunto ha più vantaggi che svantaggi", che la strada resta "lunga e difficile" e che la fiducia verso Atene resta "da ricostruire". Per il premier italiano, Matteo Renzi, "è stata una nottata di grande impegno e anche di qualche tensione", ma è stato raggiunto "un accordo importante che in molti momenti della nottata non è apparso scontato". A chi chiedeva di un’Europa con la Germania sola al comando, Renzi ha notato: "La discussione è stata aspra e questa notte ha dimostrato il contrario".
Quanto ai contenuti tecnici, di nuovo Merkel ha precisato che si tratta di 86 miliardi. Una fetta da 25 miliardi permetterà di ricapitalizzare le banche, subito. L’ultimo scoglio da superare nella notte era rappresentato dal nodo sul Fondo fiduciario nel quale far conferire gli asset di Atene a garanzia degli aiuti. Si tratta di un veicolo fino a una cinquantina di miliardi di valore, che sarà basato in Grecia e vedrà una governance "con la presenza di esperti che verificheranno quali saranno i beni che meglio si prestano" allo scopo, ha spiegato Dijsselbloem. Sul possibile taglio del debito, Merkel ha aggiunto che un haircut sul valore nominale resta impossibile, ma si ragionerà su "possibili soluzioni di grazia per prolungare le scadenze, a patto che l’attuazione del programma sia positiva". Dopo le iniziali resistenze, la Grecia aveva accettato un ruolo attivo da parte del Fmi nella gestione del piano di salvataggio. La diplomazia ha comunque ammorbidito la posizione dei falchi che al termine dell’Eurogruppo chiedevano una resa incondizionata per mantenere Atene nella moneta unica.
Le condizioni chieste dai creditori sono integralmente contenute nell’accordo, a partire dalla pressione sul Parlamento greco per legiferare prima di aprire il portafogli. Ecco dunque che la palla torna in campo ellenico, dove si rischia di vedere un forte malumore per le condizioni strappate da Tsipras ai creditori e l’ala estrema di Syriza è pronta a far sentire la sua voce.
Grecia, sulle prime pagine molte critiche alla Germania
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Con le banche ancora chiuse e le possibilità di prelevare contanti limitate a 60 euro (visto che le casse degli istituti sono quasi vuoti), si registra la decisione della Bce sul piano di liquidità d’emergenza alle banche greche (Ela): secondo le indiscrezioni di mercato, è stato confermato il tetto a 89 miliardi tenuto negli ultimi giorni da Mario Draghi, che era in attesa degli sviluppi politici. La situazione, quindi, sembra esser giudicata come interlocutoria; gli sportelli dovranno ancora attendere prima di riaprire, come hanno confermato fonti elleniche del ministero delle Finanze. La chiusura, iniziata il 28 giugno, sarebbe dovuta terminare domani.

La Bce non alza la liquidità d’emergenza per le banche greche. La Bce ha deciso di lasciare invariati, a 89 miliardi circa, i fondi di emergenza a disposizione del sistema bancario ellenico attraverso il canale Ela (Emergency liquidity assistance). Lo ha confermato un portavoce dell’Eurotower. I fondi che la Bce concede alla banca di Grecia per sostenere il sistema bancario locale e i cui rischi relativi rimangono a carico della Banca centrale ellenica, dopo diversi aumenti per fare fronte alla crescente crisi di liquidità in Grecia, sono stati congelati a 89 miliardi il 28 giugno in attesa dell’esito dei negoziati.

La verità di #Varoufakis . "Quando Bce ha chiuso banche, Io volevo valuta parallela e stop a pagamento debiti" #Grexit twitter.com/yanisvaroufaki…

@atsipras si è anche tolto la giacca durante #eurosummit per darli ai creditori: Grecia non sa più cosa offrirvi. #grexit

REPUBBLICA.IT
MILANO - L’EuroSummit più lungo della storia ha definito un’intesa tra la Grecia e i creditori, per attuare riforme in cambio di un terzo programma internazionale di aiuti. Ecco i punti cardine del vertice.

Il valore. Angela Merkel ha precisato che si tratta di un accordo per arrivare a definire un piano di aiuti da 86 miliardi in tre anni, erogati dall’Esm (European stability mechanism, il fondo salva-Stati). Dijsselbloem ha aggiunto che l’accordo permetterà di ricapitalizzare le banche greche con 25 miliardi di euro, fin da subito. Sul piatto ci sono anche i 35 miliardi di investimenti Ue, legati al piano Juncker della Commissione Ue e che Bruxelles si è impegnata a sbloccare in tempi rapidi.

Il documento

Marcia forzata per le riforme. Due giorni: entro mercoledì il Parlamento di Atene dovrà aver approvato le riforme concordate con i creditori, allora partirà la messa a punto tecnica dell’intervento dell’Esm, il fondo salva-Stati che erogherà direttamente gli aiuti alla Grecia. Si tratta in particolare di sei capitoli di riforma, i cui capisaldi sono la modifica delle aliquote Iva e la riforma del sistema pensionistico con l’abolizione delle baby-pensioni. Nel novero ci sono anche i tagli di spesa e gli incrementi della tassazione per alcune categorie particolari (armatori e isole). Ad Atene si chiede ancora di rendere legalmente indipendente l’Istituto di statistica, e c’è il richiamo al pieno rispetto del Patto di Stabilità, con l’introduzione di sostanziose clausole di salvaguardia in caso di deviazione dagli obiettivi di avanzo primario. Sulle riforme, ci sarà la sorveglianza dei creditori internazionali.

Altre riforme sono da mettere nel mirino per il prossimo mercoledì (22 luglio) e riguardano il codice civile, e l’implementazione della direttiva sulla risoluzione delle banche (quella che disciplina i fallimenti) con l’aiuto della Commissione europea.

Il calendario. L’Eurosummit dice chiaramente che una volta approvato il primo lotto di riforme, si potrà far partire il negoziato per un nuovo memorandum of undestanding (MoU, il piano di salvataggio dell’Esm). A quel punto, l’accordo definitivo dovrà passare anche da quattro Parlamenti nazionali (Germania, Finlandia, Olanda ed Estonia), per le cui leggi è necessario un passaggio d’approvazione a livello nazionale.

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Le riforme strutturali. Oltre all’approvazione immediata di misure urgenti, perché il MoU venga ritenuto valido l’EuroSummit ha messo nero su bianco che vuole un forte impegno a riforme ampie che risanino il sistema economico e i saldi di finanza pubblica greci, fortemente compromessi dall’ultimo periodo di crisi. Entro il prossimo ottobre bisogna affrontare il nodo del sistema pensionistico (una sentenza della Consulta greca del 2012 ha generato un buco economico); aprire i mercati con un piano di liberalizzazioni (dai traghetti alle farmacie); privatizzare la rete elettrica o trovare misure alternative concordate; rivedere la contrattazione collettiva e allineare il mercato del lavoro agli standard europei; migliorare il sistema finanziario, in particolare per quanto riguarda la gestione dei non-performing loans (i crediti incagliati) e la governance delle banche. Entro il 20 luglio si aspetta anche un piano per la riforma della Pa greca, nell’ottica di una sua maggiore indipendenza dalla politica.

Il fondo per la fiducia. I creditori hanno ottenuto da Atene la creazione di un fondo nel quale far confluire asset ellenici, da valorizzare fino a 50 miliardi di euro. Questi dovranno servire a ripagare il pacchetto di aiuti dell’Esm: è un piano di privatizzazioni forzato. Sarà un fondo basato ad Atene (e non in Lussemburgo, come sembrava in un primo momento), con un board di gestione da parte di esperti greci, sotto la supervisione delle istituzioni europee. L’EuroSummit ha chiarito che i proventi dalla gestione di questo fondo saranno diretti per 25 miliardi alla ricapitalizzazione del sistema bancario: sembra dunque che le banche prenderanno i fondi dall’Esm e questi verranno restituiti con i proventi delle privatizzazioni. "Il 50% di ogni euro restante (quindi 12,5 miliardi) verrà utilizzato per la riduzione del debito e l’altro 50% (altri 12,5 miliardi) per gli investimenti".

La Troika 2.0. Nel testo dell’EuroSummit si chiarisce che il governo greco dovrà "consultarsi e accordarsi con le istituzioni europee su tutti i disegni di legge nelle aree sensibili, con il giusto anticipo prima che queste vengano sottoposte all’attenzione pubblica o al Parlamento. Alla Commissione Ue è demandato il compito di coordinare il supporto tecnico da fornire alla Grecia per arrivare al programma Esm entro il 20 luglio. Nel documento si legge anche della richiesta di una marcia indietro a Tsipras: deve annullare le misure adottate in disaccordo con quanto stabilito il 20 febbraio scorso, ad eccezione di quelle mirate a contrastare la "crisi umanitaria" dovuta alle difficoltà economiche dei greci.

L’accenno al debito. Il tema del taglio del debito è stato a lungo il vero terreno di scontro. Alla fine, il documento riconosce che "l’Eurogruppo è pronto a considerare possibili misure addizionali (grazia e periodi di pagamenti più lunghi) per assicurare che le necessità di finanziamenti lordi restino a un livello sostenibile". Insomma, nessuna sforbiciata ma un lavoro di ri-scadenziamento degli impegni greci. Ciò però è condizionato "alla piena attuazione delle misure concordate e sarà considerato dopo la prima verifica" dell’attuazione del programma.

Il prestito ponte. All’attenzione dell’Eurogruppo c’è ora il supporto finanziario immediato necessario ad Atene per non fare default: il 20 luglio deve restituire 3,5 miliardi circa alla Bce e le esigenze di cassa (per pagare stipendi e pensioni) sono stringenti. Si parla di un possibile prestito ponte da 7 miliardi entro il 20 luglio, poi altri 5 miliardi per agosto.

SYRIZA
ATENE. Eccolo qui il dramma servito sul piatto, quando la realtà ti costringe a fare delle cose che fino a ieri combattevi a muso duro. Il risveglio di Syriza dopo l’accordo lacrime e sangue portato a casa da Alexis Tsipras ha una certezza: il partito, salvo miracoli, è destinato a spaccarsi in due. A pochi minuti dall’annuncio dell’accordo, infatti, il ministro dell’Energia e leader della sinistra interna Panagiotis Lafazanis ha definito l’intesa "umiliante" e ha pronosticato elezioni anticipate nel giro di qualche mese.

"Ma cosa gli andiamo a dire ai nostri compagni e a quelli che ci hanno votato? Cosa? Come glielo spieghiamo?", ragiona un esponente di Syriza e della sua maggioranza interna. Il Comitato centrale non è stato ancora convocato, intanto domani si riunisce la segreteria del partito. Il contraccolpo psicologico del giorno dopo è durissimo, perché è evidente che la vittoria del referendum è stata pagata a caro prezzo sul tavolo delle trattative. Adesso il fronte ribelle si allarga, e non è più confinato nei margini della minoranza della "Piattaforma di sinistra". Ci sono due pezzi da novanta con i quali Tsipras dovrà fare i conti: l’ex ministro Yanis Varoufakis, che - come da tradizione - ha spiegato senza troppi giri di parole che lui un piano B ce l’aveva in mente ma poi il premier ha scelto un’altra strada; e la presidente della Camera, anche lei amatissima dalla base, Zoe Konstantopoulou, che già nella notte tra venerdì e sabato intervenne per dire che si sarebbe astenuta all’accordo che Tsipras sarebbe andato a presentare a Bruxelles, assai più leggero di quello accettato stanotte.

Secondo uno dei portavoce del governo, Nikos Fillis - è nel club dei pretoriani di Tsipras e direttore del giornale del partito Avgì - i contrari dovevano votare direttamente no e poi dimettersi. C’è una manovra esterna in corso tutta mirata a far cadere il governo di Syriza e bisogna restare compatti, anche votando l’impossibile, è la linea. Un pragmatismo forse necessario ma che, stavolta, difficilmente passerà. Per Tsipras non sarà facile neanche convincere l’alleato di governo della destra di Anel, Panos Kammenos. Il ministro della Difesa era riuscito (contro ogni previsione) a tenere unito il suo partito; nelle dichiarazioni di voto aveva proferito ogni male del compromesso da proporre alla Ue, spiegando però di temere un conflitto interno al Paese capace di sfociare in una guerra civile.

Una

scissione alle porte? Una notte dei lunghi coltelli dentro Syriza? I prossimi due giorni sono decisivi, ma forse - come spiegava un editoriale di Kathimerini - alla fine Tsipras tra la (possibile) salvezza del Paese e quella del suo partito ha scelto la prima.