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 2015  luglio 12 Domenica calendario

«Non ho paura del Grexit e neanche delle altre minacce che ci vengono fatte. Ho paura solo di una cosa

«Non ho paura del Grexit e neanche delle altre minacce che ci vengono fatte. Ho paura solo di una cosa. Delle divisioni del nostro popolo e della guerra civile. I Greci non sono pronti ad affrontare una cosa del genere». Parola di Pànos Kammènos, ministro della difesa di Atene Alexis Tsipras ha avuto mandato dal parlamento di Atene di trattare con i creditori per l’accordo finale, con il sì di 251 deputati su un totale di 300. All’interno di Syriza, tuttavia, due deputati hanno espresso voto contrario, otto si sono astenuti, che equivale ad un “no”, mentre altri sette, tra cui l’ex ministro delle finanze Janis Varoufakis, non hanno preso parte alla votazione. La luce verde, quindi, è arrivata grazie al sostegno dei socialisti, del centrodestra di Nuova Democrazia e del nuovo partito di centro “Il Fiume”. Panajòtis Lafazànis, il cinquantaquattrenne ministro per il riassetto produttivo non ha approvato le proposte presentate all’ex Troika dal governo di Atene e la stessa scelta è stata fatta, tra gli altri, dalla presidente del parlamento Zoì Konstantopoùlou, considerata una delle passionarie di Syriza. Una delle sue prime decisioni è stata quella di istituire una commissione di inchiesta sul debito, la quale è arrivata alla conclusione che parte di quanto viene richiesto alla Grecia, è frutto un debito «odioso» e illegittimo. La Konstantopoùlou, domenica scorsa, era stata tra le prime a scendere a festeggiare tra la gente la vittoria del no al referendum, in una pizza Syntagma gremita. PAESE SOTTO TUTELA «Ho espresso la mia totale contrarietà a una proposta che rischia di far rimanere il mio paese sotto tutela. Sostengo il governo ma non un programma di austerità, la destrutturazione neoliberista e le privatizzazioni», ha spiegato Lafazànis. Ex membro del partito comunista Kke, oppositore della dittatura dei colonnelli e tra i fondatori di Syriza, non vuole essere accusato di aver dimenticato le promesse elettorali. Ripete che ci vuole un totale superamento della logica dei memorandum di austerità, i tanto criticati e vituperati «mnimonia». I portali di informazione greci fanno la cronaca di quella che viene definita «una riunione fiume, a tratti tempestosa, anche con dei toni di drammaticità». Pànos Kammènos, leader dell’alleato di governo conservatore di Syriza e ministro della difesa, nel corso del suo intervento ha sottolineato, senza usare giri di parole: «Non ho paura del Grexit e neanche delle altre minacce che ci vengono fatte. Ho paura solo di una cosa. Delle divisioni del nostro popolo e della guerra civile. I Greci non sono pronti ad affrontare una cosa del genere». Da parte sua, Alexis Tsipras ha spiegato di aver fatto «tutto ciò che poteva» per giungere ad un accordo il più positivo possibile, aggiungendo che il parlamento greco si è espresso «con un voto che interpella la coscienza e lo spirito di responsabilità nazionale». Poco dopo, il neoministro della finanze Efklìdis Tsakalòtos, ha voluto mandare un messaggio distensivo proprio a Kammènos, chiarendo che nei tagli alle forze armate si parla di riduzione delle spese per gli armamenti e degli stipendi del personale «ma nessuno dice in quale percentuale dovranno essere fatti». Il messaggio, quindi, è: cercheremo di evitare ulteriori riduzioni agli stipendi dei militari e delle forze di polizia. Certo, non poteva sfuggire al quarantunenne leader greco che 17 deputati del suo partito non hanno fornito il loro appoggio. «Ora la priorità assoluta è costituita dal raggiungimento dell’accordo, di tutto il resto ci occuperemo a tempo debito», ha dichiarato subito dopo la fine della votazione. Quali i possibili sviluppi? Il più probabile, al momento, sembra un rimpasto di governo che andrebbe ad escludere gli esponenti della “Piattaforma di sinistra” contrari all’accordo, primo fra tutti Lafazànis. Si tratterà di vedere, tuttavia, cosa succederà a partire dalla prossima settimana, sempre in Parlamento, quando si terrà una nuova votazione per l’approvazione dell’accordo definitivo. Come anche al momento di votare i decreti attuativi, che riguarderanno –dettagliatamente- tutte le misure pattuite a Bruxelles. L’exit strategy più immediata dell’esecutivo ellenico, a quanto filtra, è di chiedere un voto di fiducia entro la prossima settimana, in modo di cercare di far serrare le fila alla maggioranza. 74 MIIARDI Tsipras, inoltre, porrà l’accento sui 74 miliardi di euro di aiuti previsti dal nuovo accordo, e su quella che ad Atene è vista come una concreta prospettiva di ristrutturazione del debito, malgrado le resistenze tedesche. Se, tuttavia, la minoranza di sinistra dovesse continuare a valutare negativamente l’accordo, secondo la maggior parte degli analisti politici lo sviluppo più probabile è il ricorso ad elezioni anticipate nell’autunno prossimo. Le altre strade sono impervie e, realisticamente, poco praticabili. Tanto il centrodestra di Nuova Democrazia, quanto i centristi del Fiume, non vedono di buon occhio la tassazione delle classi più abbienti, e neanche quella degli oligarchi, quindi ogni possibile collaborazione sembra molto difficile da realizzare. I socialisti, poi, dovranno prima risolvere i propri contrasti interni. Tsipras sa di avere un forte carisma personale, come confermato dal recente referendum, e, se necessario, lo userà anche per un nuovo ricorso alle urne. Bisognerà vedere, certo, quali saranno gli sviluppi all’interno di Syriza. Alla minoranza di sinistra conviene andare allo scontro frontale? Il rischio è che si rovi schiacciata tra le posizioni più realistiche del primo ministro greco, ed le posizioni del partito comunista ortodosso Kke, che è comunque, da sempre, contrario a qualunque tipo di accordo. Il governo di Atene riuscirà a dimostrare che l’accordo non porta nuova recessione,ma che l’assoluta priorità, sono la crescita e l’occupazione? Questo sarà- quasi certamente- il punto fondamentale da cui dipenderà ogni sviluppo futuro.