Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 12/7/2015, 12 luglio 2015
ATTACCO HACKER, LA PISTA DELLO STATO
«AMICO» –
ROMA L’attacco contro «Hacking Team» potrebbe essere stato pianificato da un gruppo di criminali informatici finanziato da uno Stato estero. Un Paese che potrebbe anche essere «amico» dell’Italia.
È questa l’ipotesi che sembra prevalere nell’indagine sull’intrusione ai sistemi della società milanese che una decina di giorni fa ha provocato la perdita di migliaia e migliaia di dati sensibili. Anche se tutte le piste rimangono aperte, compresa quella di un’azione pianificata da un’azienda rivale. E adesso, all’interno degli apparati di sicurezza, sono in molti a paventare il peggio. Perché con il trascorrere dei giorni diventa sempre più alto il timore che la pubblicazione di numerosi files interni all’azienda — mail e comunicazioni tra i dipendenti oltre a contratti e fatture con istituzioni italiane ed estere — sia soltanto l’inizio, mentre il vero obiettivo dell’azione si potrà comprendere quando la situazione apparirà più tranquilla. Ma anche perché dopo quanto accaduto bisognerà verificare la solidità e la trasparenza dei rapporti di collaborazione gestiti a livello governativo e soprattutto tra apparati di intelligence . Non solo. Secondo i primi dati acquisiti sono almeno una cinquantina le inchieste avviate nelle Procure di tutta Italia «bruciate» perché gli indagati hanno scoperto di essere sotto controllo.
Il blocco delle reti
La paura più forte riguarda il possibile blocco di alcuni settori strategici per il Paese. Per questo tutti gli Enti e le ditte private che gestiscono servizi pubblici sono state allertate e hanno potenziato i controlli. Misure preventive che comunque non consentono di escludere l’eventualità di un blackout . E dunque c’è massima allerta per tutti i possibili obiettivi dei terroristi, nel timore che possano rimanere «scoperti» sia pure per poco tempo. E si tengono sotto stretta osservazione le linee di comunicazione proprio per evitare conseguenze ben più gravi di quelle già provocate. La preoccupazione non riguarda solo azioni eclatanti, ma anche atti apparentemente dimostrativi che però potrebbero indebolire la tenuta dei sistemi.
Le fonti degli 007
Il furto dei «codici sorgente» ha certamente esposto, soprattutto sul piano internazionale, l’Aise — l’Agenzia per l’informazione e la sicurezza esterna — che utilizzava i sistemi messi a disposizione da «Hacking Team». Dieci giorni fa i vertici di Forte Braschi sono stati avvisati di quanto accaduto e hanno cercato di proteggere i propri dati ma ancora non è possibile sapere quante e quali informazioni siano finite in mano ai «pirati». Certamente sono ormai state svelate le identità di numerose «fonti» o di agenti di servizi segreti stranieri, resi noti alcuni indirizzi di «copertura», conosciuti i memorandum e i report su attività di livello massimo di segretezza. Un attacco senza precedenti che potrebbe essere stato finanziato da uno Stato «amico» danneggiato dai recenti scandali che hanno svelato l’attività illecita compiuta dalle agenzie governative, oppure per interrompere i rapporti di «Hacking Team» con alcuni governi ritenuti «canaglia». Una resa dei conti che potrebbe avere, dunque, esiti imprevedibili.
Gli intercettati
La polizia postale continua ad effettuare controlli e verifiche, pur nella consapevolezza che potrebbero esserci numerose «interferenze» da parte di chi cerca di nascondere la reale natura dei propri rapporti con «Hacking Team» e non soltanto per motivi inconfessabili. La società milanese lavorava infatti costantemente con gli 007, ma anche con le forze dell’ordine. Per conto di carabinieri, polizia e Guardia di Finanza gestiva buona parte dell’attività legata alle intercettazioni di telefoni e computer grazie ad apparecchiature sofisticate che consentono anche di «leggere» e scaricare tutti i dati, compresi quelli scambiati con tecnologie apparentemente impenetrabili come WhatsApp. I magistrati hanno ordinato la sospensione dei controlli, ma secondo le verifiche effettuate sinora numerose persone hanno scoperto di essere sotto inchiesta: gli antivirus hanno fatto scattare gli «allert» rivelando così che smartphone e pc erano intercettati e il danno provocato alle indagini in corso in alcuni casi sembra irreparabile.