Guido Santevecchi, Corriere Economia 13/7/2015, 13 luglio 2015
TERRE RARE, OMBRE CINESI. MA IL PRIMO CRAC È AMERICANO
Si chiamano Terre rare, ma non sono propriamente terre e nemmeno così rare. Però sono al centro di una battaglia commerciale spietata e hanno causato diverse vittime nell’industria.
Per Terre rare si intendono 17 elementi dai nomi esotici come lantanio, europio, erbio, lutezio, che vengono impiegati nella produzione di apparecchiature ad alta tecnologia, dai motori per auto ibride ai superconduttori, ai magneti, agli smartphone, alle fibre ottiche per sistemi di difesa militare. Elementi strategici, dunque. Ma la qualifica di «rari» era stata coniata quando era difficile separare gli elementi dai minerali nei quali sono concentrati: con il progresso scientifico il procedimento di estrazione è diventato comune, anche se a costo anche di grave inquinamento ambientale.
Manovre
Ad oggi, depositi consistenti di Terre rare sono stati scoperti in almeno 35 Paesi e regioni del mondo; le riserve vengono stimate in 130 milioni di tonnellate: oltre il 40% concentrate in Cina. Fino al 2009 le miniere della Repubblica Popolare producevano il 97% di questi elementi essenziali per l’industria mondiale ad alta tecnologia. Allora Pechino cercò di imporre un tetto all’esportazione, ufficialmente per contrastare l’estrazione illegale e l’inquinamento in regioni devastate come la Mongolia interna, in realtà per dare un vantaggio ai suoi produttori di elettronica, soprattutto a danno dei concorrenti giapponesi. La mossa protezionista di Pechino era anche un modo per trasformare la ricchezza di risorse naturali in peso politico. I prezzi delle Terre rare si moltiplicarono, rivalutandosi fino al 2.400%.
La strategia cinese scatenò una corsa internazionale agli investimenti nel settore minerario, in particolare negli Stati Uniti e in Australia. E come sottoprodotto, la manovra ha provocato in Cina un enorme traffico di contrabbando.
La battaglia politico-commerciale contro le restrizioni cinesi all’export è stata combattuta dal punto di vista legale fino nelle stanze della Wto (World Trade Organization); sul campo industriale, come detto, ha fatto vittime.
Caduti
Il caduto più importante si chiama Molycorp, gruppo minerario della California. Promettendo di estrarre tutte le Terre rare necessarie agli Stati Uniti dal suo impianto di Mountain Pass, la Molycorp si quotò a Wall Street nel 2010 e fu un boom: le azioni offerte a 14 dollari si impennarono fino a 79 dollari nel 2011, quando per un chilo di lantanio si pagavano 73 dollari.
La corsa dei prezzi però ha stimolato anche l’innovazione tecnologica: la Toyota per esempio ha sviluppato una batteria senza elementi rari. Sul mercato si sono affacciati altri fornitori, come la Groenlandia che due anni fa ha deciso di sfruttare il fenomeno dello scioglimento progressivo dei ghiacci artici per offrire a una società australiana l’estrazione di Terre rare dal suo sottosuolo: i groenlandesi sperano di ricavare 40 mila tonnellate all’anno, il 22% del fabbisogno mondiale. Quindi, una scossa geopolitica capace di togliere il quasi monopolio a Pechino.
La competizione mineraria con i cinesi, il contrabbando tollerato da Pechino, hanno fatto crollare i prezzi fino a 9 dollari al chilo. Il mese scorso il titolo della Molycorp valeva solo 9 centesimi di dollaro: la società ha portato i libri in tribunale. Un caso di scuola di vittima da bolla speculativa.
La partita però non è finita. Gli analisti dicono che un soccorso inatteso alla tenuta dei prezzi (e forse alla sopravvivenza della Molycorp) sta arrivando proprio dalla Cina. Qualche settimana fa i giornali di Qingdao, un bel porto nella provincia orientale dello Shandong, hanno riportato la notizia dell’arresto di cinque persone coinvolte nel traffico clandestino di Terre rare per un valore di 18 milioni di dollari in pochi mesi. Le miniere illegali esportano fino a 40 mila tonnellate di Terre rare cinesi ogni anno, rispetto a una produzione ufficiale di 105 mila tonnellate e un export di 28 mila tonnellate controllato dallo Stato.
Letta la notizia, David Abraham, direttore del «Technology, Rare and Electronics Material Center», ha detto alla Associated Press: «Sembra un paradosso, ma oggi Pechino sostiene la Molycorp e se le autorità cinesi ridurranno il mercato nero il prezzo dopo il crollo ridando ossigeno alle miniere come quella della California».
Un altro segnale positivo per il futuro del mercato delle Terre rare viene dalle nuove applicazioni che questi elementi stanno trovando per la produzione di materiali ingegneristici avanzati. Gli analisti hanno rilevato che il principale ostacolo allo sfruttamento più intensivo viene proprio dalla instabilità della catena di approvvigionamento: significa che se i cinesi cominceranno a seguire le regole, il lantanio, il promezio, il samario e gli altri 14 fratelli della famiglia torneranno a splendere.