Alessandro Pasini, Corriere della Sera 11/7/2015, 11 luglio 2015
«NELLA MIA DUCATI CI SONO FERRO E FANTASIA»
DAL NOSTRO INVIATO SACHSENRING Dietro una grande moto c’è sempre una grande mente. Quella della nuova Ducati si chiama Gigi Dall’Igna, 49 anni, due figlie, veneto di Schio. Da neolaureato in ingegneria ha lavorato con la Ferrari, poi è passato alle moto e ha fatto la storia con Aprilia. Ora ci sta riprovando con la Rossa. La partenza è stata ottima, «ma non saremo soddisfatti finché non avremo centrato l’obiettivo dell’anno: una vittoria».
Ciò che ha stupito è stata la rapidità della svolta.
«Certe cose o escono subito bene o difficilmente le raddrizzi. Ha aiutato la base tecnica e umana del reparto corse».
Così in Qatar, pronti via, 2° posto con Dovizioso. Lei lì ha avuto reazioni poco da ingegnere...
«Be’, c’è anche l’uomo... E ho pure sperato nella vittoria».
Claudio Domenicali, a.d. di Ducati, ha esaltato la sua lucidità nel «prendere e tenere le idee buone che c’erano».
«L’errore più comune dei progettisti è buttare via tutto ciò che c’era prima, pensando che solo le proprie idee siano quelle giuste. Sbagliato. Io come capo non devo solo dare le idee ma tirarle fuori da tutto il gruppo, dagli ingegneri come dai meccanici».
Un progettista di moto quanto è artista?
«La fantasia è fondamentale. Serve guardare oltre il pezzo di ferro, immaginare. In questo essere italiani aiuta».
Ha ridato alla Ducati la gioia di curvare. Ma è vero che l’ha «giapponesizzata»?
«Per niente, dentro ci sono tante idee europee. Questa è una vera Ducati».
Dovizioso e Iannone, una bella coppia.
«La squadra perfetta: la loro differenza è un valore, perché io non cerco mai una moto che funzioni solo per un pilota».
I due Andrea in una parola?
«Iannone è la fantasia, Dovi l’analiticità».
Ma è vero che gli ingegneri ascoltano i piloti solo per fare il contrario?
«Una buona battuta. In realtà, io devo trovare nei dati e nella tecnologia il racconto del pilota, capirlo e agire. Dunque sì, gli diamo retta...».
Che cos’avrebbe fatto Rossi con questa Ducati?
«Difficile dirlo. Il pilota è il terminale di un lavoro di gruppo. Io ora guardo ciò che ho. Ed è il massimo».
Il suo passaggio dall’Aprilia alla Ducati è stato quello di una bandiera che passa al nemico...
«Umanamente è stata dura, c’è voluta anche un po’ di follia. Ma sono felice della scelta».
Su che cosa si fonda la famosa diversità Ducati?
«Coinvolgimento, spirito di appartenza, storia. E lo capisci solo vivendolo. Se io non fossi andato al Wdw (il raduno ducatista a Misano, ndr ) non avrei mai colto la potenza di questo marchio. È come la Ferrari».
Ai tempi della tesi lei collaborava con Maranello.
«Sono un amante della tecnica, avrei voluto fare il fisico ma non mi ritengo abbastanza intelligente... Affascinato dalle corse, pensavo alle auto. Poi la vita mi ha portato qui».
Poteva scoprire pianeti, è finito a inventare moto.
«E mi va benissimo così».
Quando arriverà la famosa prima vittoria Ducati?
«Lavoriamo per andare veloci ovunque. Non c’è una pista buona, perché vorremmo lo fossero tutte».
E quando la Ducati sarà da Mondiale?
«Per ora pensiamo a vincere una gara. Poi ne riparliamo».