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 2015  luglio 13 Lunedì calendario

ATENE - La lunga notte di Tsipras - se mai ci sarà un accordo - continuerà con un lunghissimo giorno ad Atene

ATENE - La lunga notte di Tsipras - se mai ci sarà un accordo - continuerà con un lunghissimo giorno ad Atene. Se a Bruxelles il premier ha dovuto fare i conti con i durissimi diktat di Wolfgang Schaeuble e della Ue, a casa troverà un partito diviso un governo da reinventare e alcune scelte difficilissime da fare. Il paese e i quadri di Syriza hanno seguito fino all’alba in diretta tv l’evoluzione dei negoziati: "Non hanno nemmeno il coraggio di buttarci fuori dall’euro - il mantra di quasi tutta la Grecia -. Vogliono solo uccidere il nostro paese cercando di fare passare la tragedia come un suicidio". Il primo dilemma di Tsipras, quello che sta cercando di risolvere in queste ore decisive, è se accettare o meno una medicina molto più amara di quella che ha rifiutato due volte lui, una a febbraio dopo le elezioni e l’ultima alla vigilia del referendum, e una i suoi cittadini che al 61% hanno respinto alla consultazione referendaria un compromesso che - a confronto con quello sul tavolo oggi - era una passeggiata di salute. Se rifiuterà l’intesa-capestro, la soluzione è semplice e drammatica assieme: partirà il meccanismo della Grexit, Atene abbandonata al suo destino stamperà una nuova moneta e pagherà un costo sociale ed economico durissimo. Quel che resta della Ue accenderà un cero, sperando di esorcizzare così il rischio dell’effetto contagio. Se accetterà, avrà davanti a sé 72 ore da brividi per far passare in Parlamento le riforme chieste dalla ex Troika. Il primo dilemma è se a gestire questo passaggio sarà lui. E’ chiaro che la Ue spinge per un cambio di Governo. "Il rapporto di fiducia non c’è più", ripetono in queste ore i leader del Vecchio continente. Bruxelles sogna un esecutivo di unità nazionale, costruito sulla maggioranza bulgara (251 voti su 300) dell’ultimo voto che ha dato mandato a Tsipras di chiudere le trattative. Il sogno dei creditori, con buona pace della democrazia, è un premier tecnico come l’ex governatore della banca centrale della Grecia Giorgos Provopoulos o l’attuale Yanis Stournaras. Una sorta di commissario incaricato di gestire la ristrutturazione del paese teleguidata da Berlino. Un’ipotesi che tutti i cittadini greci, anche quelli che non hanno votato Tsipras, vedono come un colpo di stato e che rischia di avere conseguenze difficili da gestire sulla piazza. Cosa farà allora Tsipras? Si dimetterà o proverà a governare il paese anche dopo lo schiaffo di queste ore? Se sceglierà quest’ultima strada non ha scelte. Per prima cosa, dicono sotto il Partenone, silurerà dal governo i ministri ribelli dell’ala radicale aprendo di fatto la crisi anche all’interno di Syriza. Poi si presenterà in Parlamento entro dopodomani per far approvare le riforme. Con i voti dell’opposizione di Nea Demokratia, Pasok (le due formazioni che hanno portato il paese nel baratro) e To Potami, irritualmente consultati al riguardo in queste ore a Bruxelles. Questi tre partiti hanno insieme 106 voti. Quindi al premier basterebbe conservare 45 voti dalle file del suo partito (su 149) per avere l’ok. Chiaro però che dopo un voto di questo genere, e per mandare avanti i piani di riforma in aula, questa maggioranza anomala dovrebbe consolidarsi in un governo di unità nazionale completamente nuovo. Con il compito di approvare le norme, sbloccare gli aiuti, riaprire le banche e poi riportare il paese ad elezioni. Il percorso sarebbe lo stesso se Tsipras non accettasse di rimanere al suo posto ma garantisse il voto del partito. In quel caso si nominerebbe un nuovo premier - chi è difficile dirlo, qualcuno ha parlato di Yanis Dragasakis, la colomba di Syriza - ma il copione, se il partito metterà a disposizione i suoi voti, per il resto sarebbe identico. Restano aperti ancora molti interrogativi. Come reagirà la piazza di Atene (i rischi di ordine pubblico ci sono), come sarà la Syriza 2.0 che nascerà dopo la rottura di queste ore. E soprattutto chi vincerà alle elezioni quando, ormai a tutti pare inevitabile, ci si tornerà in tempi non stretti. Tsipras, schiaffeggiato in Europa, gode di grandissima popolarità in patria e il suo partito nei sondaggi sfiora il 40%. Buona parte dell’opposizione è fatta ancora dalle vecchie facce che in 40 anni hanno aperto una voragine nei conti dello stato (e potrebbero allearsi in in un fronte elettorale pro euro). In agguato, convitato di pietra, c’è Alba Dorata. "Fallirà Syriza, poi arriveremo noi", dicono da mesi. Tutti sperano che non accada davvero.