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 2015  luglio 13 Lunedì calendario

Nel 2010 il Financial Times lo aveva incoronato miglior ministro economico europeo, e in particolare gli riconosceva la capacità di opporsi a chiunque, all’interno del proprio Paese, volesse dividere l’Unione e frantumarne i confini

Nel 2010 il Financial Times lo aveva incoronato miglior ministro economico europeo, e in particolare gli riconosceva la capacità di opporsi a chiunque, all’interno del proprio Paese, volesse dividere l’Unione e frantumarne i confini. Prima del caso greco, Wolfgang Schäuble era per tutti il ministro che aveva riportato Berlino al pareggio di bilancio e, prima ancora, l’architetto della riunificazione tedesca al fianco di Helmut Kohl e uno dei politici che contribuì alla realizzazione del progetto europeo. Settantadue anni, tre figlie femmine e un figlio maschio, rigorosamente protestante e con una formazione da giurista, nel 1990 fu colpito da tre proiettili esplosi da uno psicolabile e da allora è costretto su una sedia a rotelle. Da lì ha continuato a dedicarsi alla politica con impegno strenuo e con una tenacia di ferro: lo descrivono pignolo, severo, ma anche capace di ascolto e forte di un’esperienza politica che in pochi, all’interno dell’Unione, possono vantare. Come è stato possibile che quell’uomo oggi sia diventato per tutti un politico «crudele», «spietato», il ritratto stesso della peggiore tedeschità? Per tentare una risposta bisogna riandare al 1° settembre del 1994, quando durante il semestre di presidenza tedesca, Schäuble, allora in veste di presidente del gruppo parlamentare della Cdu/Csu, presentò insieme a Karl Lamers le sue “Riflessioni sulla politica europea”. In quell’occasione furono delineati i presupposti per un’Europa a più velocità, il cui fine non era tanto tracciare un confine tra buoni e cattivi come alcuni ebbero modo di osservare, ma di procedere per passi verso un’Europa politicamente più forte, capace di dar vita a una sola politica fiscale ed economica. «Altrimenti - si legge nel documento di Schäuble-Lamers - l’Unione si limiterà ad una cooperazione intergovernativa favorevole ad una ‘Europa alla carta’». Alla Germania spettava il compito di apripista e di testa di ponte per le iniziative che avrebbero dovuto strutturare la nuova Unione, e subito seguivano Francia, Belgio e Olanda. Procedendo su quella strada si è arrivati alla moneta comune e all’allargamento a ventotto Paesi - e sempre sotto questa lente va letta la resistenza tedesca di allora ad accettare l’ingresso dell’Italia nell’euro - mentre non si è riusciti ad avanzare se non stancamente e in modo disordinato sul fronte dell’auspicata unità politica. Ecco, è come se oggi Schäuble fosse di nuovo tentato dal sogno di un’Europa a più velocità, dove l’Unione Europea non fosse ridotta a una formazione fragile legata da interscambi economici e divisa in tanti sottogruppi di interessi, ma potesse di nuovo aspirare a una grande unità politica. Forse il sogno non sarà comunque realizzabile, forse i tempi non sono più all’altezza di quella visione, ma una cosa è certa: non c’è spazio per questa Grecia nell’Europa che Wolfgang Schäuble ha cercato di costruire durante tutta la sua vita.