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 2015  luglio 12 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - NULLA DI FATTO PER LA GRECIA


REPUBBLICA.IT
MILANO - L’Eurogruppo diviso al suo interno lancia l’ultimatum ad Atene con una proposta che ora viene vagliata dall’Eurosummit: "Fate le riforme entro il 15 luglio". Il vertice dei 19 ministri delle Finanze si chiude così dopo aver preso "nota di un possibile programma con bisogni finanziari tra 82-86 miliardi", ma passando la palla ai capi di Stato e governo invita le istituzioni a tentare di ridurlo attraverso altri interventi: le esigenze finanziarie di Atene per far fronte ai propri debiti in scadenza sono stimate in 7 miliardi entro il 20 luglio e altri 5 per metà agosto. Escluso, invece, un possibile taglio del debito. Senza un accordo, però, l’Eurogruppo valuta la possibilità (suggerita da Berlino) di una Grexit a tempo in cambio di una possibile ristrutturazione del debito. Un’ipotesi che suona come uno schiaffo alla Francia. In mattinata, infatti, il presidente francese Francois Hollande aveva promesso di fare di "tutto per tenere Atene nell’euro" e poi aveva detto: "Non esiste una Grexit provvisoria, o c’è o non c’è".
I falchi. Per il momento, quindi, prevale la posizione dei falchi. "Ci sono ancora due grandi questioni aperte e sta ai capi di governo definirle", ha detto il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Con lui il ministro finlandese Alex Stubb: "Abbiamo fatto molti progressi sulle condizioni" del programma di aiuti, c’è un "documento che va ai leader che chiede alla Grecia riforme da fare in parlamento entro il 15 luglio, come pensioni, Iva e privatizzazioni". Il ministro belga delle Finanze, Johan Van Overtveldt, invece, sottolinea come sia è stato raggiunto un accordo al 90%, mentre per il Commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, dice: "Abbiamo fatto progressi, ma ci sono ancora punti di divergenza da colmare. Adesso tocca ai capi di Stato e governo".
Insomma nonostante la fiducia del premier greco Alexis Tsipras che al segretario Usa al Tesoro, Jack Lew aveva detto "possiamo raggiungere un accordo oggi se tutte le parti lo vogliono", la strada resta in salita. Tsipras è "pronto per un compromesso onesto. Lo dobbiamo ai cittadini europei che vogliono un’Europa unita e non divisa". La doccia fredda, però, è arrivata subito con le parole del cancelliera tedesco Angela Merkel: "Non ci sarà un accordo a qualunque costo, un cattivo accordo sarebbe peggio di un mancato accordo. La valuta più importante che si è persa è la fiducia". E mentre il presidente del Parlamento Ue, Martin Schulz chiede un "un accordo oggi" perché "la situazione è senza precedenti", Tsipras tenta l’ultima mediazione incontrando Merkel, Hollande e il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.
Le richieste dell’Eurogruppo. Insomma, sul tavolo resta il braccio di ferro tra falchi (Germania, Olanda, Slovacchia più Finlandia in primis) e colombe (Francia, Spagna, Italia e Malta). Le condizioni chieste alla Grecia dall’Eurogruppo per trattare un nuovo piano si salvataggio rispecchiano la posizione dei primi: c’è la proposta di creazione di un fondo che racchiuda attivi della Grecia per 50 miliardi di euro, a garanzia delle privatizzazioni promesse da Atene; ma ci sono anche la reintroduzione dei licenziamenti collettivi, la revisione della contrattazione collettiva in linea con le ’best practice’ europee e il ritorno della troika ad Atene.
Le colombe. Dalla parte delle colombe anche il presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker che rincara la dose: "Lavoreremo oggi ad una soluzione fino all’ultimo millisecondo. E spero che arriveremo ad una soluzione". Gli fa eco il premier Matteo Renzi: l’Italia farà "di tutto perché si raggiunga un accordo" sulla Grecia. Di sicuro, la tensione non accenna ad allentarsi. Durante l’Eurogruppo ci sarebbe stato uno strappo - ufficilamente smentito - tra il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble che avrebbe detto al presidente della Bce Mario Draghi: "Non sono stupido".
Dopo l’interruzione della riunione dell’Eurogruppo di ieri, il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk ha cancellato il summit Ue a 28 in calendario per oggi (quello, cioè, allargato a tutti i Paesi europei) convocando l’Eurosummit a 19, vale a dire il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Eurozona. "Il maggiore ostacolo a un accordo è la carenza di fiducia. Le nuove posizioni del governo greco sono molto più costruttive e concrete, questo è un bene perché purtroppo abbiamo perso cinque mesi in modo inconcludente", ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, mentre per il ministro delle Finanze austriaco, Hans Jörg Schelling "il negoziato è molto difficile, perché ci sono tanti punti di disaccordo nell’Eurogruppo e tra l’Eurogruppo e la Grecia".

REPUBBLICA.IT
MILANO - Dopo 9 ore di serrati negoziati è mancato un accordo su una dichiarazione comune, anche se è emerso che l’Eurogruppo stilerà un elenco di riforme che la Grecia deve impegnarsi ad approvare in Parlamento all’inizio della prossima settimana per ripristinare la fiducia dei partner e consentire il negoziato per un terzo programma di aiuti. La decisione finale verrebbe comunque lasciata ai capi di Stato e di governo che si vedranno oggi per il doppio vertice della zona Euro e del Consiglio europeo a 28.

Quattro giorni dopo che l’Eurosummit convocato a ridosso della vittoria del "no" al referendum aveva dato un ultimatum ai greci, che tutti i passi successivi erano stati fatti in tempo e che l’ottimismo era tornato a prevalere sui mercati finanziari, oggi le posizioni più intransigenti di Germania e Finlandia e la cautela del presidente dell’Eurogruppo hanno raffreddato gli entusiasmi.

L’aggiornamento della riunione riflette il fatto che una parte dei paesi euro non è convinta dalla lista di riforme presentata dal governo di Atene nei giorni scorsi e vuole maggiori garanzie sulla loro attuazione. Ecco perchè si vorrebbe che la Grecia attuasse subito alcune "azioni prioritarie", come la riforma dell’Iva, l’abolizione delle pensioni "baby", le privatizzazioni. Durante la riunione è circolato un documento del governo tedesco, dal quale emergeva la richiesta di un fondo di garanzia da 50 miliardi; inoltre, la stampa tedesca ha pubblicato un altro documento in cui si ipotizza un’uscita della Grecia per cinque anni. Ma la posizione più dura appare quella del governo finlandese, che potrebbe cadere se decidesse di approvare il terzo piano di assistenza finanziaria della Grecia.

La trattativa per salvare la Grecia è una corsa in salita carica di ostacoli. All’Eurogruppo di oggi a Bruxelles ha pesato soprattutto la posizione della Germania, con Berlino che gela il piano da 12 miliardi presentato da Atene all’ex Troika: "Proposte poco credibili. Diremo ai colleghi greci che non hanno fatto nulla per rafforzare la fiducia". Ma anche la Finlandia è dura: un voto del parlamento nazionale si oppone alla concessioni di nuovi aiuti.

L’atmosfera di ottimismo delle ultime 48 ore si è dissolta così, in un vertice teso, da cui è trapelato poco, ma quel poco non sembra positivo. Un documento del governo tedesco considera l’ipotesi di una Grexit (uscita dall’euro della Grecia) di cinque anni. Uno stop a tempo durante il quale Atene potrebbe ristrutturare il proprio debito. È quello che scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung citando un documento del ministero delle Finanze tedesco (che nelle ore successive non smentisce) inviato ad alcuni altri Paesi dell’area euro. Il portavoce del premier greco Alexis Tsipras, però, si affretta a negare la proposta sui social network mentre secondo fonti Ue un’ipotesi del genere - la sospensione per 5 anni - sarebbe "legalmente infattibile e senza senso".
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Tra imbarazzi e freddezze, ora la resa dei conti è tutta politica. Il piano di Atene è, sì, per molti tecnici "una buona base di partenza", ma non sufficiente a sbloccare il terzo giro di aiuti internazionali da 74 miliardi di euro per evitare il fallimento della Grecia e il rilancio del Paese. Una delle ultime ipotesi, di fronte a un clima diffuso di sfiducia nei confronti della parola di Atene, è che gli aiuti siano condizionati all’approvazione immediata, già la settimana prossima, di una parte delle riforme promesse dal governo Tsipras, in particolare quella dell’Iva e il taglio delle pensioni baby.

C’è anche il fatto che il piano Tsipras abbia ottenuto il via libera del Parlamento greco con i voti dell’opposizione e spaccando la maggioranza di governo, un fatto che preoccupa molti Esecutivi: "Difficile portare avanti le riforme senza un ampio consenso" ha avvisato il titolare dell’Economia irlandese Michel Noonan. Poco ma sicuro, l’incontro fiume di oggi non basterà a raggiungere un’intesa: il destino di Atene sarà rinviato alla riunione di domani del Consiglio europeo quando i capi di Stato e di governo dei 28 dovranno decidere quale strada percorrere.

Il ruolo della Germania. Il nodo delle trattative riguarda la ristrutturazione del debito complessivo per la quale è necessario un accordo politico che passerà per la volontà dei capi di governo dopo che i ministri delle Finanze avranno fatto le loro valutazioni tecniche. A rompere il silenzio ufficiale della Germania (che per ore si era limitata a dire "l’esito delle trattative è aperto a ogni risultato") nel pomeriggio è il ministro dell’Economia Wolfgang Schaeuble: "Il negoziato - ha spiegato secco - è estremamente difficile" perché le nuove proposte greche presentano "lacune finanziarie. Le promesse non bastano. Sappiamo che un taglio del debito pubblico non è possibile secondo i Trattati". Schaeuble ha spiegato che "il problema prima di tutto è che la situazione, che alla fine dello scorso anno, nonostante tutto lo scetticismo, era incoraggiante, è stata distrutta in modo inconcepibile negli ultimi mesi". La Germania si è anche opposta a estendere la scadenza dei finanziamenti alla Grecia a 60 anni, come chiesto dal Fmi.

Prova di potere Merkel-Schaeuble. Intanto, la stampa tedesca spiega che il nuovo programma non dovrà essere basato solo sulle "azioni prioritarie" presentate da Atene ma dovrà anche "contenere" indicatori strutturali e quantitativi "per il futuro". La sensazione è che sul futuro di Atene si stia giocando un’importante partita politica in Germania: da un lato proprio il falco Schaeuble cha avrebbe definito il piano greco "uno scherzo", dall’altro la cancelliera Angela Merkel che lavora per mantenere la Grecia nell’euro. Quasi una ’prova di potere’ tra i due.

I falchi. Tra i più scettici sul piano di Atene ci sono gli olandesi: "Il piano è debole in alcune aree, cominceremo i negoziati quando tutte le condizioni saranno riempite, ma c’è seria preoccupazione sull’attuazione visto che i greci stanno proponendo qualcosa che una settimana fa era stata rigettata al referendum" ha detto il viceministro delle finanze olandese Eric Wiebes. Il vicepresidente della Commissione Ue, Vladis Dombrovskis, riconosce i "chiari progressi" greci, ma sottolinea "perplessità e dubbi" che permangono da parte di vari paesi. Tra i falchi, oltre alla Germania, anche Finlandia e Slovacchia che risultano chiusi al negoziato. Difficile la posizione del governo di Helsinki, che potrebbe avere le mani legate dopo il voto del parlamento nazionale contro la concessione di nuovi aiuti.

Le colombe. In particolare i falchi vorrebbero un "chiaro intendimento comune su contenuti e tempi degli obblighi" con il governo greco sulle proposte presentate "per avere una base chiara su cui possa essere concordato un programma Esm". A mediare tre le parti ci sono le colombe, con i francesi in prima linea: il ministro delle Finanze, Michel Sapin, sta aiutando la delegazione greca ad apportare alcune correzioni al testo definitivo, mentre il Commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, dice: "Il piano di Atene è un gesto significativo". A questo punto è ipotizzabile che si arrivi a uno sblocco dei fondi necessari per rimborsare i debiti in scadenza con il Fmi e la Bce (il prossimo 20 luglio, giorno in cui Atene sarebbe in default se nel frattempo non dovesse ricevere gli aiuti per i rimborsi) e si valutino per gradi i risultati raggiunti dalla Grecia. Tra le colombe, Malta, Cipro, Spagna e Italia.

DANILO TAINO
BERLINO In quasi dieci anni di governo, Angela Merkel non è mai stata in una posizione difficile come quella in cui si trova oggi. La proposta che, secondo la Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung , il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble avrebbe fatto alla riunione dell’Eurogruppo - cioè la sospensione di Atene dall’euro per cinque anni a meno di garanzie reali a fronte di prestiti - è il segno delle decisioni draconiane alle quali è di fronte il governo di Berlino. Il problema è che, qualsiasi orientamento prenda, la cancelliera finirà con il perdere qualcosa sul piano interno o su quello europeo. Oppure su entrambi.

In queste ore, però, c’è di più della situazione strettamente ellenica a metterla in difficoltà. Si tratta di una questione apparentemente meno immediata ma ancora più rilevante: il futuro dell’Unione Europea e il ruolo della Germania nel disegnarlo.
Già in questo weekend, Frau Merkel ha di fronte due scelte inconciliabili. A Berlino, il suo partito, la Cdu, è estremamente scettico nei confronti di un nuovo piano di aiuti, il terzo in cinque anni, alla Grecia. Se ci sarà, andrà presentato in Parlamento. Numerosi deputati cristiano-democratici sono però restii a votarlo: non credono che, qualsiasi cosa firmi, il governo di Atene poi lo metta in pratica. Non si fidano. E Schäuble riflette pienamente questa sfiducia.

Se ciò nonostante la cancelliera lo approverà, per farlo passare al Bundestag dovrà probabilmente ricorrere ai voti dell’alleato di governo, la Spd, e delle opposizioni, i Verdi e la Linke. Ma se il partito, del quale finora è stata regina indiscussa, le votasse contro in misura massiccia, la sua posizione ne subirebbe un colpo duro. Dalle conseguenze non prevedibili. Se poi il programma greco dovesse avere tra i contrari Schäuble - che gode di enorme prestigio e seguito nel partito e fuori - la situazione della cancelliera diventerebbe difficile da sostenere.
Se invece dovesse schierarsi con le posizioni sostenute ieri dal suo ministro delle Finanze e con chi ritiene che la soluzione migliore per Atene e soprattutto per l’euro sia l’uscita della Grecia dalla moneta unica, Merkel rischierebbe rotture nella Ue, soprattutto con Parigi, e con gli Stati Uniti. Sarebbe accusata di scegliere una strada avventurista, che non si sa dove porti. Un capo di governo della Germania postbellica ha sempre l’unità dell’Europa tra le priorità e la signora Merkel del tenere uniti gli europei ha fatto una strategia, dalla gestione della crisi ucraina all’approccio alla questione dei migranti. Fare una svolta a «U», ora, sarebbe un passo di rilevanza enorme.

La cancelliera ha in genere una grande capacità di analisi. È famosa per procedere prendendo in considerazione tutti i dati di un problema e decidere solo dopo essersi fatta un’opinione che a quel punto non abbandona. Nella vicenda greca degli ultimi mesi, di fronte al modo di muoversi «non ortodosso» del governo di Syriza, non ha però mai dato l’impressione di sapere affrontare come al solito gli «stop and go» di Alexis Tsipras e di Yanis Varoufakis. Spiazzata da un modo di fare che nelle ultime settimane l’ha portata a passare dall’obiettivo della mediazione a pensare - come da tempo pensa Schäuble - che non ci sia alcuno spazio di accordo per mancanza di volontà greca, ai dubbi di stanotte.
Questa perdita del dominio dell’iniziativa politica l’ha frenata, ora si trova dietro la curva, superata da altri. E non solo dal suo ministro. Qualsiasi strada scelga, soprattutto se dovesse prevalere quella che porta alla Grexit, sarà obbligata a giocare poi la carta del futuro della Ue, cioè di una riforma sia dell’eurozona che dell’Europa a 28: per spostare in avanti il terreno di confronto.
La crisi greca ha colpito al cuore l’architettura dell’euro; e la minaccia di uscita dalla Ue della Gran Bretagna apre un altro rischio esistenziale per il Vecchio Continente. La cancelliera può sperare di uscire dai guai in cui è finita mostrando leadership di fronte a queste sfide.

C’è però un ostacolo serio. La Francia di François Hollande si è mossa. E il risultato è qualcosa di più dell’allentamento del rapporto Berlino-Parigi che si è visto nell’ultima parte della crisi greca, quando il governo tedesco si è irrigidito e quello francese ha invece fatto il mediatore fino al punto di guidare la mano di Alexis Tsipras nella scrittura del suo piano di aiuti.
A Berlino si sospetta che Hollande voglia evitare che l’uscita di Atene dall’euro apra un varco per una riforma forte dell’eurozona. Una riforma che avverrebbe sulle linee della Germania, cioè di una maggiore integrazione non solo di bilancio ma anche delle riforme strutturali e in prospettiva del governo europeo. Sarebbe un’Europa sempre più tedesca, che Parigi non vuole. Meglio dunque la scelta conservatrice, dal punto di vista di Hollande: continuare con Atene come si è fatto per cinque anni, anche a costo di un nuovo programma di aiuti che difficilmente sarà risolutivo per la Grecia; l’importante è non creare il caso, la Grexit, che costringa a fare riforme «merkeliane».
Per recuperare l’iniziativa, Frau Merkel potrà cercare di fare avanzare comunque un’agenda di cambiamento. Ma una riforma dell’eurozona e della Ue contro Parigi è qualcosa che nessuno ha ancora immaginato. È così che l’Europa cammina verso il proprio futuro.

www.lastampa.it
Dopo due Eurogruppi (14 ore di negoziati in totale), la partita greca ora passa ai capi di Stato e di Governo della zona euro. I 19 leader, riuniti in queste ore, si ritrovano sul tavolo un “rapporto”, steso e approvato dall’Eurogruppo, che fissa delle condizioni più dure per concedere gli aiuti ad Atene, tra cui l’approvazione di alcune riforme entro mercoledì.
I greci (forse) avranno i soldi, ma devono dare garanzie (di Marco Zatterin)
IL NODO DEL DEBITO
Il documento ha però almeno due «grandi questioni» aperte - così le ha definite il presidente Dijsselbloem - che i leader devono risolvere. Tra queste, una frase voluta dalla Germania, lasciata però tra parentesi, che evoca la possibilità di una “Grexit” temporanea. Un’altra questione aperta è quella sul debito, cioè su che tipo di intervento prevedere.
La Germania: “E’ vero che scrivete a Parigi i testi per la Grecia?” (di T.Mastrobuoni)
VINCE IL FRONTE DEI FALCHI
Il documento preparato dall’Eurogruppo ha accolto praticamente tutte le richieste tedesche e della fronda dei falchi, e irrigidisce le condizioni che il governo Tsipras dovrà rispettare per ottenere il terzo salvataggio (che viene stimato in 82-86 miliardi). Primo, viene fissata una lista di riforme che dovrà portare in Parlamento per ottenere l’ok entro mercoledì. Tra queste, la riforma delle pensioni e dell’Iva. Secondo, vengono fissate delle condizioni più dure per la riforma del mercato del lavoro e del’Iva. Terzo, condizioni più dure anche sulle privatizzazioni, creando un fondo “trust” che ne raccoglierà i proventi che dovrebbero andare a garanzia del debito. Per avere l’ok all’avvio dei negoziati Esm tutte queste condizioni «devono essere approvate sia dal Governo che dal Parlamento greco», ha detto il ministro finlandese Stubb.
MERKEL DURA
Intanto i leader, entrando, confermano le divisioni evidenziate all’Eurogruppo: «Non ci sarà un accordo a qualunque costo», ha detto la Merkel, mentre Hollande annunciava la sua intenzione a «fare di tutto per un accordo». Renzi, ottimista, vede un’intesa «molto vicina».

TONIA MASTROBUONI
Le voci di corridoio avevano pronosticato una fine della riunione nel cuore della notte, alle due o le tre. Poco dopo la mezzanotte, invece, l’annuncio: ci si riaggiorna alle undici di stamane. Niente conferenza stampa, solo dichiarazioni all’uscita dell’Eurogruppo. E voci. La prima, Jeroem Dijsselbloem avrebbe interrotto la riunione perché il clima si stava surriscaldando tra due protagonisti della trattativa sulla Grecia. Mentre il presidente della Bce, Mario Draghi, stava spiegando un dettaglio sul debito ellenico, Wolfgang Schäuble lo avrebbe interrotto sibilando «non sono stupido». Gelo, poi la mossa di Dijsselbloem per stemperare la tensione: «riaggiorniamoci a domani». Poco fa, fonti Bce hanno precisato che si sarebbe trattato di «un semplice scambio di vedute» tra Schaeuble e Draghi, ma in ogni caso la riunione è finita lì.
La strada è di nuovo in salita, per Alexis Tsipras. La posizione del ministro delle Finanze tedesco non è mai stata così dura. Da mesi Schäuble è ormai convinto che l’Eurozona sarebbe più forte senza l’eterno problema greco. Una fonte presenta alla riunione riassume: «il ministro delle Finanze ellenico Tsakalotos ha detto di sì a quasi tutte le nostre richieste, ma l’impressione è che si sarebbe potuto tagliare una gamba, e per il tedesco non sarebbe stato abbastanza». Il guardiano dei conti è arrivato alla riunione con una granata esplosa anche sui media internazionali a metà del pomeriggio di ieri. Una paginetta anticipata ad arte dalla versione domenicale del quotidiano di riferimento dei conservatori Faz che riportava due scenari sulla Grecia: il primo con «miglioramento» e una «rapida» implementazione delle misure, accompagnato dalla richiesta di trasferire 50 miliardi di beni in un fondo di garanzia, per poi venderli e abbattere il debito. Il secondo scenario, un’uscita dall’euro di «almeno» cinque anni accompagnata da una ristrutturazione del debito.
Secondo una fonte presente all’incontro, Schäuble ha presentato la paginetta, il «position paper» degli uomini del suo ministero, solo nella prima parte, accennando ai 50 miliardi, ma non la seconda, quella che include una «Grexit» a tempo. Reazioni dai colleghi? «Zero», secondo la fonte. Il tedesco avrebbe presentato anche un quadro terrificante dei conti greci: il governo Tsipras avrebbe creato nel caos negoziale degli ultimi sei mesi 40 miliardi di fabbisogno finanziario in più; l’economia è di nuovo in profonda recessione, il debito ormai insostenibile. Berlino vuole sforzi ulteriori, rispetto a quelli proposti da Atene.
Il ministro delle Finanze, tuttavia, pur essendo più estremista dei suoi colleghi, non è solo, nella diffidenza a riaprire un negoziato con Atene. Con lui ci sono i «soliti» olandesi, finlandesi, austriaci, alcuni Paesi est europei, ma anche il Portogallo. La ministra delle Finanze Albuquerque avrebbe sbottato, ad un certo punto, che i greci «stanno chiedendo un terzo pacchetto che da solo vale quanto tutto il piano di salvataggio nostro», secondo i calcoli più recenti circa 74 miliardi di euro. «Vogliamo garanzie», avrebbe aggiunto.
È sempre più evidente che Schäuble ha ormai chiuso la porta a qualsiasi possibilità di salvare Atene. Possibile che l’Eurogruppo di oggi si chiuda senza un accordo. L’ultima speranza, perché la Grecia possa ricevere nuovi aiuti, è Angela Merkel. Oggi pomeriggio la cancelliera arriva per una riunione dei capi di Stato e di governo dell’area euro, il Consiglio europeo è stato disdetto stamane. Tra i due la tensione è alle stelle da tempo, sul dossier greco. Merkel vorrebbe trovare una soluzione, nonostante il partito le si stia rivoltando contro.
La strategia di Schäuble, al più tardi da ieri, è chiara: scaricare sulla cancelliera la responsabilità dell’eventuale salvataggio greco. Il partito conservatore è in rivolta, molti parlamentari cristianodemocratici minacciano di non votare il pacchetto. E dai sondaggi sta emergendo anche una maggioranza dei tedeschi a favore di una Grexit. Tanto che ultimamente anche il partner di governo, il vicecancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel, si è distinto per toni ultimativi sulla Grecia. Nel suo partito, però, la maggioranza è ancora a favore di una soluzione positiva.
L’eventuale riapertura delle trattative, che secondo i pronostici potrebbe intanto chiedere ad Atene di approvare un pacchetto di riforme, prima di concedere un solo euro, avverrebbe in una situazione quasi disperata, per i greci. Le banche sono chiuse da due settimane e al collasso; secondo varie fonti possono ancora resistere, questa settimana, ma è chiaro che le banche non riapriranno <per un bel po’ di tempo>. In ogni caso, se si riaprisse ufficialmente il negoziato, in teoria la Bce potrebbe aiutare con liquidità di emergenza.
Anche la situazione politica in Grecia non è facile, dettaglio che non facilita il negoziato con i tedeschi, ossessionati dalla stabilità politica: Tsipras ha perso la sua maggioranza, nel voto di venerdì notte che gli ha dato il mandato per rinegoziare con i creditori. Ieri a Tsakalotos è stata espressa durante l’Eurogruppo la preoccupazione che le riforme possano incagliarsi in Parlamento, lui avrebbe risposto: «non abbiamo mai approvato nulla con una maggioranza ampia come quella di venerdì». Vero, ma il mandato non sarebbe passato, senza i voti dell’opposizione. Le voci ora parlano di «maggioranze diverse» per il tour de force delle riforme di Tsipras, che includano una fetta dell’opposizione e si liberino dell’ala più radicale del partito.