Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 12 Domenica calendario

APPUNTI SULLA RIFORMA DELLA SCUOLA PER OGGI

Giovedì 9 luglio la riforma della scuola, detta anche dal governo “La buona scuola”, è stata approvata in via definitiva dalla Camera con 277 voti favorevoli, 173 contrari e 4 astenuti. Contrari, M5S, Forza Italia, Lega, Sel, Alternativa libera, Fratelli d’Italia. La riforma, che era già stata approvata dal Senato, è diventata così legge. I circa 70 emendamenti presentati nell’ultima settimana alla Camera sono stati tutti respinti.
Ma al Pd l’approvazione del ddl è costata una spaccatura interna. L’assenso meno ampio del previsto (è la riforma meno votata del governo Renzi) è stato provocato dalla decisione di 39 deputati dem, 24 della minoranza, tra i quali Bersani e Cuperlo, di non partecipare al voto. In 5, tra cui D’Attorre, hanno votato no.

BREVE STORIA DELLA RIFORMA
Il 27 marzo 2015 era stato presentato alla Camera il disegno di legge “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”. La Camera aveva condotto prima l’esame in sede referente presso la Commissione Cultura, scienza e istruzione, e poi in Aula con approvazione il 20 maggio 2015. Il testo, dopo aver subito qualche modifica, era stato trasmesso al Senato dove era cominciato l’esame nella commissione Istruzione e dove erano stati presentati quasi tremila emendamenti. Il governo aveva deciso allora di trasmettere il disegno di legge all’aula senza l’approvazione della commissione, e sostituendolo con un maxi-emendamento su cui era stato posto un voto di fiducia: la fiducia era stata approvata da 159 senatori, con 112 contrari e nessun astenuto, e la riforma era tornata in seconda lettura alla Camera.
Su nove temi generali la riforma prevede che il governo chieda la delega, cioè il potere di legiferare in un secondo momento tramite decreti legislativi.

COSA PREVEDE LA RIFORMA

1. AUTONOMIA E PRESIDI. Uno dei principi fondamentali della nuova legge è il rafforzamento dell’autonomia scolastica, cioè una libertà maggiore rispetto a quella che era prevista finora nella gestione degli edifici, della didattica, dei progetti formativi e dei fondi a disposizione di ogni singola scuola: le istituzioni scolastiche avranno il dovere di stabilire ogni tre anni un’offerta formativa. A questi tre anni saranno legati altri “doveri” dell’amministrazione, come per esempio gli organici, la mobilità del personale e le assunzioni. Ma questo a partire dal 2016. Il 2015 va considerato un anno di transizione.
L’organico sarà interamente gestito dal dirigente scolastico, cioè dal preside, che a partire dal 2016 potrà proporre le cattedre e i posti utilizzando gli albi territoriali in base a una sua valutazione (gli albi saranno definiti dal Miur entro il 30 giugno 2016). La chiamata degli insegnanti sarà dunque diretta, senza più graduatorie, ma sulla base degli albi.
Ai professori è stato comunque concesso di inviare la propria candidatura per i colloqui. L’incarico sarà conferito con l’accettazione della proposta da parte del docente. Nel caso di più proposte, il docente sceglierà fra quelle ricevute, fermo restando l’obbligo di accettarne almeno una. Il preside, nella sua scelta, sarà tenuto «a dichiarare l’assenza di cause di incompatibilità derivanti da rapporti di parentela o affinità entro il secondo grado con i docenti iscritti nel relativo ambito territoriale». Saranno introdotti anche dei criteri per valutare i dirigenti scolastici, che saranno supervisionati da ispettori esterni.
Corrado Zunino: «I presidi restano il centro della scuola italiana: pagati meglio, avranno la prima e ultima parola sulle assunzioni (da bacini territoriali), più soldi per far funzionare gli istituti (raddoppiato il fondo di base) e più insegnanti da far girare sulle nuove materie» [la Repubblica 26/6].

2. ASSUNZIONI. La riforma conferma le assunzioni di poco più di 100mila lavoratori oggi precari. Il sistema delle nomine sarà piuttosto complicato. I primi 36mila otterranno la cattedra subito, entro il 15 settembre, per sostituire i colleghi e le colleghe che andranno in pensione e per coprire i posti vacanti. È meno chiara la situazione degli altri (cioè degli insegnanti in più che rientrano nel nuovo organico dell’autonomia previsto dalla riforma). La loro stabilizzazione dovrebbe consistere in due diverse fasi, durante l’anno e con incarico a settembre 2016. Nel piano di assunzioni rientreranno gli idonei al concorso a cattedre del 2012 e quelli che fanno parte delle graduatorie ad esaurimento. Gli altri dovranno superare un concorso.
Entro il primo dicembre sarà quindi convocato un nuovo concorso: i posti disponibili saranno 60mila. Non ci saranno posizioni riservate ai precari di seconda e terza fascia.

3. INSEGNANTI. Gli scatti di carriera, ovvero gli aumenti di stipendio, non saranno più legati solo all’anzianità ma anche ai crediti formativi e didattici che gli insegnanti acquisiranno nel tempo. Ogni tre anni il preside avrà il potere di distribuire dei premi in denaro ai docenti giudicati più meritevoli. In ogni istituto gli insegnanti saranno valutati da un ispettore esterno, da due rappresentanti dei genitori e da tre docenti.
È previsto un periodo di formazione di prova per i docenti neo assunti. In caso di pagella negativa, non scatterà subito il licenziamento, ma gli insegnanti avranno una seconda chance: dovranno sottoporsi a un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile.
Come indicato dalla Corte di giustizia europea, la nuova legge mette un limite alla replica dei contratti a termine dei docenti: a partire dal 1° settembre 2016 non si potrà andare oltre i 36 mesi (continuativi o no) di supplenze. Dal 2017 non si potrà più entrare nelle graduatorie di istituto (seconda e terza fascia) senza abilitazione.
I curricula dei professori saranno pubblicati online. I docenti avranno 500 euro all’anno per la propria formazione: si va dai libri ai concerti e ai corsi.

4. LE NUOVE MATERIE e GLI STAGE. Con la muova legge sono rafforzate, o reinserite, dieci materie: musica e arte, competenze digitali (anche i social network), economia, diritto, cittadinanza e discipline motorie. L’inglese sarà insegnato dalle scuole elementari e alcune discipline generaliste saranno spiegate nella lingua straniera scelta (il metodo Clil). Ci sarà, ancora, l’italiano dedicato agli studenti stranieri.
Alle superiori, il curriculum degli studenti diventa flessibile: le scuole attiveranno materie opzionali che consentiranno agli alunni di crearsi un percorso autonomo. Le competenze maturate dagli studenti fuori dalla scuola (volontariato, attività sportive, culturali, musicali) saranno inserite in un apposito curriculum digitale che conterrà informazioni per l’orientamento e l’inserimento nel mondo del lavoro.
L’alternanza scuola-lavoro diventa strutturale: 100 milioni l’anno è lo stanziamento. Si farà in azienda, enti pubblici e musei. D’estate e all’estero. Almeno 400 le ore di lavoro nell’ultimo triennio dei tecnici e dei professionali, 200 ore nei licei. Il 30 per cento dei fondi pubblici stanziati per gli Istituti tecnici, alternativa al percorso universitario, sarà legato agli esiti dei diplomati nel mondo del lavoro.
Walter Passerini: «Per la prima volta e in maniera chiara l’alternanza scuola-lavoro diventa architrave. Aumentano le ore negli istituti tecnici e professionali, che arrivano a 400 nel secondo biennio e l’ultimo anno, e diventano almeno 200 per i licei nel triennio, avvicinandoci alle esperienze di altri Paesi; si sdoganano stage, tirocini e didattica in laboratorio che acquisiscono una cittadinanza più definita e si incardinano nei programmi di orientamento e di dialogo tra scuola, lavoro, professioni e terzo settore».

5. CLASSI POLLAIO. Dal 2016 il numero degli alunni nelle classi dovrà scendere da 28 (legge Gelmini) a 25. La riduzione del numero può essere disposta dal dirigente scolastico per la presenza di alunni con disabilità.

6. SCHOOL BONUS. Con lo “school bonus” chi farà donazioni a favore delle scuole per la costruzione di nuovi edifici, la manutenzione, la promozione di progetti dedicati alla futura occupazione degli studenti avrà un beneficio fiscale (credito di imposta del 50% o del 65%) al momento della dichiarazione dei redditi (persone o enti non commerciali). Il 10% andrà alle scuole con meno risorse. È stato stabilito un tetto per le erogazioni liberali: i versamenti saranno ammessi in detrazione nel limite massimo di 100.000 euro per ogni periodo di imposta. Scatta la detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie (fino a 400 euro l’anno) quando i figli frequentano una scuola paritaria: la detrazione vale dalle materne fino alle superiori.

L’ATTUAZIONE DELLA RIFORMA
• C’è circa un mese per ripensare la gestione sulla base delle risorse in arrivo. A scaglioni. I primi 36mila insegnanti stabilizzati saranno immessi in ruolo entro metà agosto. Altri undicimila a settembre. Fin qui i numeri garantiranno il turn-over, coprendo posti vacanti e disponibili. Il prossimo anno arriveranno ulteriori 55mila insegnanti - stavolta a chiamata diretta - per il cosiddetto organico funzionale. L’urgenza è per le prime nomine, da effettuare nelle prossime settimane. Agli uffici regionali il compito di individuare i docenti per le diverse realtà, sulla base delle vacanze indicate dagli istituti stessi, non necessariamente delle reali esigenze, che saranno prese in esame per la terza fase di assunzioni. La frammentazione delle immissioni in ruolo complica le dinamiche interne alle strutture, ma rischia pure di rendere critica l’applicazione della norma stessa [Valeria Arnaldi, Il Messaggero 10/7].
• Polemiche e ricorsi a parte, l’attuazione della riforma della scuola si presenta come una strada in salita: serviranno almeno 24 provvedimenti amministrativi per rendere operative alcune norme del provvedimento, oltre a ben 9 deleghe con le quali il governo intende riscrivere ampie parti della normativa scolastica, a partire dall’accesso all’insegnamento nella scuola secondaria, al riordino delle classi di concorso (fondamentale prima di bandire il nuovo concorso a cattedre per circa 60mila posti il 1° dicembre), al nuovo sistema di istruzione 0-6 anni, alla revisione dei percorsi dell’istruzione professionale.
Alcuni esempi. L’inizio di un percorso di valutazione degli insegnanti? Per ora sarà poco più di una sperimentazione: al termine infatti del triennio 2016-2018 gli Uffici scolastici regionali dovranno inviare al Miur una relazione sui criteri adottati dalle scuole per premiare i docenti meritevoli; poi dovrà essere istituito un apposito tavolo tecnico ministeriale per arrivare (chissà quando, e comunque «previo confronto con parti sociali e rappresentanze professionali») a stilare linee guida nazionali per la valutazione dei docenti (rivedibili annualmente). Anche il voucher di 500 euro all’anno per la formazione continua dei professori, sulla carta dovrebbe partire subito, ma la sua attuazione concreta richiede l’emanazione di un Dpcm, di concerto con Miur e Mef, che dovrà definire criteri e modalità di assegnazione e utilizzo della somma. Senza contare che pure le prime semplificazioni di alcune norme regolatorie degli Its, per essere realizzate, debbono attendere l’emanazione di un decreto interministeriale [Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore 11/7].
• Altro problema rischia di essere quello del merito, almeno nella composizione del Comitato di Valutazione. Gli studenti si rifiutano di dare il voto ai professori e annunciano mobilitazione. Se pure dovessero adottare posizioni più miti, a complicare la questione sarà l’individuazione dei membri esterni. E quando l’abitudine avrà rimesso “in ordine” le scuole, bisognerà affrontare nuovi cambiamenti. Questi primi mesi saranno di transizione, il prossimo anno bisognerà fare i conti con la “vera” riforma [Valeria Arnaldi, Il Messaggero 10/7].


LE PROTESTE PER LA RIFORMA
Giovedì scorso, mentre in Aula si votava la riforma, in piazza Montecitorio andavano in scena le proteste dei sindacati dei docenti, Cobas in testa.
I sindacati hanno fatto sapere che stanno preparando uno sciopero, clamoroso, per il primo giorno di scuola. «Le proteste? Quelle sono quasi organizzate, mentre il consenso è sempre individuale e io sono convinta che il consenso crescerà», parola del ministro Giannini.
Le organizzazioni studentesche, da parte loro, sembrano adottare come slogan la parola «sabotaggio» promettendo: «A settembre renderemo le scuole ingovernabili».
Il segretario della Fiom-Cgil Maurizio Landini, che ha inserito la scuola tra le riforme che punta a cancellare per via referendaria, al leader del M5S Beppe Grillo che ha pubblicato sul suo blog otto domande sulla riforma dal titolo “Giannini rispondi!”. Fino a Sel che, con Nichi Vendola, ha parlato addirittura di «omicidio della scuola pubblica». Critiche condivise da una parte del mondo dell’istruzione. Come l’Anief che ha sbandierato il rischio di far finire fuori regione due neoassunti su tre al comitato bolognese “Scuola e costituzione” che ha inviato una lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella per chiedergli di non firmare la legge. Capo dello Stato che ha ricevuto ieri l’articolato e che dovrebbe promulgarla all’inizio della prossima settimana.

IL PROBLEMA DEI RICORSI
La riforma della Scuola è stata appena approvata e già si annunciano una marea di ricorsi. Sono quattromila quelli già presentati da Anief, l’organizzazione sindacale della scuola, per chiedere l’inserimento di insegnanti nelle graduatorie. E altrettanti quelli effettuati per ottenere la stabilizzazione e il risarcimento dei danni. In appena un mese. Ed è solo l’inizio. «Ci sono cinquantamila assunzioni da attuare ad anno iniziato, l’altra metà in corso d’opera – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief – Ci sarà una pioggia di ricorsi: oltre cinquantamila. Arriveranno da quanti, avendo superato i tre anni consentiti per contratti a tempo determinato, non si vedranno riconfermare le supplenze ma anche da quanti, idonei ai precedenti concorsi, sono esclusi dalle graduatorie a esaurimento. Tutti ricorsi ad alta probabilità di essere accolti».
D’altronde, è lo stesso governo a prevedere nella norma le risorse per pagare i danni che saranno richiesti dagli insegnanti non stabilizzati. O meglio, i danni per i quali lo Stato già attende la condanna al risarcimento. I numeri sono importanti. «Si parla complessivamente di almeno un miliardo di euro – prosegue Pacifico – e questo se i calcoli si fanno al ribasso, ossia tenendo conto del risarcimento minimo di ventimila euro. Ci saranno però, sicuramente, rimborsi più consistenti». I precari della scuola – e non solo – non sono tutti giovani neolaureati, ma anzi sono spesso over 40, con situazioni mobili sul lavoro.
Oltre a quelli che si rivolgeranno al giudice perché non compresi nella stabilizzazione, è possibile anzi probabile che diversi altri aprano un contenzioso per opporsi a un trasferimenti obbligato. «Tutta la procedura, per come è impostata, si presta ad aprire contenziosi – dice Massimo Di Menna, segretario generale Uil Scuola – Per non perdere la nomina, gli insegnanti dovranno presentare domanda di assunzione in tutte le province. Quindi chi vive e lavora a Napoli potrebbe essere costretto a spostarsi a Verona, pena la decadenza dal ruolo. Non sarà facile per persone di 45 o 48 anni, con famiglia» [Valeria Arnaldi, Il Messaggero 6/7].