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 2015  luglio 11 Sabato calendario

PAESE CHE VAI FIGURACCIA CHE TROVI GALATEO DA VIAGGIO

Pechino vuole istituire dei corsi di etichetta per i cinesi che vanno in vacanza all’estero (140 milioni nel 2014), perché - tra cattive abitudini come sputare, spingere in coda e lasciare cadere dalla bocca sul tavolo del ristorante i bocconi non graditi - creano problemi d’immagine alla seconda economia mondiale. Ma gli italiani oltreconfine come si comportano? Sono 12,7 milioni (contro i 17 del 2007) quelli che, anche per pochi giorni, vanno in vacanza all’estero. Se tendiamo a essere un po’ più educati dei cinesi, soprattutto in Estremo Oriente, appariamo spesso grossolani e decisamente provinciali.
Cin cin
Emblematica l’avventura d’un nostro imprenditore a Tokyo. Per suggellare l’affare concluso ha alzato il bicchiere e invitato a brindare con un «cin cin». I partner sono sbiancati: in giapponese quel termine è la più volgare accezione di «pene». Ma è stato solo l’ultimo di una serie di errori. Ha scambiato i biglietti da visita con una sola mano e li ha subito intascati: gesti che testimoniano scarsa considerazione. La «business card» (primo approccio d’un popolo timidissimo) va sempre data e presa con due mani. Poi va guardata e tenuta sul tavolo sino a fine incontro.
Il signore, poi, è entrato in casa del suo ospite senza togliersi le scarpe. Non s’è inchinato davanti a sua moglie, ma le ha stretto con forza la mano: due manifestazioni d’arroganza. Ha poi rifiutato la rituale tazza di tè, dicendo di preferire il caffè: è segno di benvenuto e, se non la si gradisce, basta portarla alle labbra. Ha interrotto il cliente e alzato il tono di voce durante la contrattazione, rischiando di «fargli perdere la faccia».
In Oriente non bisogna mai urlare né perdere la pazienza, tanto più se si ha bisogno d’aiuto. La filosofia confuciana, base delle società del «Far East», non prevede il rifiuto. L’aggressività mostra debolezza. Se vi alterate perché l’affare non si conclude, rischiate di perderlo. Il nostro amico, raffreddato, s’è poi soffiato rumorosamente il naso a tavola: volgarità paragonabile a scorreggiare in pubblico in Europa. Bisogna tamponare e, se proprio non si resiste, si deve andare in bagno.
Nel piatto
Viaggiando in culture diverse è facile fare gaffe. A tavola in Cina, se si è ospiti, mai rifiutare il cibo offerto. Basta assaggiare. E non si deve finire tutto quel che c’è nel piatto: va lasciato qualche chicco di riso per mostrare che il pasto era abbondante. E mai piantare le bacchette in una ciotola di riso: è una pratica funeraria.
Nel mondo islamico, invece, accavallare le gambe mostrando la suola delle scarpe è un insulto e può provocare reazioni violente. A fine pranzo la tazzina del caffè viene continuamente riempita. Se non ne volete più, non dovete coprirla con la mano (offensivo) ma rovesciarla. E una donna non deve mai toccare un uomo in pubblico: in Iran è reato. In Medio Oriente come in India, se si diventa amici con una persona dello stesso sesso, è normale passeggiare mano nella mano: non sottintende proposte gay. Chi rifiuta nega l’amicizia. E nei bazar non s’inizia una contrattazione se non si vuole comprare un prodotto: è un lavoro non un gioco.
A mani giunte
In India e nei Paesi buddhisti è disdicevole accarezzare la testa dei bambini, perché è la sede del chakra Sahasrara: se toccata da uno sconosciuto - forse impuro - dev’essere al più presto sanata con riti di purificazione. Le donne, poi, non devono mostrare le spalle: parte erogena al contrario del ventre, che qui è esibito nudo da sotto il seno fino al pube. Inoltre mai dichiararsi atei: essere europei equivale a essere cristiani. La risposta giusta, quindi, è «Dio è uno».
Le persone si salutano a mani giunte, come in preghiera, non stringendo la mano. Non bisogna toccare i bramini, la casta sacerdotale. E nemmeno sfiorare le persone con la mano sinistra: serve per l’igiene intima. Si mangia con la mano destra. Un rutto dopo pranzo manifesta gradimento. Se vi trovate a cena da una famiglia sikh, dovete finire tutto quel che c’è nel piatto: avanzarlo è un insulto alla povertà.
In Australia, se parlate con un aborigeno, potete toccarlo e non guardarlo negli occhi: lo sguardo diretto viola la loro interiorità. Nei Paesi anglosassoni il cenno che facciamo in Italia con le dita per ordinare due birre al bar è la più triviale offesa.
Gli esempi possono continuare. È una giungla di atti e parole in cui è difficile districarsi. Ci provano le Culture Shock! Guides to Customs and Etiquette, manuali di galateo e stile di vita in inglese dei maggiori Paesi: in vendita su Amazon. Utili anche le guide in italiano Mind the Gap edite da Morellini.
Marco Moretti, La Stampa 11/7/2015