Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 11/7/2015, 11 luglio 2015
I VELENI DI QUELLA CENA E IL “RUOLO ANOMALO DI GIULIO”
Tutto il potere ai Napolitanos. E l’ombra velenosa di un ricatto al Quirinale. Dunque, il 5 febbraio 2014 è la data chiave sulla famiglia Napolitano nelle carte napoletane dell’inchiesta sulla Cpl Concordia. A tavola, in un pranzo alla Taverna Flavia di Roma, si siedono in quattro: il già citato Nardella, oggi sindaco di Firenze ma in quel momento ambasciatore renziano nella Capitale; il generale Michele Adinolfi; Vincenzo Fortunato, ex potentissimo capo di gabinetto di Giulio Tremonti all’Economia; infine Maurizio Casasco, presidente dei medici sportivi. È Nardella che introduce il discorso sulla questione del potere di Giulio Napolitano sotto il governo di Enrico Letta. Cita Daniela Santanchè, come per dire: “Lo sa anche lei e mi ha avvicinato per dirmelo”. Gli altri commensali annuiscono. Poi Adinolfi allude alla ricattabilità dell’allora capo dello Stato per via del figlio Giulio.
Santanchè conferma: “Nardella dice la verità”
Rivela Daniela Santanchè: “Confermo tutto quello che dice Nardella. In ambienti politici molto importanti, e ripeto molto importanti, era dato per certo il potere di Giulio Napolitano e la sua conseguente influenza al Quirinale. Ho sentito parecchie cose. No, non ricordo di aver parlato di qualcosa di specifico con Nardella. Il presidente ricattabile? Noto da quello che scrivete che sia Renzi sia Berlusconi erano antipatici a Giorgio Napolitano, per non usare un altro termine. Allora non capisco perché il presidente è stato costretto a nominare Renzi premier. Questa è una storia tutta da scrivere”. La Pitonessa berlusconiana confonde un po’ le acque perché la presunta ricattabilità del presidente emerito della Repubblica, secondo il generale delle Fiamme Gialle, Michele Adinolfi, è riferita a un’altra, storica cerchia di potere: “L’ex capo della Polizia… Gianni De Gennaro e Letta ce l’hanno per le palle, pur sapendo qualche cosa di Giulio”. L’allusione di Adinolfi è enorme. Napolitano junior le derubrica a chiacchiera da taverna. Ma la fonte è autorevole.
Il potere al tempo dei governi tecnici
In questo contesto s’inserisce la prima pista sulle consulenze e sui lavori di Giulio Napolitano, docente universitario a Roma Tre (dove è stato rettore suo zio Guido Fabiani) e amministrativista, allievo di Sabino Cassese. Di “favori”, “consulenze” parlano Nardella e Fortunato, ma Adinolfi obietta che “non è normale passare dal figlio per arrivare al padre”. Il colloquio ricama un ruolo di “Giulio” simile a quello ricoperto da Gianni Letta nel nominificio nell’era berlusconiana. In realtà, questo presunto potere del figlio di Re Giorgio sarebbe iniziato ancora prima del governo di Enrico Letta. La sua ascesa partirebbe dall’esecutivo tecnico di Mario Monti, quando come sottosegretario alla Giustizia viene scelto Andrea Zoppini, che è più di un socio per Napolitano jr. È il suo “gemello” di studio. L’avventura di Zoppini al governo è però breve. È indagato per frode fiscale e si dimette nel maggio del 2012.
La premiata ditta insieme con “Andrea”
Gli incarichi professionali ai due sono infiniti e prestigiosi, con parcelle milionarie. Il loro terreno prediletto è il Tar. Il loro recinto è di marca lettiana, sempre nel senso di Enrico ma Napolitano jr. si muove anche da solo e ha agganci in altre fondazioni, da Astrid (Bassanini) a ItalianiEuropei (D’Alema e Amato). Nel 2003, per esempio, prese due consulenze legali da 15mila euro dalla giunta Veltroni: sei anni dopo la Corte dei conti stabilì che non ce n’era bisogno. È trasversale a tutto il centrosinistra. E non solo. “Giulio” scrive anche leggi. Si occupa del riordino delle Autorità e di riforme sportive, queste ultime grazie a Giovanni Malagò, presidente del Coni. Ritorniamo però al legame con Zoppini.
“L’influenza sul padre” per il governo Renzi
Sempre il 5 febbraio dell’anno scorso, il già citato Fortunato telefona a un amico giornalista, Fabrizio Ravoni, che è stato a Palazzo Chigi nell’ultimo governo Berlusconi. I due parlano ancora del potere di Giulio Napolitano e Fortunato definisce il presidente “uomo di merda” perché in tempi di rigore si sarebbe mosso per “far passare provvedimenti per l’Università che stavano al cuore al figlio”. Ancora una volta la pista porta a Zoppini. Scrivono i magistrati: “Continuando a parlare di Napolitano Giulio, Fortunato ritiene da vox populi che questi abbia un ruolo anomalo e che stia influenzando il padre per le nomine del nuovo governo Renzi: ‘Senti il figlio continua a essere un po’ voce… vox populi di un ruolo anomalo di Giulio Napolitano e fa le nomine’. Anche Ravoni è d’accordo al riguardo e soggiunge: ‘… Lui e il suo sodale stanno a fà le nomine allo studio del titolare’. La persona di cui parla Fortunato è sicuramente Zoppini Andrea, titolare di uno studio legale a Roma di cui Napolitano Giulio è associato”.
Le confidenze di un ex guardasigilli
È nel vasto giro di nomine e incarichi che risiede la chiave del mistero sollevato da Adinolfi sulla presunta ricattabilità di Giorgio Napolitano? Oppure bisogna andare alle confidenze di un ex ministro della Giustizia che, mesi fa, insinuò situazioni ben più gravi?
Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 11/7/2015