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 2015  luglio 11 Sabato calendario

LOTTI LO PRESENTÒ A MATTEO E DIVENNERO AMICI

Il generale Michele Adinolfi ha 44 anni di servizio nella Guardia di Finanza. Ed è arrivato a Firenze solamente nel 2011 come comandante interregionale di Toscana ed Emilia-Romagna. Dalle intercettazioni dell’indagine della Procura di Napoli sulla Cpl Concordia e diffuse ieri dal Fatto, si scopre un profondo legame di amicizia tra Adinolfi e Matteo Renzi, creato in tre anni. Tanto che quest’ultimo aveva intenzione di nominarlo al vertice delle Fiamme Gialle una volta diventato premier ma è stato anticipato dal suo predecessore, Enrico Letta, che ha confermato il generale Saverio Capolupo, pochi giorni prima di vedersi sottrarre il governo da Renzi attraverso una ormai evidente manovra di potere.
Eppure i due hanno approfondito il loro legame solo nel 2013, grazie a Luca Lotti, giovane miracolato dall’allora sindaco, nonché cinico equilibrista nei rapporti con le forze armate per conto del capo, Matteo. Quando nel giugno 2013 esplose lo scandalo delle escort a Palazzo Vecchio fu Lotti a monitorare da dietro le quinte le indagini e a pilotare le conseguenze politiche distanti dal Palazzo.
Sempre a Lotti venne affidato il dossier interno sulla casa che Marco Carrai ha pagato all’amico Renzi e varie altre piccole grane che hanno coinvolto nel tempo l’attuale presidente del Consiglio. Ma le intercettazioni raccontano di un legame diretto tra Adinolfi e Renzi. Con il generale che regala cravatte al premier, preoccupandosi che se non gli piacciono i colori le può cambiare, e l’altro che confida all’uomo delle Fiamme Gialle come sta provocando la caduta dell’esecutivo Letta. Perché in meno di un anno i due sono diventati così uniti? Tanto che Adinolfi, dopo aver visto sfumare la nomina a capo della Finanza chiederà a Renzi la guida dell’Aise (ex Sismi), al posto di direttore o vicedirettore del servizio segreto che in quel momento era vacante ed era scelto dalla Presidenza del Consiglio.
Alcune recenti inchieste hanno svelato come la Guardia di Finanza sia spesso al centro dei giochi di potere dei Palazzi. Dal Mose, che portò in carcere il generale Emilio Spaziante per aver ricevuto mazzette in cambio di informazioni riservate, all’alta velocità e grandi opere fino alla Cpl Concordia, gli uomini delle Fiamme Gialle sono spesso perni stessi del sistema corruttivo. Del resto, come spiegò lo stesso Spaziante ai pm di Napoli che lo interrogarono per l’inchiesta sulla P4, “nella Gdf le notizie investigative giravano e arrivavano al Comando generale”: i vertici sanno tutto. Compresi comandanti regionali e interregionali. Gli stessi pm di Napoli titolari dell’inchiesta sulla Cpl hanno parlato di “sistematica e piuttosto inquietante ingerenza in scelte e vicende istituzionali ai più alti livelli” da parte di Adinolfi. La posizione del generale, inizialmente indagato, è stata archiviata. E mai sono state indicate nello specifico le supposte ingerenze. Renzi, inoltre, non è mai finito direttamente in nessuna inchiesta, seppure ci siano diversi fascicoli in Procura a Firenze che riguardano vicende a lui collegate. È uscito totalmente indenne anche dalla vicenda dei contributi figurativi per l’azienda del padre nella quale era stato assunto poche settimane prima di essere eletto presidente della Provincia e poi pagati dallo Stato per dieci anni: si è dimesso dalla società dopo che Il Fatto aveva rivelato i contorni imbarazzanti della storia nel 2014. Senza altri danni. Una vicenda simile (anche se ogni caso fa storia a sé) ha trascinato un ex ministro in Procura con l’accusa di truffa aggravata: Josefa Idem. Secondo le indagini svolte dalla Gdf di Ravenna, coordinata dal pm Angela Scorza, l’ex olimpionica si era fatta assumere dal marito poco prima di essere riconfermata assessore del Comune di Ravenna, così da far versare i contributi previdenziali all’ente. Un’occupazione durata però appena sette mesi. Non dieci anni.
Davide Vecchi, il Fatto Quotidiano 11/7/2015