Gianni Mura, la Repubblica 11/7/2015, 11 luglio 2015
PAOLINI, CHE BRUTTA STORIA CACCIATO PER LA COCAINA NEL GIORNO DI CAVENDISH
FOUGERES
Bella giornata, non fosse che è italiano il primo dopato del Tour 2015: Luca Paolini, 38 anni, una lunga carriera azzurra, considerato dal ct Cassani uno dei migliori gregari in circolazione, quest’anno aveva sorpreso tutti vincendo la Gand-Wevelgem. Un comunicato dell’Uci annuncia la sua positività (cocaina) a un controllo effettuato martedì scorso. La cocaina fa pensare a un uso privato, non per migliorare le prestazioni, ma per il ciclismo italiano, che con gli scandali e i processi non ha ancora chiuso tutti i conti, è comunque una brutta notizia. Ovviamente Paolini ha il diritto di chiedere le contranalisi, ma la sua corsa è finita. Il corridore ha lasciato l’albergo della sua squadra prima che arrivassero i giornalisti ed è ripartito per l’Italia. La sua eventuale squalifica dipende dal periodo in cui ha assunto la cocaina, che è considerata doping dalla Wada se assunta durante la competizione.
È ricominciata invece la corsa vittoriosa di Cavendish. Cannonball è il suo soprannome. A vederlo sorpassare Greipel, il più potente dei velocisti, non si direbbe che Mark Cavendish da ragazzino studiasse danza classica. Sua madre Adele aveva un negozio di articoli da ballo, sull’isola di Man. Ci aveva abituati troppo bene, Cannonball. Questa è la sua 26ª vittoria di tappa al Tour. Ricapitolando: 4 nel 2008, 6 nel 2009, 5 nel 2010, 5 nel 2011, 3 nel 2012, 2 nel 2013, nessuna l’anno scorso perché una caduta (per colpa sua e a casa sua) lo aveva messo subito fuori gara. Qui festeggia come se fosse la prima volta, e c’è da capirlo. Non è soltanto la terza vittoria per l’Etixx, e torna alto il morale dopo il forzato abbandono di Tony Martin. È anche la dimostrazione che Cavendish non pedala sul viale del tramonto. Il dubbio c’era. «Ma non nella mia testa, io sentivo che bisognava aver pazienza, aspettare il momento giusto. Vincere non è facile per nessuno e io prima degli avversari dovevo battere la mia ansia. Mi sono regolato su Kristoff, che in genere parte lungo. Stavolta no. Ho dovuto evitare Guarnieri, mi sono lanciato. Ma devo dire grazie a Greipel, un altro al suo posto mi avrebbe stretto contro le transenne, deviando, ma lui è andato dritto. Un vero gentiluomo».
Dedica la vittoria a Martin: «Con lui, è come essere in 12». Poi alla moglie e alla figlia. «Ho attraversato un brutto anno e loro mi hanno aiutato molto». Le sue donne sono sul traguardo: la moglie Peta, ex fotomodella, e la figlia Delilah, che gli assomiglia molto. E ride stringendo il mazzo di fiori. Per chiudere coi numeri, di tappe ne ha vinte anche 17 al Giro e 4 alla Vuelta. Aggiungiamoci un titolo mondiale su strada, due su pista, una Sanremo e altre vittorie, in totale 142. Negli sprint è costante la presenza di Peter Sagan, secondo o terzo. Gli manca l’acuto, ma sta facendo un lavoro enorme per rosicchiare punti a Greipel per la maglia verde, secondi a Froome per la maglia gialla. Sagan è secondo in entrambe le classifiche, e primo in quella dei giovani (maglia bianca). E negli sprint, intermediari o finali, deve arrangiarsi, nel senso che non ha un treno a disposizione. Non so come andrà a finire, ma nella prima settimana di corsa è quello che ha speso più energie di tutti.
Il Tour ha lasciato la Normandia arrivando, di poco, in Bretagna. Dove s’addentrerà oggi e domani con la cronosquadre. Mûr de Bretagne ha un accento circonflesso sulla “u” e dunque il suo nome non si riferirebbe al muro, con una certa ironia chiamato dai bretoni «la nostra Alpe d’Huez».
Gli ultimi duemila metri, quasi tutti in linea retta, hanno una pendenza del 6,9%.Un traguardo da finisseur, comunque più adatto a Sagan e Degenkolb che a Cavendish e Greipel. Le strade bretoni sono più tormentate e tortuose di quelle normanne, potrebbero favorire una fuga, ma il gruppo sta recuperando energie nervose, si respira un’aria da scampato pericolo, di uscita da un incubo. È un concetto espresso anche da Froome, che ieri mattina non ha voluto indossare la maglia gialla e oggi dovrà. «Potevo scegliere, ma ho deciso di no. Per rispetto a Tony Martin, cui faccio tanti auguri. E poi perché la maglia da primo in classifica bisogna conquistarla sulla strada, non ereditarla in seguito a una caduta». È uscito senza danni dalla fase per lui più dura. Contento? «Sì, perché non ho avuto problemi né cadute. Ma non credo e non ho mai creduto che fosse la fase più dura. Vogliamo fare un paragone con i Pirenei e le Alpi? Bravi i miei compagni a mantenermi nelle posizioni di testa». È anche tornato sulla visita a Nibali. «Il nervosismo è una conseguenza dello stress. Quando le ho, mi prendo le mie responsabilità ma con la caduta di Vincenzo non c’entravo nulla. Ci siamo chiariti, meglio farlo subito, tutto a posto».
Si è partiti da Livarot, che deve la sua fama a un formaggio. Se non avete nulla da fare, nella prima settimana di agosto c’è il campionato di mangiatori di Livarot. La prova consiste nell’inghiottire nel più breve tempo possibile 750 grammi di formaggio col solo aiuto di una bottiglia d’acqua. Il record da battere, 1’51”, è detenuto da Philippe Guilhaire. Non ci sarò. Tenacemente e orgogliosamente slow, mi terrò alla larga. Chacun son cirque, come scrisse Giacomo Pratoverde.
Gianni Mura, la Repubblica 11/7/2015