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 2015  luglio 11 Sabato calendario

PERISCOPIO

Lei dice che mi trova in forma? Le polmoniti, tre di seguito, mi stavano accoppando e lei mi trova in forma. Bel pezzo di bugiardo. Giovanni Sartori, politologo (Antonello Caporale). Il Fatto.

Mario Adinolfi: «George Michael è ingrassato per colpa della marijuana». Adinolfi invece è ingrassato per aver mangiato George Michael. Spinoza.

Magistrato: «Lei ha comprato un senatore». Berlusconi: «E allora? Perché vi accanite a non capire che sono fatto così?». Altana. la Repubblica.

Grillo. Sta con il panzone al sole nella villa di mare di Marina di Bibbona, poi mette gli occhialini Ray Ban a specchio e va a fare le consultazioni... oehi... che siamo al teatro? Al circo equestre? Vincenzo De Luca, neopresidente della Regione Campania. La Stampa.

Nei secoli fedele. «Non possiamo isolare la Russia. Un errore la strategia punitiva» (Giorgio Napolitano, ex presidente della Repubblica, Corriere della Sera, 14.6). Sempre con l’Armata Rossa, oggi come nel 1956. Marco Travaglio. Il Fatto.

Il neo premio Campiello, Nicola Lagioia, scrive frasi del genere, finto pensose: «Era uno splendido pomeriggio fuori stagione dei primi anni Novanta, uno di quegli avanzi che l’estate ripone in uno spazio oltremondano per evitare alla temperatura di salire troppo». Dove apri apri, Lagioia scrive così, un felice mix tra Carolina Invernizio e Nichi Vendola. Massimiliano Parente. Il Giornale.

I miei anni con Claudio Rinaldi all’Espresso furono segnati dalla guerra fredda con Massimo D’Alema. Lo definiva un primo della classe, un po’ saccente e non attraversato da grandi passioni. Poi, dopo vari screzi, un pranzo riconciliatorio durante il quale un leader Maximo scoppiettante dice che Giampaolo Pansa (allora condirettore dell’Espresso) non capisce niente di politica e che Romano Prodi (candidato premier dell’Ulivo che lui stesso aveva indicato) ne capiva meno di Pansa. Antonio Padellaro. Il Fatto.

Anche alla tv la stella del presidente della Regione Sicilia è tramontata, dopo i fasti da protagonista dei primi mesi, mattatore nella gilettiana arena. Crocetta è finito a recitare da caratterista nei talk show, un ferri botte qualsiasi da mettere in mezzo quando c’è da rinverdire lo stereotipo del siciliano approssimativo. D’altronde, pochi in tv sanno incasinarsi la vita come lui, confondendo milioni con miliardi, mesi con anni, lucciole con lanterne. Salvo Toscano. Il Foglio.

«Preservativo? Mai usato in vita mia. Sono sempre andato al naturale, che ci devo fare? Non mi sono mai beccato una malattia, e con tutte le donne che ho avuto prima del matrimonio ho avuto fortuna». Così il senatore di Forza Italia Antonio Razzi a La Zanzara su Radio 24. «Ho avuto fortuna», dice Razzi, «era pericoloso ma quelle con cui sono andato erano tutte belle pulite, stirate e cucite. E non ho mai usato nemmeno il viagra». «Fare l’amore senza preservativo», prosegue, «è tutto un altro gusto, ai giovani dico che se vuoi assaporare il vero gusto lo devi fare al naturale. Non bisogna usare il preservativo, altrimenti usi la gomma, tanto vale che pigli una ruota della macchina e lo fai con quella. Certo, con la donna di strada è pericoloso, devi usare il preservativo». Questa estate», spiega Razzi, «andrò a Ibiza, mi ha invitato una grande discoteca per cantare e ballare una versione della mia canzone Famme cantà. Tornerò a fare il giovanotto fino alle cinque del mattino, di solito vado a letto alle undici». «Sto preparando una versione più giovanile della canzone, e poi mia moglie è spagnola, a Ibiza mi sentirò a casa perché parlo bene la lingua», conclude il senatore azzurro. Antonio Razzi. La Zanzara.

Machiavelli disse che la Chiesa non possedeva sufficiente forza per unificare, ma aveva il potere spirituale per impedire ad altri di farlo. È un filo che, tirandolo fino ad oggi, spiega molte cose interessanti della nostra tragica debolezza di fronte agli altri Stati. È una tesi che mi ha portato numerose critiche sia da destra che da sinistra. Ogni tanto penso che avrei dovuto fare un mestiere diverso dallo storico. Adriano Prosperi, storico (Antonio Gnoli). la Repubblica.

In Italia il codice penale è diventato il codice etico della politica. Ma soltanto perché la politica è debole nel rapporto con la società, e sembra interessata al solo obiettivo di vincere le elezioni, non all’obiettivo di governare la comunità. La lotta politica ha assunto una torsione ludica, come se fosse un gioco, non un impegno gravoso per il governo del paese. Lo abbiamo visto nelle recenti elezioni regionali, cinque a due, sei a uno, come se si trattasse di una partita di tennis. E quindi le iniziative giudiziarie, a prescindere dalla loro fondatezza, diventano armi da usare contro l’avversario politico del momento. Per questo si fa, a volte, un uso immorale della questione morale. Luciano Violante (Salvatore Merlo). Il Foglio.

Crede nel subconscio come i cattolici più convinti credono nella Trinità e nella dottrina della transustanzazione. Per lei il subconscio spiega ogni cosa e le permette, quindi, di distribuire recriminazioni e assoluzioni su base subconscie. Una fonte tanto di condanna quanto di redenzione, a seconda dell’umore del momento. Steve Tesich, Karoo. Adelphi.

La Mina non è la tigre di Cremona. È un usignolo con la forza di un rinoceronte e l’anima di uno sciacallo. Andrea Gentile, Volevo tutto. Rizzoli.

Mi era piaciuto molto La califfa di Alberto Bevilacqua, sapevo tutto di lui. Era stato giornalista sul campo, come me. Lo aveva scoperto Leonardo Sciascia, che un giorno del 1955 s’era presentato di persona (essendo Bevilacqua sprovvisto di telefono) nella sua modestissima casa di Parma. «C’è alla porta un tizio vestito di nero come un becchino che vuol parlare con te», gli disse la madre. Tramite un amico parmigiano, lo scrittore siciliano aveva avuto occasione di leggere il primo romanzo del giovanotto, La polvere sull’erba, che però sarebbe uscito soltanto 45 anni dopo. Gli era venuta voglia di conoscerlo. Credo che Sciascia sia stato uno dei pochi, se non l’unico, a dimostrargli simpatia. Per il resto Bevilacqua era detestato dalla casta dei sopracciò della cultura, che, invidiosi del suo successo, lo trattavano come un romanziere da collana Harmony. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

Ha una tale paura di fare una brutta figura che ne farà una ancora peggiore. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/7/2015