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 2015  luglio 11 Sabato calendario

I PIANI DI TSIPRAS PRIMA E DOPO IL REFERENDUM

Già prima del ricorso al referendum, erano caduti i punti di dissenso che potevano essere sceneggiati come lotta tra la sinistra greca e il neoliberismo internazionale, tipo salario minimo e leggi sul lavoro. Il governo di Atene aveva anche accettato il principio che alcuni economisti di fama mondiale lo esortavano a rifiutare: una forte stretta al bilancio già da quest’anno. La rottura del negoziato è avvenuta sulle correzioni in rosso a un documento di parte ellenica, contestate da Alexis Tsipras come una inaccettabile ingerenza nella sovranità nazionale. Sull’obiettivo da raggiungere, almeno a parole, l’intesa c’era: 1,8 miliardi di euro di attivo di bilancio nel 2015 tolti gli interessi sul debito (1% del prodotto lordo), il doppio nell’anno seguente.

Iva
Differivano gli ingredienti. A fine giugno la divergenza sull’Iva era arrivata a poca cosa, una manovra da 0,93 punti di Pil secondo i greci, da 1 punto secondo i creditori (5 € a persona, in media). I creditori volevano abolire l’Iva ridotta su alberghi e ristoranti, portandoli all’aliquota base del 23%; i greci controproponevano 13% per gli alberghi 23% per i ristoranti. A un certo punto il governo Tsipras sembrava aver accettato di far scomparire le aliquote Iva ridotte del 30% di cui godono le isole comprese ricche destinazioni turistiche come Rodi, Mykonos, Santorini, dannose soprattutto perché occasione di frode. Poi invece aveva fatto marcia indietro, il trattamento speciale per le isole non si poteva cambiare.

Pensioni
Un altro punto importante di dissenso erano le pensioni. Il sistema previdenziale greco è in grave squilibrio perché, nonostante i tagli alle prestazioni degli anni scorsi, le entrate contributive e da investimenti coprono solo il 57% delle uscite. Il governo Tsipras aveva proposto un aumento dei contributi a carico delle imprese bocciato dalla ex-troika perché dannoso alla competitività. Ma soprattutto occorreva farla finita con i pensionamenti anticipati, dato che al momento lo statale medio va a riposo a 56 anni. Qui il dissenso verteva sulla rapidità con cui mutare le regole attuali: subito, senza indugi, sostenevano i creditori. Si discuteva poi sulle cosiddette pensioni supplementari, con i greci che le difendevano soprattutto per i redditi più bassi.

Richiesta di aiuti
La richiesta di finanziamento era di 15,5 miliardi di euro per un periodo di 5 mesi. I più intrattabili sembrano i generali e i farmacisti. Nel documento trapelato ieri, il governo Tsipras accetta la gran parte delle richieste dei creditori, salvo resistere sulla riduzione delle spese militari e sulla liberalizzazione dei farmaci da banco. Compare anche un impegno (vago) a tassare gli armatori, i più ricchi tra gli imprenditori greci, finora beneficiari di vaste esenzioni.

Iva e spese militari
Ha ceduto invece la lobby delle isole, per le quali Alexis Tsipras accetta di abolire le aliquote Iva ridotte; però da ottobre, dopo la fine della stagione turistica. La manovra sull’Iva sarà dell’1% di prodotto lordo in ragione annua, come richiesto dai creditori. Sempre dall’autunno sui ristoranti sarà applicata l’aliquota Iva ordinaria del 23%, sugli alberghi del 13%. La marcia indietro è avvenuta in due fasi. E’ cominciata con la lettera di Tsipras a Juncker, Draghi e Lagarde datata 30 giugno, dopo la rottura delle trattative ma prima del referendum. Lì si insisteva ancora sull’Iva agevolata per le isole, si accettava di ridurre le spese militari di 200 milioni quest’anno, 400 il prossimo. Nel documento di ieri Atene fa numerosi passi avanti ma anche uno indietro: intende ridurre le spese militari (altissime; c’è ancora il servizio di leva) solo di 100 milioni di euro quest’anno, 200 nel 2016. Quanto alle liberalizzazioni, si accolgono tutti i consigli Ocse tranne quello sull’aspirina fuori delle farmacie.

Pensioni
Riguardano la previdenza le concessioni decisive. Tsipras accetta il principio che il sistema pensionistico è oggi insostenibile, che gli interventi devono dare un contributo importante (0,5-0,25 punti di Pil, 450-900 milioni) e che vanno iniziati subito. Soprattutto si tratta di «introdurre forti disincentivi al pensionamento anticipato» con un percorso a tappe che porterà ad allineare entro il 2022 tutti alla norma dei 67 anni di età oppure 62 se con 40 anni di contributi. L’unico punto di resistenza è che le pensioni supplementari per i redditi più bassi siano conservate integre fino al marzo dell’anno prossimo.

La richiesta di aiuti
Il grande contraccambio è avviare il negoziato su uno sgravio del debito. La richiesta di aiuti per 53,5 miliardi in tre anni non è comparabile con la precedente, che concerneva un arco di tempo più breve. Il problema qui è tutt’altro: dopo i danni all’economia apportati da due settimane di chiusura delle banche, quasi certamente non bastano. C’è chi dice che ne serviranno 70.