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 2015  luglio 11 Sabato calendario

Il Parlamento greco approva il piano di accordo proposto da Tsipras ai creditori • Dall’otto per mille alla Chiesa cattolica va più di un miliardo, il due per mille dà ai partiti solo 325mila euro • L’Agenzia delle Entrate paralizzata dalla carenza di dirigenti • Nove donne francesi su dieci sperimentano la mano morta • È morto Omar Sharif Grecia In tarda notte il Parlamento greco ha approvato il piano di accordo con i creditori proposto dal premier Alexis Tsipras

Il Parlamento greco approva il piano di accordo proposto da Tsipras ai creditori • Dall’otto per mille alla Chiesa cattolica va più di un miliardo, il due per mille dà ai partiti solo 325mila euro • L’Agenzia delle Entrate paralizzata dalla carenza di dirigenti • Nove donne francesi su dieci sperimentano la mano morta • È morto Omar Sharif Grecia In tarda notte il Parlamento greco ha approvato il piano di accordo con i creditori proposto dal premier Alexis Tsipras. Le proposte inviate da Atene a Bruxelles, giovedì scorso, includono molte riforme e misure di austerità pretese dalla Germania e dalla ex troika dei creditori (Commissione europea, Bce e Fmi di Washington), in passato rifiutate. Il piano dell’Eurogruppo di fine giugno sul quale Tsipras si era rimesso agli elettori, chiedendo «il grande No», valeva 8,5 miliardi di sacrifici. Adesso il partito del premier quasi al completo e l’intero parlamento (meno neonazisti e veterocomunisti) mandano il governo a negoziare a Bruxelles sulla base di una dose di austerità da 12 miliardi: oltre il 6% del Pil in due anni. Aumenta l’Iva su quasi tutto con valore retroattivo al primo luglio. Sale dal 26 al 28% l’aliquota sul reddito d’impresa. Vengono smantellati i trattamenti fiscali preferenziali per gli agricoltori e le isole. Sparisce il sussidio sul gas da riscaldamento e per il carburante da macchine agricole. Cambiano le aliquote delle imposte sulla casa in modo da garantire comunque obiettivi di gettito prefissati. Salgono il prelievo sugli yacht, e quello sul gioco d’azzardo. Aumenta dal 4% al 6% il contributo sanitario su tutte le pensioni, incluse le più basse. Viene gradualmente smantellato il contributo di solidarietà sugli assegni previdenziali dei più poveri. E nell’eventualità in cui gli obiettivi non siano centrati scatteranno nuove clausole: un nuovo aumento al 29% della tassazione sul reddito d’impresa, sempre da pagare integralmente come acconto per l’anno dopo. Otto per mille Dalle opzioni esercitate sulle dichiarazioni dei redditi: sono più di 15 milioni quelli che hanno scelto di donare l’8 per mille alla Chiesa, quelli che lo hanno dato allo Stato sono 2,5 milioni, quelli che hanno destinato il 2 per mille ai partiti sono appena 16.518. Tutti gli altri, che costituiscono il cosidetto «inoptato», hanno implicitamente convogliato il 2 per mille nelle casse dello Stato. Quindi un miliardo è andato alla Chiesa cattolica, 192 milioni allo Stato e 325mila euro ai partiti (salvo i milioni delle donazioni private). Nella classifica del due per mille il Pd stravince. Sono 10.157 i militanti e simpatizzanti dem che si sono schierati barrando le rispettive dichiarazioni dei redditi. Al secondo posto, lontanissima, c’è la Lega che ha mobilitato 1.839 contribuenti per un gettito complessivo di 28.140 euro. Segue Sinistra Ecologia Libertà (1.592 per 23.287 euro), Forza Italia (829 donatori per 24.712 euro). Nella parte bassa della classifica la Svp (16.600 euro), il Psi (9.686), Fratelli d’Italia (9.326), Scelta civica (7.102), l’Union Valdôtaine (4.017), l’Udc (3.084), il partito autonomista tirolese (656 euro). Nella lista non c’è il M5S per un duplice motivo: il primo è politico, con una battaglia contro la riforma del 2 per mille, il secondo è pratico e di fatto esclude il Movimento di Grillo dalla ripartizione della quota Irpef perché i Cinque stelle ancora non hanno perfezionato uno statuto interno a prova di articolo 49 della Costituzione (Martirano, Cds). Dirigenti Il 25 marzo 2015 un sentenza della Consulta ha bocciato le nomine di oltre 1.000 dirigenti incaricati tra Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’Amministrazione finanziaria ha perso di botto il 65% dei vertici aziendali. Ora il governo ha deciso che i vuoti potranno essere rimpiazzati con un concorso per esami, al quale potranno partecipare anche i dirigenti retrocessi, ma per sistemare le carenze ci vorrà fino al 2017. I vuoti nell’organico sono clamorosi, e i pochi dirigenti rimasti tamponano i buchi come possono. Il direttore dell’ufficio provinciale di Torino (area ex Catasto) adesso copre l’interim di tutto il Piemonte. La direzione regionale della Lombardia è rimasta con soli 3 dirigenti, uno dei quali a gennaio andrà in pensione. In quella provinciale di Milano, una delle più grandi d’Italia (712 dipendenti, 300mila servizi erogati) un solo dirigente ha l’interim degli 11 che sono stati declassati. E così anche a reggio Emilia, Parma, Modena, Forlì-Cesena. A Roma il dirigente della direzione provinciale Roma I deve fare il lavoro di 8 colleghi (350mila pratiche lo scorso anno), e quelli di Napoli I e Napoli II di quattro a testa. Ciò ha pesanti conseguenze: dalla lotta all’evasione nel 2014 l’Agenzia delle Entrate ha recuperato 14,2 miliardi (cifra mai raggiunta in precedenza). Nel 2015 l’obiettivo era di salire a 14,5, ma secondo alcune stime ministeriali ne saranno recuperati circa 13. Nei primi sei mesi 2015 poi gli accertamenti definiti sono calati del 9% sul 2014 e del 13% sul 2013. Paura anche per la voluntary disclosure, il rientro dei capitali detenuti illegalmente all’estero. Dei complessivi 107 Capi Ufficio Controlli delle direzioni provinciali che dovevano coordinare le pratiche, ne sono rimasti solo 5. Dichiarazione precompilata, fatturazione elettronica, aggiornamento delle attività catastali: molti cambiamenti rischiano di svanire, e uno degli effetti più diretti per cittadini e imprese è il ritardo nell’erogazione dei rimborsi (Bogo, Rep). Molestie Secondo le ultime ricerche, nove donne francesi su dieci hanno sperimentato almeno una volta molestie su bus e metro: battute volgari, fischi, mani morte o aggressioni verbali e fisiche. Il governo ha lanciato così una campagna con dodici misure per lottare contro le molestie negli spazi pubblici, in particolare nei trasporti. «Una mano sul sedere può costarti fino a cinque anni di prigione» è uno degli slogan della nuova campagna (Ginori, Rep). Sharif È morto Omar Sharif, nato ad Alessandria d’Egitto il 10 aprile ’32 come Michael Chalhoub, figlio di immigrati libanesi di religione greco-melchita. Poi studente di matematica e fisica al Cairo, prima del set lavorò nei legnami di famiglia. Yusuf Shahin, allora giovane regista e futuro maestro del cinema egiziano, lo fece esordire sullo schermo in Lotta nella valle nel 1953. In tutta la sua carriera ha recitato in una settantina di film (ultima apparizione, muta, in Un castello in Italia di Valeria Bruni Tedeschi, nel 2013). Gli sono state attribuite tante relazioni con le attrici dei film: «Leggende. Ho avuto meno donne di tutti i miei amici. Le donne della mia vita oggi sono Pepita, la mia cuoca, e la mia segretaria che è con me dal ’68. Ho avuto qualche sbandata della durata di un film, solo un paio di volte ho incontrato donne di cui avrei potuto innamorarmi ma sono scappato, amore significa una casa, qualcosa da costruire insieme, ma non potevo, ero sempre in giro per il mondo. Ho amato davvero solo mia moglie, Faten Hamama. Lei aveva 21 anni ed era una star, io 35 quando ci siamo sposati, ci siamo separati nel ’68, l’ho lasciata per non tradirla. Sapevo che in giro per il mondo non avrei resistito a qualche tentazione». Per sposare Fatin Hamama, Sharif si convertì. «Io, figlio di cattolici osservanti, educato in scuole cattoliche, diventai musulmano». Ha vissuto soprattutto in Francia, a Parigie e Deauville. Ma ogni anno soggiornava a Padova, per un voto a Sant’Antonio fatto a sua madre. Ha sempre mantenuto la cittadinanza egiziana. Giocando a bridge ha dilapidato fortune (per pagare i debiti accettava anche film di cui non era fiero). Nel 1992 subì un’operazione per un triplo bypass e, a maggio di quest’anno il figlio Tarek El-Sharif aveva annunciato che era affetto dal morbo di Alzheimer.