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 2015  luglio 10 Venerdì calendario

PERISCOPIO

«Tsipras non ha un piano ma chiede 7 miliardi a Bruxelles». «Era il piano, quello». Vignetta di ElleKappa. la Repubblica.

Ci sono più musulmani inglesi nelle fila dell’Isis che nelle Forze armate britanniche. The Guardian.

Siccome c’è un scarsa propensione della classe dirigente greca a pensare nel lungo periodo (altrimenti il paese non sarebbe in queste condizioni), la responsabilità maggiore di questa crisi è in capo a chi ha permesso a economie come quella greca di entrare nell’Eurozona. Luciano Capone. Il Foglio.

Salvini al Parlamento europeo con la maglietta «no euro». Glielo scriverei nella prossima busta paga. Spinoza. Il Fatto.

Che cosa possiamo imparare dall’avventura greca? Che se ti intestardisci poi comunque una soluzione la trovano? O che se decidi di non rispettare le regole non sei più uno dei nostri? Paola Peduzzi. Il Foglio.

Siamo ignoranti, spesso ignorantissimi. Non è un’esclusiva italiana, però. Prenda Obama. Frequentava alla Columbia University il corso di laurea dove insegnavo. Ma non l’ho mai visto alle mie lezioni. Le sembra uno capace? Io infatti avevo due corsi importantissimi per lui! Uno sulla teoria della democrazia, l’altro su: metodo, logica e linguaggio in politica. Tu vuoi fare politica e non segui questi corsi? Gli interessava solo di essere eletto. Personaggio da quattro soldi. Giovanni Sartori, politologo (Antonello Caporale). Il Fatto.

Se ero il sindaco di Milano, alla giornalista di Sky che chiedeva delucidazioni sulla questione dei migranti avrei risposto: «Scusi signorina, ma non sa che in questo periodo dell’anno siamo impegnati a mettere giù il cartellone del Piccolo Teatro qui a Milano? Mi scusi, ma il tempo per occuparsi di altri problemi non c’è». Dispiace dirlo, ma il cartellone del Piccolo Teatro è davvero cosa complicata. Nel caso degli immigrati, poi, la Francia fa benissimo a non farli entrare in Costa Azzurra. Ragazzi, non scherziamo, lì a 20 km c’è Cannes e ai registi italiani comunisti darebbe fastidio (anche a Henry-Levy) dover sfilare in smoking con gente del terzo mondo ai lati. Firmato: Dc fissa. Maurizio Milani, scrittore satirico. Il Foglio.

Il mio amico Capellani di Catania mi porta in giro con il suo scooter, in viale Odorico da Pordenone. Siamo senza casco (col casco ci si va quando si deve andare a fare una rapina). Pietrangelo Buttafuoco. Il Fatto.

Ho avuto pochi rapporti amorosi. Non sono stato uno sciupa femmine ma le donne con cui mi sono accompagnato hanno lasciato segni notevoli. Amo profondamente e, quando il rapporto finisce, mi lascia sempre una cicatrice. Ma non sono di quelli che restano amici: no, non mi piace, lo trovo sentimentaloide, triste e malinconico. La storia con Katia Ricciarelli sembra, nell’immaginario della gente, ancora così vicina perché è durata 18 anni. E poi è lei che la rende viva: per me il rapporto è completamente chiuso, lei invece ne parla sempre, mi rivolge appelli, qualche volta per attaccarmi, qualche volta per avvicinarsi. Io ritengo che quando una porta è chiusa - e si è chiusa per motivi seri profondi - è chiusa. Pippo Baudo (Chiara Maffioletti). Corsera.

Come molti intellettuali di sinistra della mia generazione, detestavo Albertone (Sordi) e gli ero programmaticamente ostile. Stavo dalla parte di Walter Chiari. Un modello di vita chiassosa, dissipata, generosa e casinara che era il contrario della proposta sordiana, avara e accumulatrice. Tanto uno era sfasciatore allegro di amori, possibilità e vantaggi, tanto l’altro era calcolatore, prudente, amministrativo e trattenuto. Il pregiudizio, per qualche strana eredità, l’ho in parte conservato, non avrei mai chiesto a Rodolfo Sonego di presentarmi Sordi. Allegra, la moglie di Rodolfo, ogni tanto ci provava: «Facciamo un regalo a Tatti, invitiamo a cena Alberto». Io la dissuadevo e avevo ragione. Sordi non sarebbe stato contento. Tatti Sanguineti (Nanni Delbecchi e Malcom Pagani). Il Fatto.

Perché voi romani siete dei cialtroni, dei truffatori, dei cazzari. Vivete di rendita, sulle rovine della storia, spacciate ricette false e senza ricevuta, perché c’è il preconto Propagandate l’ultima cena di Pasolini da Pommidoro, ma neanche quella è vera Sono due, da Pommidoro, con Ninetto Davoli, poi da Biondo Tevere, con Pino Pelosi. Anche l’ultima cena è una patacca, Pasolini va e non mangia e fa bene perché il Biondo Tevere fa schifo, chiazze d’olio combustibile dentro un oceano inquinato di falsa tradizione, rigatoni precotti serviti su una tovaglia a quadrettoni macchiata di sugo, da camerieri maleducati e sprezzanti, come piace a voi. Alessandro Trocino. Pièce: Roma contro Roma.

Consumo un pasto al giorno, ormai ho uno stomachino. Paolo Poli, attore, 86 anni (Malcom Pagani). Il Fatto.

C’era un operaio che abitava accanto a casa nostra; si chiamava Frehlingen e anche lui aveva vissuto a lungo con una donna divisa dal marito, di cui manteneva i tre figlioletti. Un giorno era andato da lui il parroco e, con la faccia seria e facendo uso di certe minacce, aveva preteso che «mettesse fine a quella situazione immorale». Frehilingen, che era un’anima devota, aveva finito col cacciar via la donna con i suoi tre bambini. E raccontai anche che poi la donna, per dar da mangiare ai tre figli, era finita sul marciapiede e Frehilingen invece, per il dolore (perché le voleva bene sul serio), si era dato al bere. Heinrich Böll, Opinioni di un clown. Mondadori, 1965.

Zio Alvaro era alto di statura, con i capelli tutti bianchi e gli occhi azzurri. Di notte, spesso, gridava, chiamava ancora per nome i suoi compagni morti in guerra, tanti anni prima. Singhiozzava nel sonno, si graffiava (in viso e sulla fronte). Domandava: com’è successo? Perché? Era un riassunto della guerra, ma non di quella piccola e gloriosa dei trentamila partigiani che diventarono trecentomila il giorno della liberazione d’Italia. Sebastiano Vassalli, L’oro del mondo. Einaudi, 1987.

Fin da piccolo leggevo il Carducci perché è nato nel mio stesso anno, il ’35, ma un secolo prima. Cercavo di costruire la mia biografia sulla sua. Carducci ha vinto il Nobel nel 1906 ed è morto nel 1907. L’anno del mio Nobel, il 2006, è passato e non l’ho vinto. Mi dispiace. Ma è passato anche il 2007 e non sono morto. E questo non mi dispiace. Se non m’han dato il Nobel, peggio per loro. A copiare la vita del Carducci non ci tengo più. Ferdinando Camon, La mia stirpe. Garzanti, 2011.

Il mondo sarà anche piccolo, ma che fatica attraversare la strada a settantasette anni. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 10/7/2015