Tino Oldani, ItaliaOggi 10/7/2015, 10 luglio 2015
NELLA PARTITA PER LA BANDA ULTRALARGA, ORA IL GOVERNO RENZI INSEGUE IL FRONT RUNNER BOLLORÉ. E GLI SCREZI NON MANCANO
Nella lettera di 13 cartelle con cui si è congedato dalla presidenza della Cassa depositi e prestiti (Cdp), Franco Bassanini ha dedicato due righe a Telecom Italia: «Nessuna richiesta di acquisizione di quote del suo capitale è stata rivolta dal governo agli amministratori di Cdp, fino ad oggi». L’inciso finale («fino ad oggi») è rivelatore: significa che ciò che il governo di Matteo Renzi non fatto finora, potrebbe farlo d’ora in poi, ordinando al nuovo vertice della Cdp (Claudio Costamagna presidente, Fabio Gallia amministratore delegato) di acquistare un robusto pacchetto di azioni Telecom Italia: quanto basta per entrare nel consiglio d’amministrazione e avere voce in capitolo nella società telefonica, privatizzata da Romano Prodi 18 anni fa e finita di recente, dopo vari passaggi di mano, sotto il controllo del gruppo Vivendi, che fa capo al finanziere bretone Vincent Bolloré (vedi ItaliaOggi di ieri).
I mezzi finanziari, in fondo, alla Cdp non mancano, visto che gestisce oltre 250 miliardi di risparmio postale. Ciò che sembra mancare, invece, è una chiara strategia finanziaria e industriale, quanto mai necessaria in una partita in cui si decide il futuro della banda larga e dell’industria media-telefonica in Italia. Una partita in cui il governo e la Cdp appaiono sempre più come degli inseguitori in affanno del front runner Bolloré. Un mese fa, dopo avere annunciato a sorpresa il cambio della guardia al vertice della Cdp, Renzi andò a Porta a Porta e giustificò il tutto con due parole: motivi tecnici. Buio pesto.
Solo la settimana scorsa, grazie al sito Formiche.net, si è capito qualcosa di più. Il sito diretto da Michele Arnese ha infatti dato conto di un intervento pubblico di Andrea Guerra, ex ceo di Luxottica, consigliere di Renzi e vero artefice della politica industriale di Palazzo Chigi. Il succo: «La Cassa depositi francese è in Orange-Telecom France, la Kfw tedesca è in Deutsche Telekom: perché non va bene la Cdp in Telecom Italia? Non è che i nostri concorrenti sono tutti angeli o agnelli, e noi siamo i più puri. Secondo me è cambiato il momento, è cambiata l’era, secondo me bisogna essere più incisivi, e forse persone diverse possono essere più incisive. Se uno vuole credere a questo discorso, bene. Altrimenti costruisca i suoi palazzi ideologici».
Traduzione: un chiaro sollecito a Costamagna e a Gallia a «essere più incisivi», imitando le Casse consorelle di Francia e Germania nel pilotare la politica del maggiore operatore telefonico nazionale. Cosa facile a dirsi, ma quasi impossibile a farsi dopo l’arrivo di Bolloré in capo a Telecom, con l’obiettivo dichiarato di farne una moderna piattaforma per veicolare i contenuti media-telefonici (film, calcio, fiction e quant’altro) su pc, tablet, cellulari e pay-tv. Una piattaforma leader, capace di fare di Bolloré il nuovo Rupert Murdoch sia in Italia che in Europa, con porte aperte per gli alleati graditi (Mediaset), ma ben poche concessioni ai concorrenti. Anche se si chiamano Cdp e li manda il governo Renzi.
Ecco allora i primi screzi, il venir meno del galateo istituzionale. Martedì scorso, il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, uomo di fiducia di Bolloré, aveva chiesto di incontrare Renzi per illustrargli le strategie del suo gruppo in Italia. Un atto di cortesia istituzionale. Ma il premier ha preferito rinviare l’incontro, dirottandolo sul suo numero due, il sottosegretario Luca Lotti, e sui ministri Pier Carlo Padoan (Economia) e Federica Guidi (Sviluppo). Non solo. Passando da un ministero all’altro, de Puyfointaine ha parlato con la stampa, ammettendo che Vivendi potrebbe aumentare la propria quota di controllo di Telecom Italia, salendo oltre il 14,9%. Ipotesi ben vista dalla Borsa (dove il titolo è schizzato subito del 4%), ma assai meno a Palazzo Chigi, visto che la Cdp ora dovrà svenarsi se vorrà acquistare davvero un pacchetto del 7-8% di Telecom, più o meno lo stesso che un anno fa la spagnola Telco aveva messo in vendita a molto meno, cedendolo infine a Bolloré in cambio di una società telefonica in Brasile.
Altro screzio. Da mesi il governo Renzi annuncia grandi progetti per la banda ultralarga, e la Cdp di Bassanini aspirava ad avere un ruolo leader in questa missione, con la controllata Metroweb, per installare una rete in fibra ottica in tutta l’Italia. Telecom, che ha già una rete in rame che arriva in tutte le case, non era d’accordo, e voleva per sé il 51%. Una posizione che non sembra cambiata, visto che ieri il presidente Giuseppe Recchi, che ha accompagnato de Puyfontaine in vista nei ministeri, ha precisato che, ogni mese, Telecom sta cablando una città grande come Torino, con l’obiettivo di cablare da sola le 100 città maggiori d’Italia.
Sia chiaro: de Puyfontaine e Recchi non hanno detto una sola parola che possa suonare come polemica diretta verso il governo Renzi, anzi il ceo francese non ha fatto altro che elogiare il premier («Le sue dichiarazioni sono molto importanti»). Ma un punto d’incontro tra le strategie di Telecom e del governo non c’è, non si vede proprio.
Ne sapremo di più, forse, quando Renzi deciderà di accogliere la richiesta di Bolloré di incontrarlo. Un vertice tra numeri uno, certo. Anche se il bretone non è il tipo da farsi mettere i piedi in testa, tanto più se, come pare, sta incrementando la propria quota di controllo su Telecom. Il tempo in cui le azioni si pesavano è finito: ora le azioni si contano.
Tino Oldani, ItaliaOggi 10/7/2015