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 2015  luglio 08 Mercoledì calendario

FCA, POSTE ED ENEL I SUPERLIQUIDI

La liquidità detenuta dalle aziende del settore corporate (escluse dunque banche, assicurazioni e finanziarie) dell’area Emea (Europee e del Merdio Oriente) ha raggiunto quota 870 miliardi di euro alla fine di dicembre 2014, con un balzo del 6% dai circa 820 miliardi di euro registrati alla fine del 2013. È quanto risulta da un rapporto pubblicato dall’agenzia Moody’s, secondo cui le prime 10 società (si veda tabella in pagina) hanno denaro in cassa e titoli assimilabili per 211 miliardi di euro: circa un quarto della liquidità complessiva.
Tre le italiane nella top ten, spicca Fiat Chrysler Automobiles al quarto posto con 23,359 miliardi, seguita da Poste Italiane (lo studio non specifica se al netto del Banco Posta) al quinto con 23,158 miliardi ed Enel all’ottavo con 17,072 miliardi.
In testa alla classifica generale figura invece la Volkswagen con 25,696 miliardi, seguita dal colosso francese Electricitè de France (Edf) al secondo con 25,453 miliardi e dalla società petrolifera Bp al terzo con 24,868 miliardi. Nella classifica generale seguono poi la francese Total al sesto posto con 21,8 miliardi di liquidità, l’olandese Shell con 17,8 miliardi, Enel con 17 miliardi, il gigante dell’Arabia Saudita, Saudi Basic Industries (16 miliardi) e la norvegese Statoil (15,6 miliardi).
Moody’s evidenzia inoltre che il settore dell’energia (oil e gas inclusi), dell’automotive, delle telecomunicazioni e dell’utility sono le industrie più liquide d’Europa con una potenza di fuoco pari a 490 miliardi, ovvero il 56% del totale dell’area corporate (invariato rispetto al 2013). Dando uno sguardo Oltreoceano, invece, emerge che sono ben nove i colossi che hanno una liquidità superiore alla soglia dei 30 miliardi di dollari.
Questo divario, sottolinea l’agenzia di rating, mette in evidenza la forza e le dimensioni più limitate dell’industria tecnologica del Vecchio Continente. In Russia invece la situazione è diversa. La liquidità dei grandi gruppi è diminuita nel corso del 2014 soprattutto per effetto del calo del prezzo del petrolio che ha determinato l’uscita di Gazprom dalla top five. Infine, la Germania risulta il Paese che ha registrato la maggior riduzione di cassa nel corso dell’anno per effetto soprattutto dell’utilizzo dai tre colossi automobilistici Bmw, Daimler e Volkswagen.
Per quanto riguarda, invece, l’Italia, come ha spiegato l’autore del rapporto, le aziende tricolore hanno aumentato la loro liquidità che alla fine del 2014 era 2,4 volte superiore a quella di fine 2008. Questo aumento, ha spiegato l’autore del report Jean Michel Carayon, da una parte «riflette un approccio più cauto da parte di queste aziende al rifinanziamento alla luce dei maggior timori legati all’accesso al mercato dei capitali nei paesi periferici dell’Eurozona oltre che situazioni specifiche, come l’aumento del cash detenuto da Fca a seguito dell’acquisizione di Chrysler».
Secondo l’analisi di Moody’s l’attività di investimento sarà quella verso cui sarà destinato maggiormente l’uso della liquidità in cassa ai grandi gruppi industriali. L’agenzia di rating non vede invece grandi spazi per la distribuzione di almeno parte della cassa agli azionisti. Spazi ridotti, secondo Moody’s, anche sull’utilizzo della cassa per finanziare operazioni di crescita per linee esterne. Secondo quanto indicato nel rapporto l’indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro rischia infatti di limitare i piani di espansione delle aziende europee fuori dai confini del vecchio continente. Moody’s vede invece più facile una crescita dell’attività di m&a a livello continentale e in particolare nel settore delle telecomunicazioni e in quello oil & gas. Ma anche in questi casi, sostiene Carayon, tali operazioni non saranno finanziate con la cassa in azienda, ma attraverso l’emissione di azioni in operazioni che saranno prevalentemente carta contro carta. In alternativa le acquisizioni saranno finanziate con liquidità reperita per l’occasione attraverso l’emissione di titoli obbligazionari o con la cessione sul mercato o a terze parti di asset non strategici.
Andrea Di Biase, MilanoFinanza 8/7/2015