Sergio Luciano, ItaliaOggi 8/7/2015, 8 luglio 2015
PARE CHE GOOGLE TAROCCHI I RISULTATI DELLE RICERCHE
La notizia sarebbe di quelle da pubblicare con enorme risalto: secondo due ricercatori americani, uno di Harvard e l’altro della Columbia, Google imbroglierebbe i suoi utilizzatori propinando loro, attraverso il suo potentissimo motore di ricerca, dei risultati che non sarebbero autentici bensì artefatti, manipolati, al fine di assecondare gli interessi commerciali dei clienti di Google e quindi della stessa azienda... Una denuncia pesantissima, gravissima, di quelle che si lavano col sangue in tribunale, quindi, sia chiaro, la responsabilità è tutta di chi la muove... Già: ma questo è il punto: chi muove una simile accusa?
Sulla carta gli accusatori sono due soggetti di altissimo rango: due ricercatori di primo piano, che rappresentano due tra le più prestigiosi istituzioni di studio degli Stati Uniti, Harvard e Columbia, due università della cosiddetta «Ivy League», così chiamata dall’edera che tradizionalmente ricopre le facciate delle palazzine centrali, ovvero le otto università più antiche degli Stati Uniti.
Google ha quindi motivo di preoccuparsi? Fino a un certo punto... Perché lo studio in questione è stato finanziato da Yelp, cioè il principale neo-concorrente di Google!
Ineffabili americani! In base al loro iperliberismo idealista, che a volte sfocia nell’ottusità, non percepiscono che se alla base della ricerca c’è un finanziatore-concorrente dell’azienda oggetto stesso della ricerca, se ne inficia la credibilità In tutto il resto del mondo, invece, se ne accorgerebbero e semmai cercherebbero con mille espedienti di dissimulare il movente commerciale nascosto dietro lo studio-denuncia.
Ma allora perché parlare dei contenuti della ricerca? Solo perché eclatanti? No, non solo: è giusto parlarne perché da un po’ di mesi a questa parte «Big G» è costantemente oggetto di critiche, polemiche e sospetti e anche questo studio, pur se ispirato da un concorrente, contribuisce a ribadire la diffusa convinzione che l’anomalo monopolio globale del motore di ricerca di Mountain View sia nocivo al sistema, che vada sanato, restituendo spazio alla concorrenza anche a costo di spezzettare il colosso in più parti, come nel 1984 accadde alla At&t che venne, per legge, sembrata in sette pezzi!
Sergio Luciano, ItaliaOggi 8/7/2015