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 2015  luglio 07 Martedì calendario

IL GRANDE SCISMA. DIFESA A TRE E WM, COSI’ CHAPMAN CAMBIO’ IL CALCIO

La batosta era stata terribile. Sui giornali le critiche erano arrivate al limite dell’offesa personale. Sir Henry Norris, il presidente dell’Arsenal, era su tutte le furie. La segretaria lo aveva sentito urlare al telefono, aveva annullato tutti gli appuntamenti e, soprattutto, aveva chiesto ufficialmente spiegazioni per quanto era accaduto. Herbert Chapman, l’allenatore, si sentiva a pezzi: un uomo distrutto. Se ne stava chiuso nel suo ufficio, nel ventre dello stadio di Highbury, zona nord di Londra, e non voleva vedere nessuno: cercava una soluzione al problema, ma non la trovava. Era il 4 ottobre 1925.
Tutto era successo il giorno prima, un sabato. L’Arsenal allenato da Herbert Chapman aveva perso 7-0 contro il Newcastle. Una disfatta. E il presidente Norris, che per assumere Chapman aveva sborsato un bel po’ di sterline, era logicamente irritato. Il problema era che non si riusciva a capire dove si dovesse intervenire. Chapman era uno stratega del calcio, Norris lo aveva voluto all’Arsenal proprio per questo motivo. Per quanto brutta e dolorosa, non poteva farsi abbattere da una sconfitta. Sulla scrivania del suo ufficio, teneva un campo da calcio in miniatura: lì sopra muoveva le sue pedine, le spostava a seconda degli schemi che gli venivano in mente, e così fece anche quel giorno. Sapeva che tutto dipendeva dalla regola del fuorigioco, modificata proprio quell’estate dall’International Board. Dal «fuorigioco a tre» si era passati al «fuorigioco a due»: questo cambiamento portò guai alle difese di tutte le squadre. Chi non si adeguava subiva gol e sconfitte. Chapman aveva individuato il nocciolo della questione, ma non aveva ancora scoperto dove e come intervenire. Il modulo tattico che veniva applicato era il «metodo», cioè il 2-3-5: due difensori, tre centrocampisti e cinque attaccanti. Si andava avanti così dal tempo dei tempi: occorreva ripensare tutto.
Mentre Chapman si scervellava alla ricerca di una soluzione, nel chiuso del suo ufficio, qualcuno bussò alla porta. Era Charles Buchan, il suo giocatore più importante, il centravanti della squadra. Tra lui e Chapman si era instaurato un rapporto speciale: non erano padre e figlio, ma fratelli. O quasi. Chapman, di tredici anni più vecchio, ascoltava con attenzione i suggerimenti di Buchan, lo coinvolgeva nelle discussioni. E Buchan, questo lavoro, lo sapeva fare benissimo: un po’ giocatore e un po’ vice-allenatore. L’allenatore lo accolse e ascoltò il suo ragionamento. «Bisogna passare alla difesa a tre» disse Buchan. Chapman sgranò gli occhi mentre il centravanti prendeva una pedina dal centrocampo e la spostava dietro. Ecco fatto. L’allenatore osservò la nuova disposizione, non lo convinceva del tutto perché in quel modo veniva a mancare un giocatore proprio nel mezzo del campo, dove si dovevano costruire le azioni. «Però, ripensandoci bene, non è una soluzione da scartare», concluse Chapman.
Il giorno successivo, lunedì 5 ottobre 1925, era in programma la sfida tra l’Arsenal e il West Ham. Chapman, come al solito, convocò i giocatori con largo anticipo. Appena Chapman prese la parola, all’inizio della riunione, i giocatori dell’Arsenal capirono che si trovavano di fronte a un momento magico. L’introduzione fu breve: l’allenatore spiegò che da allora in avanti poco gli interessava veder giocare bene, contava raggiungere l’obiettivo, la vittoria, e non importava come. Non si deve più pensare a segnare un gol in più degli avversari, ma dobbiamo imparare a difendere meglio la nostra porta: questo disse Chapman. I suoi giocatori erano sbalorditi, non gli avevano mai sentito pronunciare un discorso simile. Qualcuno mosse qualche obiezione, ma ci pensò Charles Buchan a zittirlo: «Lasciate parlare mister Chapman. Ci spiegherà lui come vincere». Chapman prese un gessetto bianco e si avvicinò alla lavagna. I giocatori gli stavano attorno, in semicerchio. L’allenatore tracciò due lettere, una sopra l’altra: WM. «Noi staremo in campo così». E scrisse i nomi dei suoi ragazzi in corrispondenza dei vertici di quelle due lettere. In pratica, rispetto al passato, la difesa era composta da tre elementi, a centrocampo erano in quattro e tre erano gli attaccanti. Chapman parlò a lungo, cercò di convincere gli indecisi usando argomenti abbastanza semplici: in sostanza disse che il Newcastle, il sabato precedente, li aveva sconfitti perché aveva utilizzato uno schema simile a quello che lui adesso stava proponendo. Infine si concentrò sull’uomo-chiave della sua rivoluzione: era Jack Butler. Toccava a lui, fino a quel giorno centrocampista d’attacco, trasformarsi in difensore centrale. Chapman gli parlò davanti agli altri giocatori, diede importanza alla sua nuova funzione e Butler accettò. In quel momento nacque il ruolo dello stopper.
Dopo quella lunga vigilia l’Arsenal entrò in campo contro il West Ham. La partita fu un trionfo: 4-0. Gara splendida, nuovo modulo interpretato alla perfezione, doppietta di Charles Buchan. Una giornata memorabile. Sir Norris scese negli spogliatoi a complimentarsi con tutti. Così l’Arsenal di Chapman diventò un punto di riferimento e il mondo del calcio si divise tra «metodisti» e «sistemisti». Dal metodo, decenni più tardi, derivò la zona (quattro difensori in linea), mentre dal «sistema» nacque il «calcio all’italiana»: marcature a uomo e, come necessario accorgimento, la presenza di un libero a fare il buttafuori. Filosofie di gioco, ma non solo: i «metodisti» amano i ricami, la tecnica e lo spettacolo; i «sistemisti» si basano maggiormente sulla forza e, se fosse per loro, le partite dovrebbero trasformarsi sempre in battaglie. Che cosa sia meglio, non si sa. E questa incertezza, in fondo, è il sale del calcio.