Gigi Garanzini, La Stampa 7/7/2015, 7 luglio 2015
ELEGANZA, STILE E ASSOST NO LOOK. PIRLO, IL CAMPIONE CHE CI MANCHERA’
Ok, la scelta è giusta. Anche il prezzo, se è per quello, visto che a New York pagheranno a peso d’oro gli arabeschi della sua terza età. Facciamo la quarta, visto che la prima l’ha vissuta nel Brescia da campioncino in ascesa, la seconda nel Milan da campione affermato e la terza nella Juve da campione rilanciato. Se ne va dunque Andrea Pirlo, e il calcio italiano si schiaffa sull’attenti a tributargli un’ultima standing ovation. Non solo al suo strepitoso talento: anche alla sua educazione e correttezza, in campo e fuori.
La svolta con Mazzone
Se ne va, tanto vale levarsi subito il dente, a 36 anni, alla stessa età di Gianni Rivera, il fuoriclasse a cui più sovente è stato accostato. Sovente quanto impropriamente, perché se è vero che il paragone regge sia per la precocità - campioni entrambi già a sedici anni, come capita solo a quelli certificati - che per i valori tecnici, dal punto di vista tattico è durato soltanto sino a che, e ne è passata di acqua sotto i ponti, Carletto Mazzone non ebbe la pensata, ribadita poi dall’altro Carletto, di fare di quel fantasista-trequartista un regista arretrato a tutto tondo, quasi un centromediano metodista sia pur esentato dal lavoro più sporco e votato ad una interpretazione la più possibile creativa. La libera interpretazione del ruolo di centrocampista da parte di Rivera era dunque diversa rispetto a quella di Pirlo. E l’eleganza del suo gesto tecnico, inarrivabile. Questo non toglie che in certe giocate del miglior Pirlo si siano riviste spesso quelle del miglior Rivera. A cominciare dal lancio millimetrico, a trenta-quaranta metri, ma non, si badi bene, sul piede del compagno: un passo avanti a lui, a palla ovviamente frenata, così da fargli guadagnare un tempo di gioco evitandogli il controllo a seguire. Rivera già in tarda età si era inventato Maldera goleador: Pirlo ci ha provato invano con Lichtsteiner, altrettanto bravo nel fiondarsi ma poi più portato a rifinire che a concludere. Perché il genere di assist oggi chiamato no-look? Fintare per un compagno e poi metterne un altro sbucato dal nulla davanti al portiere era una specialità dell’alessandrino: un colpo che il bresciano ha replicato spesso. Rivera certamente più prolifico, tant’è vero che in campionato ha segnato il doppio dei gol. Pirlo più implacabile e geniale a palla ferma, come testimoniato dalla ricchissima gamma delle sue punizioni vincenti.
Un anno in passerella
Ci mancherà, su questo non c’è dubbio. Ci è già mancato in parte in questa sua ultima stagione, che è stata dal punto di vita dei risultati una passerella trionfale e da quello del rendimento un anticipo di viale del tramonto. La Juve più affidabile e rassicurante è stata quella con Marchisio in cabina di regia: la più divertente e imprevedibile è rimasta quella orchestrata da Pirlo. Con quell’aria da finto indolente, come se non avessimo imparato negli anni che c’era una mano di ferro nel suo guanto di velluto. E quell’andatura da falso lento, che è quella che ti frega perché sembra rallentare il gioco ma poi gli imprime all’improvviso l’accelerazione decisiva. Chissà a che ora della notte lo si potrà vedere dagli States. Per rifarsi la bocca, non sarà mai troppo tardi.