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 2015  luglio 08 Mercoledì calendario

EDBERG: «MI RIVEDO IN FEDERER, COSI’ HO ACCETTATO DI ALLENARLO»

Questo prato fiorito di fragole, moscerini e sogni, ventisette anni fa cambiò la vita del figlio di un poliziotto di Vastervik, contea di Kalmar, Svezia meridionale, un biondino che giocava a tennis tra le nuvole, senza mai, ma proprio mai, scompigliarsi il ciuffo.
Qualche filo di verde sopravvive tra i capelli di Stefan Bengt Edberg, 50 anni il 19 gennaio, fiero rivale di Boris Becker (ieri ricorreva il trentennale del trionfo del wunderkid tedesco nell’85, a 17 anni) cui sfilò due memorabili Wimbledon (’88, ’90), così belli e intensi e nobili che a ripensarci fa un po’ male. Era a casa con Annette, i due figli adolescenti e certi ricordi dolci più delle volée che pettinavano l’erba di Church Road quando nel dicembre 2013 è suonato il telefono. «Ciao, sono Roger Federer: vuoi allenarmi?». Ed eccolo qui, Stefan, a spiegarci davanti a un tè (a Londra sono le cinque) perché il migliore di ogni tempo quest’anno vincerà l’ottavo Wimbledon, corroborando (se possibile) la sua leggenda. E perché, probabilmente, non è finita qui .
Edberg, varcare i Doherty Gates le dà un brivido anche dopo tanti anni?
«Più di uno. La prima volta che giocai a Wimbledon avevo 17 anni e non avevo mai visto un campo in erba in vita mia. Non mi ero perso alla tv, però, i cinque trionfi consecutivi di Borg: in Svezia non trasmettevano altro. Scesi alla fermata della metropolitana e arrivai al circolo a piedi. La coda, l’atmosfera, tutto quel verde... Venni travolto dall’emozione» .
La finale ’88 con Becker, la prima, spostata a lunedì per la pioggia.
«Un match speciale. Non avevo avuto problemi a dormire domenica notte, poi a pranzo esagerai, mangiando troppo. Cominciai con un tremendo peso sullo stomaco, finii in estasi. Un match point a Wimbledon è qualcosa di difficile da spiegare: 17 mila persone che trattengono il respiro piantandoti gli occhi addosso. Mi chiedevo: sta succedendo proprio a me?» .
Il rimpianto: Parigi ’89.
«Indovinato. Vorrei poter rivivere un solo punto di quella finale: se avessi giocato incrociato, se la palla fosse atterrata sulla riga... Ma Chang era in stato di grazia: quello era il suo Roland Garros» .
Dove tiene i suoi trofei (6 Slam, 42 titoli, 4 Davis)?
«Dopo il trasloco da Londra a Vaxjo, la città di mia moglie, sono rimasti negli scatoloni. I due piatti di Wimbledon sono al museo di Newport e di Baastad. Un po’ mi mancano: sarebbe bello servirci il sushi per cena!» .
Perché un tipo riservato come lei ha detto sì a una celebrity interplanetaria?
«La chiamata di Roger mi lasciò sotto choc. Gli chiesi una settimana per decidere, che trascorremmo a Dubai allenandoci e conoscendoci. Volevo essere certo di fare la differenza, cosa di cui lui non dubitava. Pensai: quando mi ricapita?» .
Quale fu la molla?
«Rivedermi in Roger. Nella sua personalità quieta, in certi gesti antichi» .
Come si allena Federer? Lei è coach, motivatore, guru o cosa?
«Di tutto un po’. Il lavoro sul campo è di Luhti, capitano della Davis svizzera; io da solo non basterei. Studiamo i rivali, riguardiamo i match, condividiamo sensazioni. Ciò che Roger attraversa, nel mio piccolo io l’ho già vissuto» .
È cambiato molto il tennis, dai suoi tempi?
«Moltissimo, e in meglio. Il livello medio si è alzato, tutto è migliorato: racchette, stadi, popolarità dello sport. Quattro tennisti dominano da 10 anni. Forse nel gioco manca un po’ di varietà: dietro i fuoriclasse, gli altri tendono ad assomigliarsi» .
Federer ha il problema di ritirarsi con stile. Lei quando capì che era ora di dire basta?
«La mattina in cui mi svegliai desiderando di andare in vacanza anziché sul campo. È una questione di motivazioni. A quasi 34 anni Roger ha il fisico ancora integro, è numero 2 del mondo, ha la voglia di giocare a tennis di un ragazzino. Se mi chiederà di raccontargli come ho appeso la racchetta al chiodo, lo farò. Ma credo che in proposito abbia le idee chiare: finché si batterà tra i migliori, andrà avanti. Wimbledon è la sua occasione, ma penso possa vincere Slam su tutte le superfici. Voglio e devo crederlo» .
Mi dica una cosa su Federer che non sappiamo.
«Come è speciale in campo, così lo è nella vita di tutti i giorni. È umile, semplice, legatissimo alla famiglia, divertente. Ridiamo molto, sennò sarebbe stato impossibile per entrambi resistere in un ambiente super-competitivo così a lungo!» .
Il tennis sopravviverà al migliore?
«È uno sport sano, ricco, amato. Anche senza Federer, la terra continuerà a girare. Ci sarà un periodo di transizione, che costringerà ad accettare dei cambiamenti. Poi la malinconia passerà e ci metteremo alla ricerca del nuovo Roger Federer».