Fabio De Rossi, Quattroruote 7/2015, 8 luglio 2015
IL TESORETTO DI ORO NERO
VIVA HE ABDALLA Salem El-Badri. Che sta per His Excellency, cioè Sua Eccellenza il segretario generale dell’Opec. Perché l’organizzazione dei Paesi produttori di petrolio, decidendo di non ridurre i volumi, ha contribuito in modo decisivo al crollo dei corsi del greggio (in realtà la storia è un po’ più complicata, ma vediamo di semplificarla così). La caduta delle quotazioni, di conseguenza, sta determinando un sensibile risparmio sulla spesa per i carburanti. Di quanto? Il calcolo lo ha fatto la Banca d’Italia: 2,1 miliardi di euro l’anno, pari a circa 80 euro a famiglia, che per oltre l’85% (1,8 miliardi) verrebbero destinati a incrementare i consumi. Nella collana “Questioni di economia e finanza” pubblicata da Via Nazionale, due analisti di Bankitalia, Ivan Faiella e Alessandro Mistretta, passano in rassegna «gli effetti della riduzione delle quotazioni del greggio sulla spesa energetica e sull’attività economica», rilevando però che quasi un terzo dei nuclei familiari non acquista né benzina, né gasolio e quindi non guadagna nulla dal petrolio low cost. «Per far sì che almeno una parte dei risparmi derivanti dal minor costo dei carburanti possa fluire anche verso le famiglie senza spesa per carburanti», i due autori ipotizzano di «intervenire con diversi meccanismi di redistribuzione». Come? O con una carbon tax che contrasti le emissioni di gas serra, utilizzando i proventi per ridurre il peso del finanziamento delle fonti rinnovabili sulla bolletta elettrica. Oppure con una «tassa di scopo», magari estendendo il bonus Renzi da 80 euro, con l’obiettivo di rilanciare i consumi o per sterilizzare le clausole di salvaguardia dei conti pubblici che comporterebbero un aumento dell’Iva. Vista da Rozzano, sede di Quattroruote, questa impostazione potrebbe essere già di per sé criticabile (ma come, per una volta che all’automobilista-cavia va qualcosa per il verso giusto, gettiamo benzina sul fuoco ri-ritassandolo, sia pure per ragioni di equità sociale?). Ma se diamo per buono il concetto di «redistribuzione», non sarebbe il caso di redistribuire il ricavato delle eventuali imposte là dove i risparmi sono stati generati? E se, per esempio, parte delle risorse di un’ipotetica carbon tax venisse utilizzata per creare un’infrastruttura pubblica per la ricarica di auto elettriche? L’obiettivo green sarebbe raggiunto e la mobilità ne trarrebbe beneficio. Se lo scopo della «tassa di scopo» fosse quello di defiscalizzare il settore, con la detraibilità delle spese di acquisto e manutenzione dell’auto (come proposto da Quattroruote), non si rilancerebbero forse i consumi e, magari, si renderebbe fruibile il bene-auto a una parte di quel terzo di popolazione che non spende in carburanti perché non può permettersi una vettura?
Se una tassa-target andasse a favorire misure efficaci per la sicurezza stradale (che interessa anche chi non guida) o per il trasporto urbano oppure per l’educazione stradale, l’effetto si propagherebbe a macchia d’olio su tutta la collettività, incidendo marginalmente sulla spesa per i consumi. Tutto questo è un’utopia? Forse, visto che la stessa Bankitalia si limita a suggerire «possibili implicazioni di policy». Ma di fronte al tesoretto dei risparmi, si potrebbe per una volta invertire l’espressione “non è tutto oro quel che luccica”. Soprattutto se l’oro è quello nero.
Fabio De Rossi