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 2015  luglio 07 Martedì calendario

IL FAUST TEDESCO E LA TRAGEDIA GRECA

La Germania è vittima della malìa di Mefistofele: ebbra di potere, avida di ricchezza, senz’anima, come Faust pronta a qualsiasi sotterfugio per difendere i propri interessi e schiantare chiunque vi si frapponga. Questa è l’immagine deteriore di sé che la Germania sta proiettando sull’Europa, l’ombra che comprime il disegno di pace e cooperazione tra i popoli che aveva tenuto a battesimo la Ceca, l’Euratom e la Cee sin dal Trattato di Roma. I suoi prolungati avanzi correnti sull’estero creano un’accumulazione di risorse, che determina altrettanti disavanzi: i crediti crescenti si specchiano in altrettanti debiti che pagano interessi, determinando una dinamica inarrestabile, diabolica. Neppure una crisi del debitore riesce a bloccarla. La vicenda greca è paradigmatica di una politica di risanamento finanziario che non segue alcuna teoria economica: anzi, si basa sulla falsificazione plateale e paradossale delle stesse impostazioni della scuola austriaca cui dovrebbe ispirarsi. È la teoria di von Mises, poi ripresa da Rothbard, secondo cui la crisi finanziaria, che è sempre frutto di un’espansione drogata da un eccesso di credito manipolato dalla banca centrale, non va curata ma lasciata al suo naturale decorso. Occorre procedere al riequilibrio tra investimenti e consumi, che si ottiene attraverso la deflazione immediata dei prezzi, dei salari e dei valori aggregati di beni capitali, azioni e valori immobiliari e soprattutto attraverso il fallimento dei creditori. I sostegni alla domanda aggregata da parte dello Stato e quelli al credito da parte della Banca centrale non farebbero altro che prolungare inutilmente le sofferenze sociali. In Grecia tutto è crollato, come conseguenza delle politiche di risanamento imposte dalla Troika: dal pil all’occupazione, dal valore degli immobili a quello degli investimenti azionari. Il debito pubblico è invece arrivato a livelli stratosferici, mentre era il primo asset finanziario che doveva essere abbattuto, penalizzando i creditori azzardati: e invece no, visto che si trattava delle banche francesi e tedesche. Il primo piano di aiuti alla Grecia, varato da Ue e Fmi nel maggio 2010, avrebbe dovuto prevedere una ristrutturazione del debito pubblico, ma le perdite delle banche francesi e tedesche sarebbero ricadute sui rispettivi governi. Il debito pubblico greco fu giudicato insostenibile solo un anno dopo, quando si intervenne con un nuovo piano di aiuti: ma nel frattempo le banche francesi e tedesche avevano smobilizzato i loro crediti mentre le istituzioni finanziarie greche ne avevano fatto il pieno. Dalla ristrutturazione del debito pubblico greco furono naturalmente esentate anche le istituzioni pubbliche, il Fmi, la Bce e gli Stati che avevano erogato prestiti su base bilaterale: così, mentre i creditori esteri si erano volatilizzati, per quelli greci fu un massacro. In questi giorni tanti si sono accorti che il debito pubblico greco è insostenibile, che è «carta, solo carta», mentre nei mesi della trattative tra il Bruxelles Group e il governo greco avevano tutti continuato a far finta di nulla. La pretesa di un avanzo primario al 4,5% del pil, prevista dal secondo piano di aiuti, era evidentemente insostenibile, ma serviva ad assicurare ai creditori il rimborso a qualunque costo. Invece di dichiarare subito insussistenti i crediti delle banche francesi e tedesche, le istituzioni europee, i singoli Stati con prestiti bilaterali, il Fmi e la Bce sono intervenuti per salvarle: si sono sostituiti a quelle, trasformandosi in esattori dei crediti privati. Ora, per assicurarsi la restituzione del debito hanno imposto misure draconiane, cui i greci si sono ribellati. Se financo gli dei greci erano sottoposti al Fato, partecipi dei vizi e delle debolezze umane, figurarsi ora se possono essere considerati intangibili la moneta e il mercato. Quella di Faust è solo una maschera; quella della Germania, dietro cui si celano i veri protagonisti della tragedia greca.
Guido Salerno Aletta, MilanoFinanza 7/7/2015