Varie, 7 luglio 2015
Champagne per Sette – Vigneti, cantine e maisons della Champagne entrano nella lista dell’Unesco come «paesaggio organicamente evoluto»
Champagne per Sette – Vigneti, cantine e maisons della Champagne entrano nella lista dell’Unesco come «paesaggio organicamente evoluto». Il paesaggio ora tutelato comprende in particolare alcuni luoghi simbolici come l’avenue de Champagne a Épernay, e tutti i coteaux, i pendii delle colline intorno a Épernay. Per essere etichettato come tale, lo champagne deve provenire dalla regione francese che si chiama Champagne, nel nord-est del Paese, tutelata dall’Appellation d’Origine Controlée (l’italiana DOCG). I vini della regione Champagne, famosi fin dal Medioevo e prodotti dai monaci, che lo usavano nella messa. Secondo alcune versioni, l’inventore dello champagne è il monaco benedettino Pierre Dom Pérignon, giunto all’abbazia d’Hautvillers nella Champagne nel 1670, quando le vigne stavano andando in malora a causa dell’abbandono delle campagne da parte degli ordini ecclesiastici. Secondo alcuni lo champagne è nato per errore durante il processo di vinificazione, secondo altri Dom Pérignon aveva aggiunto zucchero e fiori di pesco al vino, poi fatto rifermentare in bottiglia. I vitigni autorizzati per fare lo champagne sono il Pinot Noir, il Pinot Meunier e lo Chardonnay. A Dom Pérignon si deve sicuramente la scelta delle uve per fare lo champagne. È anche l’inventore del tappo di sughero con la gabbietta esterna. Il metodo Champenoise o “classico”, inventato da Dom Pérignon: spremitura soffice delle uve, fermentazione a 20°C per 10-15 giorni. Imbottigliamento con l’aggiunta di zucchero e lieviti selezionati. Si ottiene la rifermentazione. Dopo un periodo di riposo in orizzontale a 10-12 °C le bottiglie vengono messe sui cavalletti chiamati “pupitre” inclinati di 60 gradi. Devono essere ruotate (remuage) diverse volte al giorno, per far staccare il deposito dal fondo e farlo risalire al collo della bottiglia. Seguono sboccatura (dégorgement), per eliminare la feccia, rabbocco con sciroppo di dosaggio (liqueur d’expédition), tappatura con sughero speciale, lavaggio esterno della bottiglia, applicazione della gabbietta, etichettatura. Un remueur può ruotare fino a 50.000 bottiglie in un solo giorno. In Francia ci sono 4.629 produttori di champagne. I fast food di McDonald’s lì sono circa 1.300. Se è fatto solo con uve bianche si chiama “Blanc de blancs”, se con uve solo nere “Blanc de noirs”. Se c’è scritto “Cuveé” vuol dire che è un misto di uve. Se l’85% del vino base è di una sola annata precisa, il vino si può “millesimare”. I millesimati sono i più pregiati. Nelle cantine sparse per il mondo c’è circa un miliardo di bottiglie di champagne. In Nigeria (dove il 63% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno) si è avuta un’impennata nel consumo di champagne grazie ai signori del petrolio. È stato calcolato che entro il 2017 la spesa per le bollicine nel paese africano arriverà a 68 milioni di sterline. Secondo la grandezza, le bottiglie hanno un nome. Quart (20 cl) pari a una flûte; Demie (37,5 cl) due flûtes; Bouteille (75 cl) 7 flûtes; Magnum (1,5 litri); Jéroboam (3 litri); Réhoboam (4,5 l); Mathusalem (6 l); Salmanazar (9 l); Balthazar (12 l); Nabuchodonosor (15 l); Salomon (18 l); Primat (27 l); Melchisedec (30 litri). Taittinger ha anche una bottiglia da 25 litri, chiamata Souverain. Per molto tempo è stato soprannominato «il vino del Diavolo», perché le bollicine facevano esplodere le bottiglie. Secondo lo scienziato Bill Lembeck, in ogni bottiglia di champagne ci sono circa 49 milioni di bollicine. Per l’appassionato d’informatica Bruno Dutertre, invece, sono addirittura 250 milioni. Quando salta via, il tappo va a circa 40 chilometri orari. In una bottiglia di champagne piena c’è una pressione di 6 bar (lo pneumatico di un’auto è a circa 2 bar). Solo il 5% dell’energia rilasciata all’apertura della bottiglia contribuisce a sollevare il tappo. La rimanente crea l’onda d’urto che fa il botto. Il volo più lungo di un tappo di champagne è di 54 metri. Più lo champagne è caldo, più il tappo schizza in alto velocemente. Infatti l’anidride carbonica si dissolve nello spumante in minore quantità, per concentrarsi, sotto forma di gas, nel collo della bottiglia appena sotto al tappo, creando una pressione sempre più intensa. La temperatura corretta è 8°C. Con una bottiglia si possono riempire circa sette flûte. Meglio non versarlo nel bicchiere a coppa, che non esalta il vortice delle bollicine e fa disperdere troppo in fretta gli aromi. La flûte si tiene dal piede, per evitare di riscaldare troppo in fretta lo champagne. La coppa, invece, va tenuta dai bordi. Leggenda vuole che la coppa per bere champagne sia stata modellata sul seno di Madame Pompadour. Si versa in due momenti: poco all’inizio, col bicchiere inclinato per favorire la formazione delle bollicine. Poi quando la schiuma diminuisce, versarne fino a due terzi del bicchiere. Se bevuto troppo rapidamente, l’alcool entra troppo rapidamente nella circolazione sanguigna provocando mal di testa. Lina Sotis consiglia: mai servirlo alla fine di una cena, è un aperitivo. Con la torta è un uso appena tollerabile. Nei film di James Bond, l’agente segreto beve soprattutto champagne (40 bicchieri). Marilyn Monroe fece il bagno in una vasca riempita con 350 bottiglie di champagne. Jean-Rémy Moët fece costruire per Napoleone Bonaparte due ville nell’Avenue du Champagne, che sono ancora sede della maison Moët & Chandon. L’annata 1947 dello champagne Pol Roger fu dedicata a Winston Churchill, che ne aveva ordinate 20mila bottiglie. «Il solo vino che io possa bere deve essere un buon champagne secco» (Ernest Hemingway). Marlene Dietrich non ne poteva fare a meno: «Dà l’impressione che sia sempre domenica, e che la fortuna non sia lontana». «Bevo champagne in due sole occasioni. Quando sono innamorata e quando non lo sono più» (Coco Chanel). «Lo champagne aiuta la meraviglia» (George Sand). Oscar Wilde che poco prima di esalare l’ultimo respiro si fece portare ima coppa di champagne e poi disse: «Sto morendo al di sopra delle mie possibilità». «Nel piccolo istante che ci resta tra la crisi e la catastrofe, possiamo sempre bere un calice di champagne» (Philippe Claudel).