Daniele Castellani Perelli, D, la Repubblica 4/7/2015, 4 luglio 2015
E ORA SESSO!
Rilanciare la nazione da sotto le lenzuola. Fare più bambini, per la patria. Un concetto che ricorda la politica demografica fascista, ma che oggi sta tornando di moda tra i governi occidentali e non solo, sebbene da un punto di vista globale sembrerebbe un paradosso, visto che sul pianeta siamo oltre 7 miliardi e per molti il problema è, al contrario, la sovrappopolazione.
Gli appelli dei governanti a fare più figli si sprecano. Alcuni possono essere interpretati soprattutto come invocazioni nazionaliste a mantenere viva la propria cultura, razza o religione, come recentemente quelli del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, dell’Ayatollah iraniano Ali Khamenei, dei nazionalisti hindu in India o degli sciiti del Bahrain, oppure negli anni scorsi quello di Vladimir Putin in Russia, che nel 2012 ha detto che la norma dovrebbe essere di 3 figli a famiglia, perché sarebbe un segno di una nazione forte e sicura di sé. Altrove l’invito nasce invece da considerazioni economiche, perché i cittadini in età da pensione sono troppi rispetto a quelli in età da lavoro, una situazione che ritroviamo anche in Italia, dove gli ultimi dati Istat segnalano che nel 2014 la differenza fra nati e morti ha raggiunto addirittura la forbice più alta (meno 100 mila) dal 1918, i tempi della carneficina della Grande Guerra. Ecco allora che a promuovere la natalità oggi sono la società civile, le municipalità o i governi stessi, con incentivi fiscali, bonus, congedi parentali sempre più estesi, perfino pacchi maternità e spot.
Tra le campagne governative, quella più curiosa è stata promossa nel 2012 da Singapore. Per la notte della festa nazionale, il 9 agosto, la città-Stato asiatica ha invitato le coppie a “festeggiare” a letto per generare nuovi singaporiani. Una iniziativa simile l’ha poi pensata la Corea del Sud in occasione della Giornata della Famiglia. Tutte campagne che servono ad attirare l’attenzione dei cittadini sul problema, ma che difficilmente possono “commuovere” una giovane coppia squattrinata. Più convincente è dunque la via economica. In Turchia per esempio il governo offre 300 lire (100 euro) per il primogenito, 400 per il secondo e 600 per il terzo. Poche settimane fa, in Portogallo, la cittadina di Alcoutim, che ha perso un terzo degli abitanti negli ultimi 20 anni, ha stabilito che darà 5mila euro per ogni nuovo nato. A Cuba, il Paese con il peggior tasso di natalità dell’America Latina, il governo sta invece pensando a nuovi incentivi, e intanto ha aperto dei centri per combattere l’infertilità. E mentre la Cina sta allentando la sua politica sul figlio unico, a Singapore (che, se non l’avevate capito, ha un grosso problema di fertilità: 1,2 figli per donna) il “baby bonus” prevede un assegno di 5mila euro per ciascuno dei primi due pargoli generati e 5400 per il terzo e il quarto, mentre nello Stato di Terengganu, in Malesia, è stato appena annunciato che le giovani coppie di genitori verranno aiutate a pagare, oltre che la retta dell’asilo, anche la domestica, quasi per un terzo del suo stipendo.
Uno dei modi più concreti con cui lo Stato può aiutare i genitori rimane comunque il congedo parentale, che aiuta a conciliare lavoro e vita familiare. La Svezia è uno dei Paesi più generosi, offre infatti 480 giorni di congedo al padre o alla madre all’80 per cento del salario. Ma per incoraggiare ulteriormente gli uomini ad approfittarne ora si sta discutendo in Parlamento l’allungamento di un mese solo per loro, tre mesi totali che non possono “cedere” alle mamme.
La nazione più ossessionata dal tema sembra infine la Danimarca. È diventato famoso, l’anno scorso, lo spot di un’agenzia viaggi, la Spies Travel. Il video era sexy e ironico, ricordava che il 10 per cento dei danesi è concepito in vacanza, periodo in cui, sosteneva una psicologa nel filmato, si tende a fare più sesso. «Do it for Denmark», fatelo per la Danimarca, era il motto, e prometteva una fornitura di 3 anni di pannolini ai clienti che riuscissero a dimostrare di aver concepito un figlio durante una vacanza prenotata con quell’agenzia.
La bravura dei pubblicitari era stata di captare nell’aria un tema sensibile, la preoccupazione per un tasso di natalità nazionale che è all’1,7 per cento, «al livello più basso degli ultimi 27 anni»: «Fare sesso e fare bambini aiuta l’economia di domani».
I danesi hanno provato davvero di tutto per vincere i loro dubbi amletici, dai siti di appuntamento solo per persone pronte ad avere figli, fino agli asili che offrono ai genitori babysitteraggio serale gratuito. L’associazione che cura nelle scuole i corsi di educazione sessuale, la “Sex and Society”, ha anche cominciato a porre l’accento su come si può rimanere incinta, non solo su come evitarlo.
L’ultima novità viene da Thisted, 14mila anime nel nord-ovest del Paese. Davanti alla minaccia del Comune, che intendeva chiudere scuole e asili nido, troppo poco frequentati, la collettività si è formalmente impegnata: nei prossimi anni faremo più figli che potremo, hanno promesso. Il Comune ci ha creduto. Ora però servono i fatti. La patria chiama.