Annalisa Chirico, Panorama 2/7/2015, 2 luglio 2015
IO, PROSCIOLTO DOPO NOVE ANNI DI INCHIESTA (E ROVINATO)
[Remo Di Giandomenico]
«Passerai un’ottima Pasqua, sei stato prosciolto». L’avvocato Oreste Campopiano ha comunicato così al suo cliente, Remo Di Giandomenico, l’esito dell’udienza davanti al giudice di Bari che lo scorso 2 aprile ha messo la parola fine alla sua Odissea giudiziaria. Nove anni d’indagini, una carriera politica bruscamente interrotta dalla maxi inchiesta denominata Black hole, un nome inglese per un fascicolo di 700 pagine con cui la procura di Larino aveva acceso i riflettori sul buco nero della sanità molisana.
Tutto era iniziato il 2 febbraio 2006 con 11 arresti per presunti illeciti della politica sulla sanità regionale. Tra loro c’è Patrizia De Palma, primario del reparto di ginecologia del San Timoteo e moglie di Di Giandomenico, sindaco di Termoli e deputato dell’Udc. L’accusa riguarda entrambi: associazione a delinquere. Marito e moglie, con i manager della Asl, avrebbero guidato una cupola politico-affaristica che gestiva appalti e patrimonio pubblico in chiave clientelare.
Siamo in piena campagna elettorale e il pm Nicola Magrone, tra 1994 e 1996 deputato di Rifondazione comunista, chiede l’arresto del parlamentare molisano che di fronte alla giunta per le autorizzazioni della Camera si difende: «Le accuse contro di me sono infondate. Se mia moglie ha sbagliato, è giusto che paghi, anche se è una professionista di valore».
La giunta, con voto unanime, nega l’autorizzazione a procedere. L’Udc, però, nega la ricandidatura all’esponente scomodo. «Pierferdinando Casini mi disse che non poteva occuparsi della mia vicenda, era preso da altro. Presumo si riferisse a Totò Cuffaro» commenta Di Giandomenico, polemico. Professore di lettere, nel 1979 era stato eletto per la prima volta sindaco di Termoli. «All’epoca nei Comuni sotto i 50 mila abitanti non era prevista alcuna indennità per i sindaci. Così lavoravo a scuola nelle prime ore della mattina, poi andavo in Comune».
Nel 1995 lascia l’incarico per candidarsi al consiglio regionale, ed è l’eletto più votato in Molise. Il 2001 è l’anno del grande salto al Parlamento nazionale, nelle file della Casa delle libertà, e in quota Udc. Il suo sfidante nel collegio molisano è una vecchia conoscenza: Antonio Di Pietro, che era stato suo studente. «Quando avevo 17 anni, insegnavo lettere ai giovani seminaristi. Tra questi c’era anche Di Pietro». E che allievo era l’ex pm di Montenero? La risposta è diplomatica: «Diciamo che non posso annoverarlo tra i miei successi da insegnante».
Nella sfida a due, Di Giandomenico soffia il seggio all’ex allievo che rimane fuori dal Parlamento. L’anno dopo Di Giandomenico, neoparlamentare, si candida nuovamente a sindaco di Termoli, e vince. «Da lì è nata questa brutta storia. Se non mi fossi ripresentato, mi avrebbero lasciato in pace». Non griderà pure lei al complotto? «Io mi limito a un dato di fatto: chi è venuto dopo di me non avrebbe mai vinto se non ci fosse stata l’inchiesta».
Con l’inizio della nuova legislatura, nel luglio 2006, Di Giandomenico perde l’immunità parlamentare e finisce agli arresti domiciliari. Dopo due mesi di carcere, la moglie Patrizia lo raggiunge da reclusa sotto lo stesso tetto. «Hanno arrestato anche il mio legale: ha passato cinque giorni dietro le sbarre e mesi ai domiciliari. Hanno sbattuto in carcere un colonnello dei carabinieri, accusandolo di essere un mio informatore: peccato che all’epoca non lo conoscessi neanche. Alla fine siamo stati tutti prosciolti».
Sì, perché dopo nove anni d’indagini «preliminari» è arrivata una sfilza di proscioglimenti ancor prima che il processo avesse inizio. Dopo il trasferimento del fascicolo per competenza a Bari, il 2 aprile 2015 il giudice Francesco Mattiace ha deciso il non luogo a procedere per oltre 90 indagati. Tra prescrizioni e assoluzioni nel merito, Di Giandomenico è stato completamente prosciolto. «Ma c’è poco da gioire» commenta sconsolato: «I nove anni che mi hanno rubato non me li ridarà indietro nessuno».
Le sue due figlie hanno lasciato l’Italia: una è ingegnere nucleare a Parigi, l’altra biologa a New York. «È stato meglio così. Quando vieni arrestato, anche l’amico più vicino pensa: qualcosa deve aver combinato». Per non parlare degli equilibri politici: «Sono stati completamente falsati. Nel 2006 non sono stato ricandidato al Parlamento, mi sono dimesso dalla carica di sindaco e alle comunali ha vinto un esponente del centrosinistra ritenuto vicino a Di Pietro». Non agiterà di nuovo lo spettro del complotto? «Io dico soltanto che questo non è un Paese civile».
Per la cronaca, nel frattempo il pm Magrone è tornato alla politica: dal 2013 è sindaco di Modugno, nel barese. E il 31 maggio ha ottenuto il secondo mandato.