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 2015  luglio 06 Lunedì calendario

ELIO LEONI SCETI L’UOMO CHE PRESE 1,8 MILIONI PER NON DIVENTARE CEO

New York
Per i media Usa è «l’uomo che ha avuto 1,8 milioni di dollari per NON diventare Ceo». Ma la storia di Elio Leoni Sceti e della Coty è ancora, tra scarni comunicati e silenzi, tutta da decifrare. In Italia non è certo un nome conosciuto al grande pubblico, ma negli ambienti economici (e della finanza) internazionali il manager italiano (49 anni, romano di nascita, laurea in economia alla Luiss di via Pola) è piuttosto noto e, da molti anni, è considerato come uno dei più bravi in assoluto che ci sia in circolazione. Considerata la sua storia, dunque, nessuno era rimasto sorpreso quando nell’aprile scorso la Coty - una delle più grandi multinazionali del settore cosmetici specializzata nella produzione in regime di terzismo per i grandi marchi (tra i suoi brand i profumi di Calvin Klein, Pierre Cardin, Marc Jacobs, Davidoff, Rimmel, David& Victoria Beckam) - gli aveva offerto un sontuoso contratto per diventare il nuovo ammini-stratore delegato dell’azienda. Data di inizio lavoro, fissata e pubblicizzata su tutti i grandi media economici, nonché sul sito della stessa azienda, il primo luglio 2015. «Siamo estremamente felici di dare il benvenuto ad Elio nella posizione Top a Coty. La grande esperienza di Elio e le sue provate capacità nel costruire marchi globali di successo, rappresentano un incredibile asset per la Coty, impegnata a rafforzare la sua posizione nell’industria globale della bellezza. Ho conosciuto Elio per motivi professionali da molti anni, abbiamo lavorato insieme alla RB (Reckitt Benckiser, ndr) e credo fermamente che sia il miglior leader per garantire lo sviluppo futuro della nostra azienda ». Una vera e propria dichiarazione d’amore, firmata da Lambertus Johannes Hermanus ( detto “Bart”) Becht, l’olandese presidente della Coty, che dallo scorso settembre era anche diventato Ceo “ad interim’ della società in attesa di trovare un valido sostituto. Un ‘interim’ dovuto alla improvvisa partenza di Michele Scannavini, un altro italiano a conferma che nel mondo del fashion il nostro Paese ha davvero qualcosa da dire, che dopo due anni come amministratore delegato aveva deciso “per motivi personali” (questa la versione ufficiale ripresa dal Wall Street Journal) di lasciare il suo incarico. Da un italiano di successo (Scannavini è attualmente ‘Independent Non-Executive Director alla Tod’s Spa di Diego Della Valle) ad un altro italiano di successo. Il tutto a New York, capitale mondiale di economia e finanza. «Sono onorato ed eccitato all’idea di lavorare a Coty, in un momento in cui questa azienda vive un importante momento di crescita», aveva dichiarato (sempre ad aprile) Elio Leoni Sceti da Londra doveva da qualche anno ha fissato la sua base operativa. «Coty - scriveva ancora in un comunicato dell’azienda - mette insieme il mio amore per costruire marchi globali alla passione per l’innovazione e i grandi prodotti. Credo che questa sia una grandissima opportunità per costruire qualcosa di importante sotto le insegne di Coty, una delle principali piattaforme globali nel mondo dei marchi di bellezza. Sono particolarmente felice di lavorare nuovamente con Bart che avrò come presidente a Coty. Ho un grande rispetto per la sua capacità di guida e la sua visione, non vedo l’ora di potere lavorare con lui per portare Coty a livelli ancora più alti di quelli attuali». Cosa sia successo negli ultimi due mesi nessuno (tranne i protagonisti) lo sa con certezza. Sta di fatto che il 23 giugno scorso, a una settimana dall’insediamento di Leoni Sceti nell’ufficio al 17esimo piano dell’Empire State Building di Manhattan, l’azienda di Becht ha reso pubblico un altro, scarno e improvviso comunicato: «Elio Leoni Sceti che avrebbe dovuto assumere il ruolo di amministratore delegato il primo luglio ci ha ripensato e ha deciso di non venire alla Coty ». Con l’imprevisto annuncio veniva anche precisato che il presidente Bart Becht avrebbe continuato a mantenere la carica di Ceo ad interim (“fino a quando non verrà individuato il manager più adatto”). Ma soprattutto - ed è stato questo il motivo che ha spinto molti giornali e siti di news Usa a titolare come abbiamo detto all’inizio - ha spiegato che il manager romano avrebbe comunque avuto i quasi due milioni di dollari (1,8) pattuiti come “severance package” (qualcosa di simile alla nostra buonuscita e che dovrebbero rappresentare una cifra pari al salario annuale pattuito) e per il buy back delle azioni privilegiate da lui ottenute al momento della firma del contratto nell’aprile scorso. Quella del severance package è una pratica piuttosto diffusa quando una società vuole assicurarsi (prima di eventuali concorrenti) i servigi di un manager altamente qualificato. Spiegato il perché degli “1,8 milioni di dollari per NON diventare Ceo” (per un grande manager è una cifra annuale corrente nell’attuale mercato), a un profano resta difficile da capire il perché di questa rinuncia improvvisa e imprevista. I protagonisti hanno la bocca cucita (del resto sono in ballo molti soldi) e le (non troppe a dire la verità) speculazioni apparse sui media americani si limitano ad ipotizzare che ad Elio Leoni Sceti fosse stato all’ultimo momento proposto un diverso ruolo nell’azienda (cosa che dal comunicato ufficiale non è però chiara). Se sia vero non si sa e nel caso fosse vero non si capisce bene il motivo, soprattutto considerate le dichiarazioni fatte in aprile e visto il legame (vero) e la stima (altrettanto vera) tra il manager italiano e il suo mentore olandese. Nella brillante carriera di Leoni Sceti non ci sono del resto ombre che possano avere fatto arricciare il naso a qualcuno. Da quando (dopo le scuole a Losanna e la laurea in economia alla Luiss) ha fatto il suo ingresso nel mondo del lavoro alla Procter& Gamble (1988), ha inanellato un successo dietro l’altro. Nel 1992 il passaggio alla Reckitt Benckiser dove, appunto, fece conoscenza con Bart Becht e dove ha lavorato per sedici anni spostandosi in sei differenti nazioni. Nel luglio 2008 viene chiamato come Ceo alla Emi ( la multinazionale della musica) che ha lasciato nel 2010 per dedicarsi a nuovi investimenti nel settore tecnologico (è stato presidente di Zeebox, una società che produce app per iPhone e iPad). Dal maggio 2013 diventa Ceo di Iglo Group (uno dei maggiori gruppi mondiali nel mercato dei prodotti surgelati) e dall’aprile 2014 (senza lasciare Iglo) diventa anche Independent Director di Anheuser-Busch (la company proprietaria di marchi di birra come Budweiser, Stella Artois e Beck’s). Una possibile spiegazione ha provato a darla Mark Astrachan, analista di Wall Street alla Stifel Nicolaus ed esperto del settore Consumer Goods. Secondo lui è stato il board della Coty e non Leoni Sceti a ripensarci (cosa che avallerebbe la teoria che al manager romano all’ultimo momento sia stato proposto un incarico differente da quello originariamente pattuito) perché non sarebbe questo il “momento migliore” per cambiare la leadership dell’azienda. Di fronte ad una diversa offerta Elio Leoni Sceti avrebbe opposto un rifiuto. E ricordando come dallo scorso agosto Coty abbia pianificato un programma di tagli da 200 milioni di dollari nelle spese annuali ed abbia nello stesso tempo varato nuove partnership (con Chanel e Avon) Astrachan scrive ancora: “Crediamo che quanto accaduto sia da mettere in relazione con le nuove sfide. Con Bart Becht che resta alla guida, la Coty spera di migliorare i risultati come quando lui stava alla RB”. Una frase che non spiega però perché queste sfide non potessero essere affidate a Leoni Scesi.
Alberto Flores d’Arcais, Affari&Finanza – la Repubblica 6/7/2015