Marco Passarello, Il Sole 24 Ore – Nòva24 5/7/2015, 5 luglio 2015
IL TECNO-ABITO TRASFORMISTA
Gli esseri umani hanno sempre dedicato considerevoli risorse alla necessità di vestirsi. Possiamo vederlo già dalla mummia di Ötzi, l’uomo del Similaun vissuto 5mila anni fa, che al momento della morte indossava numerosi capi di vestiario prodotti in luoghi diversi con svariati materiali e tecnologie. Da allora gli abiti hanno conosciuto innumerevoli evoluzioni, ma sempre con lo scopo principale di proteggere la persona dall’ambiente esterno e quello secondario di distinguerne rango e ruolo. Ora però sta per cominciare una nuova era: quella degli “smart clothing”, vestiti intelligenti che non avranno più una funzione soltanto passiva, ma saranno in grado di reagire agli stimoli esterni e aiutarci a svolgere innumerevoli compiti.
Un risultato notevole ottenuto di recente in questo campo è quello dell’Università di Tokyo, i cui ricercatori guidati dal professor Takao Someya hanno sviluppato un inchiostro che può essere usato per stampare circuiti elettronici direttamente sui tessuti. Le linee tracciate con l’inchiostro non solo sono altamente conduttive, ma rimangono tali anche se il tessuto viene deformato mentre viene indossato. In precedenza la stampa di circuiti funzionanti su supporti morbidi era possibile solo attraverso passaggi multipli, mentre questa nuova tecnologia consente di farlo in un’unica soluzione.
Lo scopo di stampare circuiti sugli abiti è quello di ottenere dispositivi indossabili in grado di monitorare il nostro corpo o l’ambiente circostante e reagire di conseguenza, senza alcun ingombro aggiuntivo. Per esempio l’équipe di Someya, per esemplificare le proprietà del suo inchiostro, ha realizzato uno scaldamuscoli dotato di elettrodi e in grado di misurare l’attività muscolare.
Ma come saranno alimentati i sensori e i circuiti di cui saranno dotati gli abiti intelligenti? La sfida tecnologica sta nel realizzare tessuti in grado di immagazzinare l’energia necessaria. I ricercatori si stanno già muovendo in quella direzione, come l’équipe del professor Yuan Chen dell’Università di Singapore, che ha realizzato dei “supercondensatori” (cioè dispositivi in grado di assorbire e restituire grandi quantità di energia) in grafene e nanotubi di carbonio, che possono assumere la forma di fibre lunghe anche 50 metri, e quindi essere intrecciati all’interno di normali tessuti. E potrebbe non essere necessario nemmeno ricaricarli: esistono numerose ricerche volte a creare abiti che incorporano celle solari, in modo che sia sufficiente l’esposizione al sole per produrre l’energia necessaria. Che altrimenti può essere generata dall’uomo: i due ingegneri Delnavaz e Voix del Politecnico di Montreal hanno di recente realizzato un dispositivo in grado di ricavare dalla masticazione di una persona, attraverso un sistema piezoelettrico, energia sufficiente per far funzionare un apparecchio acustico. Non è difficile immaginare dispositivi indossabili in grado di funzionare semplicemente grazie al movimento dei nostri muscoli.
In futuro, dunque, avremo abiti i cui sensori saranno in grado di capire se stiamo bene, o quali sono le condizioni ambientali, e di reagire di conseguenza. Una prima applicazione sarà quello che si definisce quantified self, cioè un monitoraggio estremamente dettagliato di come variano le nostre funzioni corporee, a scopi medici e di benessere. Ma, come si può leggere negli approfondimenti che accompagnano questo articolo, si stanno già concependo abiti in grado di modificare la propria forma come quelli del film Ritorno al futuro, o di riscaldarci o refrigerarci ben oltre quanto è in grado di fare un abito passivo.
Ma anche senza estrapolare nel futuro tecnologie che oggi vivono soltanto nei laboratori, si possono trovare esempi di abiti intelligenti. L’azienda statunitense Globe Manufacturing produce dal 2013 Wasp (Wearable advances sensor platform, piattaforma avanzata di sensori indossabile), un abito intelligente destinato ai pompieri. Oltre a essere realizzato con tessuti fatti per resistere al fuoco ed essere il più confortevole possibile nelle condizioni di lavoro estreme che si devono affrontare durante le operazioni di soccorso, è dotato anche di una telecamera, di un sistema di localizzazione e di diversi sensori in grado di monitorare attività fisiche come battito cardiaco, respirazione, postura e livello di attività corporea. Il suo uso permette di sapere sempre con precisione dove si trova il pompiere e di essere avvertiti tempestivamente se la sua vita è in pericolo, un vantaggio prezioso in situazioni in cui la rapidità dei soccorsi è essenziale per l’incolumità delle persone.
Più in generale, la tecnologia indossabile, accoppiata con l’emergente Internet of Things, ci permetterà di interagire con i dispositivi elettronici che ci circondano con enorme facilità. Una startup italiana come Hiris, per esempio, ha già concepito un dispositivo indossabile poco ingombrante che permette di comandare tutti i dispositivi di casa usando semplici gesti. Già oggi tendiamo a considerare lo smartphone parte del nostro corpo. In futuro indosseremo le interfacce attraverso le quali comunicheremo con la rete informatica al punto tale da farne un gesto totalmente naturale. Si potrà dire davvero che avremo tecnologie che ci calzeranno addosso come un vestito fatto su misura.