varie, 6 luglio 2015
NUVOLETTA
«Al mattino, se passa una nuvoletta nel cielo di Roma la colpa è mia» (Carlo Tavecchio).
BIANCO «La policy del bianco? Sinceramente la trovo troppo severa. Vi ricordate le magliette a righe di Borg o quelle tutte colorate di Becker? Alla gente e ai tifosi piacevano, ora sembra di essere tornati agli anni 50. Guardate una foto di allora e come siamo vestiti adesso, non c’è nessuna differenza. Solo che i tempi cambiano» (Roger Federer e il regolamento sull’abbigliamento a Wimbledon).
RE «Il giorno in cui feci visita a Nelson Mandela mi ha segnato la vita. Sembrava un re. Da Muhammad Ali ho imparato una cosa: lottare sempre per vincere» (Lewis Hamilton).
PAGATO «Davvero un grande pilota. Noi gli abbiamo proposto la strategia, ma è lui che ha deciso l’esatta tempistica. D’altronde è pagato per questo…» (Maurizio Arrivabene parlando di Sebastian Vettel dopo il GP di Silverstone).
LECCACULO «Non sono un leccaculo. Non uso i social, non posto foto con mia figlia e la sciarpa della squadra, certe ruffianerie non fanno parte del mio modo di essere. Con le persone ho sempre cercato un rapporto diretto. Troppo facile dire “lo hanno mandato via”, nello specifico scopri che non è mai andata così. Sono apposto e tranquillo, pulito e trasparente come l’acqua: chi sta nel calcio questo lo sa e oggi mi basta» (Alberto Aquilani, al momento svincolato e senza squadra).
RIFIUTI «Benitez aveva un’offerta del West Ham e lì c’era stato un certo discorso. Poi quando è venuto fuori il Real, ho bussato alla sua stanza e gli ho detto: “Mister, io a Madrid non vengo, perché un giorno voglio raccontare ai nipotini di aver rifiutato il Real”. La verità è che non mi ha chiesto di seguirlo... (Riccardo Bigon, ora direttore sportivo del Verona)..
SOGNATORI «Le avversità sono occasioni per combattere. Un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato» (messaggio ricevuto da Vincenzo Nibali dalla moglie Rachele dopo la disastrosa seconda tappa del Tour del France).
MAGICO «Dopo pochi punti, il pubblico si è reso conto che stava assistendo a qualcosa di magico, a qualcosa che sarebbe rimasto per sempre, superiore a una semplice partita. E lo abbiamo capito anche noi» (John McEnroe ricordando la finale di Wimbledon del 5 luglio 1980 contro Borg, vinta dallo svedese al tie-break del quinto set dopo 3 ore e 53 minuti).