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 2015  luglio 05 Domenica calendario

«POSTE IN BORSA PER ACCELERARE LA SVOLTA DIGITALE DEL PAESE»

[Intervista a Francesco Caio] –
«Il mondo è cambiato e anche Poste italiane devono reinventarsi. Questa è la sfida che la privatizzazione, ormai avviata, permetterà di vincere ripensando un modello diverso nel passaggio dalla vecchia alla nuova economia. Una trasformazione analoga a quella che sta vivendo il Paese». Così Francesco Caio, da oltre un anno amministratore delegato delle Poste, annuncia il messaggio chiave del piano industriale quinquennale che a partire dalla metà della settimana prossima presenterà agli analisti sulle principali piazze finanziarie internazionali. «È il progetto pensato per mettere il gruppo al servizio dei cittadini accompagnandoli nella transizione dai processi analogici alla realtà del digitale. Un piano di sviluppo che proietta i nostri tre mestieri storici verso il futuro: la corrispondenza e la logistica dei pacchi per il commercio elettronico, pagamenti digitali e conti correnti, la gestione del risparmio».
In piena sintonia con il governo Renzi?
«La privatizzazione delle Poste è una scelta strategica che va molto al di là dell’operazione in quanto tale perché rappresenta il segnale delle riforme strutturali che hanno permesso la riapertura di credito e fiducia verso l’Italia. E’ un passaggio essenziale per consentire a Poste di continuare a svolgere il suo ruolo a servizio della comunità: i cittadini hanno nuovi bisogni che richiedono investimenti in nuovi servizi. In una Europa dove si riducono le risorse pubbliche Poste dovrà essere in grado di trovarle sul mercato. In questo senso la privatizzazione della società e la riforma del servizio universale varata dal governo e dal Parlamento danno anche un segnale all’Europa che l’Italia è in grado di progettare un futuro di crescita orientando risorse pubbliche e private verso i veri bisogni dei cittadini e verso infrastrutture necessarie a rendere competitivo il Paese».
Oggi Poste viene stimata tra 6 e 8 miliardi di euro, mentre prima del suo arrivo correvano valutazioni tra 10 e 14 miliardi. Quanto vale realmente?
«È troppo presto per dirlo. Il prezzo lo farà il mercato quando, entro fine anno, verrà ultimato il percorso verso la quotazione su cui siamo impegnati insieme al ministero dell’Economia. Sono ottimista perché il mercato compra trasparenza e prospettive di sviluppo. Valori che alle nuove Poste italiane non mancano».
L’utile netto del bilancio 2014, il primo firmato da lei, supera di poco i 200 milioni di euro, contro circa 1 miliardo nelle stagioni precedenti. Come si spiega una diminuzione così significativa?
«Il motivo principale è il continuo calo della corrispondenza che in una struttura di costi fissi si riflette subito sull’utile. Questo rende necessario un ridisegno dei processi. Per questo, ed è la seconda spiegazione del calo di redditività, abbiamo messo in bilancio una prima parte delle risorse per la trasformazione necessaria nei prossimi anni. Infine i conti 2014 sono stati penalizzati da un aspetto fiscale una tantum».
Lei è un manager che viene dall’industria privata. Qual è stato il suo impatto con il colosso pubblico delle Poste?
«Ho cercato, prima di tutto, di ascoltare. E’ una buona regola quando si arriva in una realtà diversa. Devo dire che ho apprezzato l’orgoglio di appartenenza e la capacità d’interpretare quali sono le richieste dei cittadini grazie alla presenza capillare sul territorio dei portalettere e degli uffici postali».
Ogni giorno, in media, circa 13 mila dipendenti su 143 mila non si presentano per malattia o motivazioni varie. Quasi 10 mila assenze, in particolare, sono registrate nella logistica, che occupa 60 mila dipendenti. L’assenteismo è un problema?
«Intervenire con decisione fa parte dei programmi aziendali. Lo richiedono ragioni di etica e di equità».
Nel piano quinquennale i ri cavi della posta tradizionale si stabilizzano e arrivano perfino a crescere. Come è possibile?
«Il volume delle lettere è in forte calo, ma quello dei pacchi sta aumentando e aumenterà ancora di più grazie al commercio elettronico».
Finora però aumentano i volumi ma non i ricavi. State abbassando i prezzi per conquistare quote di mercato?
«No, facciamo i prezzi che il mercato è disposto a pagare. Abbiamo, e lo dico con orgoglio, un rapporto forte con Amazon. Ma non sarà esclusivo perché metteremo il servizio postale a disposizione di tutte le imprese, a partire da quelle più piccole, che hanno capito una questione fondamentale: i siti web sono uno strumento formidabile per vendere e non soltanto per dare informazioni sulle attività aziendali».
Nella logistica crescerete anche con acquisizioni?
«Tutto dipende dalle opportunità che si presenteranno».
Mi risulta che nel primo trimestre avete ottenuto circa 300 milioni di plusvalenze vendendo titoli di Stato con rendimenti elevati, eredità degli anni in cui i tassi d’interesse erano alti. È una operazione di carattere straordinario che ripeterete? Non c’è il rischio d’impoverire troppo la profittabilità del patrimonio?
«Non posso commentare perché si tratta di dati sensibili. Più in generale vendite come quelle fatte nei mesi scorsi fanno parte della normale routine, che consiste nell’incasso delle cedole ma anche di plusvalenze e dal rinnovo dei titoli in portafoglio».