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 2015  luglio 04 Sabato calendario

PROVE A FAVORE DIMENTICATE: 4 MESI DI CARCERE INGIUSTO

ROMA Quei quattro mesi di carcere, dal 24 gennaio al 27 maggio del 2014, più altri quindici giorni di arresti ai domiciliari, Luigi Pelaggi li ricorderà con dolore ma anche con la rabbia di chi, dopo 12 ricorsi e istanze, viene a scoprire che le prove della sua innocenza erano già tutte in alcuni accertamenti svolti dal Nucleo di Polizia Tribunale di Milano sin dal lontano 2011.
Eppure quelle verifiche, contenute in un faldone da 825 pagine su un totale di 32mila depositate agli atti dell’inchiesta sulla bonifica dell’area dello stabilimento ex Sisas di Pioltello-Rodano, sono probabilmente sfuggite al gip di Milano Paolo Varanelli che lo scorso anno firmò l’ordinanza di arresto per l’ex commissario di governo incaricato della bonifica dell’area nonché capo della segreteria tecnica dell’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Ad archiviare l’accusa di corruzione mossa nei confronti di Pelaggi, per una presunta mazzetta da 700mila euro, ci hanno pensato gli inquirenti romani.
L’ARCHIVIAZIONE
Nel frattempo, infatti, l’inchiesta era stata trasferita dalla Cassazione nella Capitale. L’altro giorno il gip Ezia Damizia ha accolto la richiesta del pm Paolo Ielo di archiviare la contestazione della corruzione. L’intero impianto accusatorio degli inquirenti di Milano riguardo alla tangente da 700mila euro ruotava attorno a un intercettazione tra due coimputati che definivano Pelaggi «fantastico come commissario» e, subito dopo, facevano riferimento ai soldi. Gli avvocati Valerio Spi-
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garelli e Antonio Bana, legali dell’ex commissario, hanno rintracciato in uno dei faldoni depositati agli atti dell’inchiesta gli accertamenti patrimoniali che sin dal 2011 avrebbero escluso qualsiasi collegamento tra Pelaggi e quei soldi. I 700mila euro sarebbero stati oggetto di manovre di finanza all’inter-
no dei veicoli societari riconducibili alla Deneco e/o Unendo (assegnataria della gara pubblica, al massimo ribasso, per la rimozione e il trasferimento dei rifiuti). Sempre da quel faldone da 825 pagine è emerso che anche due testimoni, ascoltati dalla Gdf nel dicembre del 2011 quali persone informate sui fatti, avevano dichiarato l’estraneità dell’ex commissario rispetto ai passaggi di denaro. Da qui la richiesta di archiviazione del pm Ielo, perché le indagini milanesi, «compendiate nelle note Gdf dell’8 novembre 2011 e 10 ottobre 2011, hanno tracciato il flusso finanziario di 700mila euro generato dal Sal», ed «evidenziato come non sia finito nella disponibilità di Pelaggi».
L’ORIGINE
L’ex capo della segreteria dell’allora ministro Prestigiacomo ha visto riconosciuta la prima, e forse la più importante, ragione. L’inchiesta era stata avviata nel febbraio del 2011 dall’allora procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dai pm Piero Basilone, Paola Pirotta e Paolo Filippini ed aveva portato agli arresti, nel gennaio del 2014, di Pelaggi e di altre quattro indagati. Sette mesi dopo, a seguito della pronuncia della Cassazione, la trasmissione degli atti a Roma.
«Per quanto riguarda la contestazioni di reati ambientali e di abuso d’ufficio fa sapere l’avvocato Spigarelli siamo certi che neanche queste saranno sussistano. In realtà, quello che ha fatto Pelaggi è stato lavorare per la rimozione di circa 300mila tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, nello stabilimento Sisas, evitando in questo modo all’Italia una condanna da 670 milioni di euro da parte della Commissione europea».