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 2015  luglio 04 Sabato calendario

L’ANSIA DEL VUOTO RIEMPIE MILANO

L’ANSIA DEL VUOTO RIEMPIE MILANO -
Caro Direttore, non se hai avuto modo di sfogliare il libro di Gabriele Basilico dedicato a Milano (Milano. Lettera alla mia città) pubblicato in questi giorni. Contiene il racconto della città in bianco e nero: strade deserte, capannoni industriali, lampioni, e poi i grandi palazzi del centro e le periferie, il tutto colto con un occhio sironiano. Città di pietra, mattoni e cemento nelle immagini di Basilico Milano s’apre all’improvviso nel colonnato interno di Sant’Ambrogio, nelle vestigia romane di San Lorenzo e rivela così la sua doppia anima.
Se avrai modo di guardare il libro ti accorgerai che, a un certo punto, Basilico aveva cominciato a fotografare Milano in un modo diverso, a colori. Nel volume ci sono vari scatti dedicati all’area Garibaldi-Repubblica, dove sono sorti negli ultimi anni i grattacieli che hanno cambiato lo skyline di Milano: la torre Unicredit, il cosiddetto Diamante, il bosco verticale di Boeri, il grattacielo della Regione e gli altri edifici residenziali che fanno somigliare quel luogo di Milano ad altre città del mondo. In quelle fotografie del 2006 Basilico ritraeva gli scavi per la fondazione di quei palazzi. Sono istantanee che mostrano enormi buchi. Non delle voragini, bensì il vuoto che è necessario prima di erigere il nuovo. La città sorge su un vuoto, e subito lo riempie. Basilico alla fine degli anni Settanta aveva ritratto Milano vuota, un deserto di ciminiere e capannoni. Poco prima di morire ci ha invece mostrato l’altra faccia: il vuoto che c’è sotto, la sua ansia milanese di riempire quei buchi edificandovi sopra palazzi.
Purtroppo Basilico è scomparso prima di fotografare un altro luogo, poco distante Porta Garibaldi. Nella zona del Cimitero Monumentale, il secondo monumento più visitato della città, ci sono, o meglio c’erano, alcuni edifici storici dell’Enel. La società che li possiede, dopo aver realizzato un’adeguata plusvalenza, li ha divisi in lotti e affidati a vari costruttori: un gioco finanziario che vale qualche 40 forse 60 milioni di euro. Qualche estate fa, in agosto, l’assessore De Cesaris, prima ancora di varare il Piano Generale del Territorio, ha presentato in Consiglio comunale con motivo d’urgenza il progetto per costruire in quell’area un grande albergo di nove piani (dentro l’area di rispetto del Monumentale), una residenza di lusso e, come foglia di fico, edilizia convenzionata.
A Milano come sai, oggi si costruisce molto, è la filosofia adottata anche dalla giunta Pisapia, spesso in piccoli lotti, dentro i cortili, palazzi altissimi, affare lucroso senza dubbio. La giunta non vuole bloccare la macchina che produce quel po’ di ricchezza che s’immagina ricada nel tessuto cittadino, o almeno lombardo, con posti di lavoro e indotto, mentre sappiamo che gran parte dei capitali prodotti dall’edilizia volano all’estero e a noi resta ben poco della ricchezza generata. Per farla breve, dopo varie peripezie, che non sto qui a riassumere, sono stati scavati due grandi buchi, profondi, bonificando la zona da amianto e altre scorie industriali del passato, pronti per essere occupati da edifici di nove piani in una zona in cui le case non superano il quarto.
Il Consiglio di Stato ha emesso a febbraio una sentenza: il piano di costruzione dell’area ex Enel non si può realizzare; il Comune ha approvato un atto amministrativo illegittimo. Quindi si può ripensare l’intero progetto. Eppure l’altra mattina nel buco è sorta una grande gru, altissima e sottile, e sono iniziati i lavori. Un nuovo albergo in una zona di Milano che ne ha già due grandi a poche centinaia di metri di distanza. Perché il Comune non interviene, blocca i lavori chiaramente illegali e non ripensa l’intera area?
Nella zona mancano asili, scuole, non ci sono ritrovi per anziani o case sociali, manca il verde, e poi c’è il Monumentale lì di fronte con un albergo in costruzione (costo 14,5 milioni di euro), di cui non si conosce il valore architettonico (nessuna immagine all’esterno). Sono partito dal vuoto fotografato da Basilico e lì voglio tornare perché si tratta probabilmente di una questione antropologica, o forse metafisica. Milano aborrisce il vuoto. C’è l’ansia del fare, del fare subito, in fretta. L’assessore De Cesaris, vicesindaco, detesta il vuoto. Si costruisca in ogni caso, e la paura del degrado come scusa. Spero che anche il sindaco e il suo vice abbiano modo di sfogliare il libro di Basilico e riflettere un po’ di più su cosa serve per il bene di Milano, e che abbiano la correttezza di far rispettare la sentenza. Di cosa fare di questo buco se ne parlerà più avanti, la città non ha fretta nonostante Expo e tutto il resto: ha una memoria e un destino lungo. Peccato che non ci sia più Basilico per fotografare la sua anima e questo buco che ne è l’emblema più evidente. Un caro saluto.
Marco Belpoliti, il Fatto Quotidiano 4/7/2015