Guido Andruetto, la Repubblica 4/7/2015, 4 luglio 2015
LA DIVINA DUSE
I telegrammi che Eleonora Duse inviava agli amici nei primi anni del Novecento erano come i nostri tweet. Concisi, essenziali, ma anche diretti e liberatori. Attraverso di essi la grande attrice, la «divina» per Gabriele D’Annunzio, comunicava con ardente vitalità i propri stati d’animo e pensieri più intimi. Con la differenza che i suoi messaggi erano indirizzati a una sola persona e non al mondo intero come accade nell’era dei social.
Una fitta corrispondenza inedita, costituita soprattutto da lettere e telegrammi che la Duse inviò a Henry Russell, insegnante di canto e impresario di cui era grande amica e con il quale collaborò ad una stagione di opera e prosa al New Waldorf Theatre di Londra, è la parte più interessante di una ricca donazione di documenti originali e autografi che lunedì sarà trasferita al Centro Studi sul Teatro della Fondazione Giorgio Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia. Qui la direttrice Maria Ida Biggi è pronta a prendere in consegna il fondo di materiali della Duse che sono stati collezionati nel corso di una vita da Lee Strasberg.
Insegnante dell’Actor’s Studio di New York, dove nel 1950 fu nominato direttore artistico da Elia Kazan, Strasberg è stato il maestro di numerosi attori divenuti in seguito star di Hollywood (da Marlon Brando a Paul Newman, da Shirley MacLaine a Marilyn Monroe), a cui trasmise e descrisse con passione l’arte della Duse, di cui apprezzava fra le tante cose «la voce che sembrava semplicemente fluttuare verso il pubblico» e «la straordinaria abilità di stare seduta sul palco e dar vita a una persona che pensava e provava sentimenti, senza quella particolare energia che comunemente caratterizza il comportamento emotivo». Oggi, a molti anni dalla scomparsa di Strasberg, avvenuta nel 1982, la vedova Anna Strasberg ha deciso di cedere alla Cini la raccolta epistolare della Duse. Telegrammi e lettere mai visti finora, che dell’attrice simbolo del teatro moderno rivelano un’etica del lavoro fortissima e la sua più totale insofferenza per la noia, la vita di chiacchiera ed apparenza. Ne fa cenno lei stessa in un messaggio per Russell del 23 ottobre 1903 trascritto su un foglio con l’intestazione dell’hotel Savoy di Londra: «Mi sento assai stupida e la vita di città mi pare più assurda e crudele che mai, chissà che bel sole alla campagna, in qualche contrada di questo mondo! “Cultivez voz jardins!”». E ancora, in un’altra lettera scritta da Parigi e indirizzata a Russell, scrive «caro e buon amico per stasera impossibile parlare. Sono in uno stato di stanchezza atroce per una giornata atroce. Ho provato fino adesso e sono le 11, casco dalla fatica, e non posso aspettare. A domani, perché sto troppo poco bene. Qui tutto un inferno atroce!».
Il 10 gennaio 1904, invece, dall’Hôtel Gray & d’Albion, a Cannes, la Duse in una missiva si mostra riconoscente verso il suo interlocutore che le ha fatto ritrovare «la mia forza che consiste nel “ tornare al lavoro”», mentre da Vienna pochi mesi dopo tornerà a scrivere a Russell telegrafandogli che «sto bene, l’assoluta necessità di lavorare, e la mancanza di aiuto ha fatto che mi sono chiusa in me stessa e ho ritrovato energia, orgoglio, speranza». Anche da questi brevi frammenti di corrispondenza inedita, che la Fondazione Cini ha ottenuto grazie all’interessamento della famiglia Alliata di Montereale e che ora andranno ad arricchire il già consistente Archivio Duse a San Giorgio, si percepisce chiaramente come la Duse fosse affascinata dal fuoco della vita. «Chi sa comprendere, impara ogni giorno e comprendere, è tutto – scrive in un’altra lettera – la forza, la gioia, il dolore e la liberazione, tutto è nella parola “comprendere”. Le mando, oggi, questa parola, con la più sincera, e profonda bontà dell’anima. Ogni augurio al coraggio, e al lavoro». Non manca, nella corrispondenza poi confluita nella collezione di Strasberg, un sottile lamento per i banali inconvenienti di una vita lussuosa. Così la Duse ci sorprende, quando in una lettera spedita da Roma a Palermo scrive che «causa malinteso Mazzanti non ha fissato posti sul treno lusso. Noia atroce. Per non rimanere ancora qui bisognerà partire treno ordinario ma fermando una notte a Napoli noia atroce».
Guido Andruetto, la Repubblica 4/7/2015