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 2015  luglio 03 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - COMINCIA IL PROCESSO A BOSSETTI


REPUBBLICA.IT
I difensori di Massimo Bossetti chiedono ai giudici della Corte d’assise di Bergamo la nullità del prelievo del Dna con un boccaglio, nel corso di un controllo stradale simulato, da cui derivò che il Dna del muratore era lo stesso di Ignoto 1. E’ questo l’unico elemento di rilievo della prima udienza in tribunale a Bergamo per l’omicidio di Yara Gambirasio, durata circa due ore e mezzo. I giudici della Corte d’Assise decideranno il prossimo 17 luglio sulle eccezioni preliminari sollevate dalla difesa cui si è opposta la Procura (per il pm, Letizia Ruggeri, "è tutto regolare, le risposte alle eccezioni sono già nei documenti") e anche sull’ammissione in aula delle telecamere. "Mi sento più tranquillo, ho molta fiducia nella giustizia", dice l’imputato al suo legale, Claudio Salvagni.
Yara, a 5 anni dalla morte parte il processo a Bossetti
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Il processo - Davanti ai giudici della Corte d’assise di Bergamo, comincia così il processo all’uomo accusato dell’omicidio di Yara arriva dopo oltre cinque anni dalla scomparsa della tredicenne che fu trovata uccisa tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola, il 26 febbraio del 2011. Bossetti c’è e intende seguire tutte le fasi del processo ma non ci sono i genitori della ragazza uccisa che hanno fatto sapere che limiteranno la loro presenza solo per testimoniare. In aula non possono esserci nemmeno la moglie del muratore arrestato né la madre che sono state citate come testimoni. Ingenti le misure di sicurezza in tribunale e aula interdetta a tablet e telefoni cellulari. Numerose troupe televisive posizionate fuori dal palazzo di Giustizia bergamasco già da ieri per seguire il dibattimento.

Il nervosimo di Bossetti - Bossetti entra da un ingresso secondario del tribunale a bordo di un furgone della Polizia penitenziaria poi direttamente in aula, prendendo posto nella gabbia degli imputati. Guarda brevemente il pubblico, senza scomporsi, e, vestito con una polo e blue jeans, assiste alla discussione sulle eccezioni preliminari. Ma il suo nervosismo trapela dal continuo movimento dei piedi. L’aula è stracolma. Parecchi i curiosi che hanno voluto assistere alla prima udienza in un’aula ’blindata’.

Il Dna - Secondo gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, il prelievo che ha incastrato il muratore doveva essere eseguito con le garanzie difensive in quanto "non si può dire che il signor Bossetti il 15 giugno dell’anno scorso non fosse indagato" (il muratore fu arrestato il 16). Nullo, per la difesa, anche il capo d’imputazione che fa riferimento a due luoghi diversi per l’omicidio di Yara Gambirasio: Brembate di Sopra e Chignolo d’Isola.

La decisione sulle tv - Uno dei primi problemi che si presenta alla Corte è quello dell’ammissione delle telecamere in aula. La famiglia Gambirasio e il pm Letizia Ruggeri sono contrarie.
Caso Yara, l’arresto del presunto omicida
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Il processo - Il processo in Corte d’assise potrebbe costare a Bossetti l’ergastolo per l’omicidio aggravato della tredicenne e la calunnia ai danni di un suo collega di lavoro sul quale avrebbe cercato di sviare le indagini. I suoi difensori cercheranno di convincere i due giudici togati e i sei popolari che esistono piste alternative a quella del muratore che si trova in carcere da oltre un anno e continua a proclamarsi innocente, nonostante il suo Dna sia stato trovato sul corpo della ragazzina, scoperto tre mesi dopo la scomparsa dalla palestra di Brembate di Sopra, il 26 novembre del 2010. Per questo gli avvocati hanno presentato un elenco di 711 testi: genetisti per confutare quale Dna, criminologi ma anche testimoni che potrebbero instillare il dubbio che quella di Bossetti non sia la sola pista.
Fermato il presunto assassino di Yara: la fotostoria del caso che ha sconvolto l’Italia
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L’accusa - Nell’elenco dei testi compare, ad esempio, anche Mohamed Fikri, arrestato nei giorni successivi alla scomparsa dei Yara ma scagionato dalle indagini, dopo anni di tormento giudiziario. Per la difesa rimane infatti centrale quel cantiere di Mapello, vicino a Brembate, dove si indirizzarono i cani molecolari subito dopo l’allarme per la scomparsa. Sempre la difesa ha citato anche Enrico Tironi, un giovane che disse di aver visto Yara con due uomini ma che raccontò poi di essersi sbagliato, rischiando anche un incriminazione, Marina Abeni e l’ex guardia giurata Mario Torraco: anch’essi raccontarono di aver visto movimenti sospetti quel pomeriggio ma la loro testimonianza non trovò riscontro.

La difesa - Più sobria la lista depositata dal pm Letizia Ruggeri (120 testi) che ha condotto le indagini per oltre quattro anni e che rappresenterà l’accusa nel dibattimento. Nel suo elenco spicca una teste che, per la sua strenua difesa di Bosetti e per la sua vicinanza, avrebbe potuto essere schierata dalla difesa che, per esempio, ha citato anche Marita Comi, la moglie del muratore: è la madre di Massimo, Ester Arzuffi. La madre di quell’Ignoto 1 a cui gli investigatori risalirono con uno screening tra migliaia di Dna raccolti nelle valli bergamasche e che risultò essere lo stesso del muratore secondo quattro diversi laboratori d’analisi.

I TESTI (pezzo del 15/6)
E’ composta per ora da circa 400 testi la lista che, in vista del dibattimento che inizierà il 3 luglio, stanno preparando i difensori di Massimo Bossetti, in carcere da oltre un anno per l’omicidio della tredicenne Yara Gabirasio, scomparsa dalla palestra di Brembate di Sopra (Bergamo) il 26 novembre del 2010 e trovata uccisa tre mesi dopo.
Nell’elenco che gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini stanno stilando vi saranno tutti i consulenti scientifici di accusa e difesa, familiari di Bossetti, frequentatori della palestre e persone che vivono nei dintorni della casa della ragazza uccisa che i difensori vogliono siano sentiti nel processo davanti ai giudici della Corte d’assise di Bergamo.
"Citeremo tutte quelle persone necessarie a chiarire le domande che lo stesso capo d’imputazione solleva - ha spiegato Salvagni -, anche perché lo stesso capo d’imputazione non è chiaro: non si capisce la dinamica, non si capisce il movente".

LASTAMPA.IT
Inizia il processo più atteso dell’anno e, per una volta, telecamere, iPad e telefonini sono esclusi dall’udienza nel tentativo di contenere quello che le parti civili, rappresentanti dei familiari di Yara Gambirasio, la bambina di 13 anni uccisa nel campo di Chignolo d’Isola il 26 novembre 2010, definiscono «un circo mediatico fin troppo invadente».
«Non voglio che le telecamere trasformino questo processo in un palcoscenico» dice il pm Letizia Ruggeri. E gli avvocati della difese, che alla vigilia avevano auspicato a gran voce una presenza massiccia di televisioni, non rimane che fare marcia indietro, rimettendosi «alla volontà dei genitori e dei famigliari di Yara per rispetto al loro dolore». Dunque, sarà udienza pubblica ma non mediatica, sempre che il presidente Antonella Bertoja non decida diversamente alla prossima udienza, prevista per il 17 luglio.
Agli avvocati di Massimo Bossetti, che preannunciano un «processo complesso e soprattutto indiziario», non rimane quindi che impostare la più classica delle difese partendo dalle eccezioni preliminari: ben cinque, ma nessuna di queste inedita e tutte basate sul tentativo di escludere dal fascicolo del dibattimento una serie di atti e di indagini scientifiche, a partire dal l’esame del Dna - ormai “irripetibile” e di cui contestano la procedura - lamentando l’assenza di una comunicazione dell’atto all’imputato. Ma dimenticando che quando l’esame sul filamento di Dna ritrovato sui leggins di Yara venne svolto, rivelando il profilo genetico di quello che all’epoca venne indicato come “Ignoto Uno”, di Bossetti non si sospettava nemmeno l’esistenza.
I legali puntano poi a un rimpianto dell’intero processo invocando la nullità del decreto di rinvio a giudizio per “indeterminatezza del luogo in cui venne commesso il reato»: ovvero, sostengono, indicando sia Brembate sopra, dove Yara secondo l’accusa scomparve salendo sul camion furgonato di Bossetti, e Chignolo d’Isola, il luogo cioè dove venne uccisa e ritrovata, il giudice dell’udienza preliminare è stato vago. Infine invocano una nullità generale per assenza di proroga d’indagine nel periodo in cui dall’inchiesta contro “ignoti” si passò al l’iscrizione sul registro degli indagati di Bossetti. Stoppati dal pm che li invita a cercare bene nel fascicolo numero 60, dove le proroghe sono elencate minuziosamente.
Da notare che si tratta di eccezioni già ripresentate ai vari giudici di merito e finora tutte respinte, perfino in Cassazione. Bossetti sembra non notare differenze, ascolta compunto le prime schermaglie tra accusa e difesa, evita accuratamente di voltarsi verso i giornalisti. Alla fine, quando il presidente dichiara che le decisioni della camera di consiglio verranno rese note solo alla prossima udienza, si alza e attende la visita dei suoi legali. Sono grandi sorrisi, pacche sulle spalle. «Mi sento più tranquillo - riferiscono poi gli avvocati - ho molta fiducia nella giustizia». La battaglia è appena cominciata. Tra due settimane si inizieranno a elencare prove e testimoni (settecentoundici solo quelli indicati dalle difese più i centoventi chiesti dall’accusa) e solo a settembre, probabilmente, si entrerà nel vivo.

CORRIERE.IT
È durata un paio d’ore la prima udienza del processo a Massimo Bossetti, il carpentiere di 44 anni accusato dell’omicidio della piccola Yara Gambirasio. Alle 9.25 la Corte d’Assiste presieduta dal giudice Antonella Bertoja ha fatto il suo ingresso in un’aula gremita di giornalisti e gente comune: 34 i posti riservati alla stampa, tra i 70 e gli 80 quelli liberi, che comunque non sono bastati a contenere i curiosi. Poco prima dell’inizio dell’udienza in una decina sono rimasti all’esterno dell’area blindata, dove carabinieri e guardie del tribunale lasciavano accedere solo gli autorizzati. Quattro le eccezioni sollevate dai difensori di Bossetti. La Corte deciderà se accoglierle durante la prossima udienza, fissata il 17 luglio alle 10.30. «Mi sento più tranquillo, ho molta fiducia nella giustizia», ha confidato l’imputato all’avvocato Salvagni, che ha scambiato qualche parola con lui prima del ritorno in carcere.
shadow carouselIn coda per il processo a Bossetti
In coda per il processo a Bossetti
In coda per il processo a Bossetti
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Il nervosismo di Bossetti
Massimo Bossetti lo aveva detto che ci sarebbe stato. Parteciperà a tutte le udienze. Abbronzatissimo, capelli gellati, in jeans e maglietta celeste, ai piedi un paio di scarpe da ginnastica, è stato fatto entrare nella gabbiotto, tre metri per tre, con le pareti di vetro riservata agli imputati. Scortato da tre agenti, ha lanciato un solo rapido sguardo verso il pubblico, senza scomporsi. Poi si è seduto in modo da guardare i giudici, i gomiti appoggiati ad un tavolo. Il suo nervosismo trapelava dal continuo movimento dei piedi. In aula non c’erano i genitori di Yara, perché, come spiegato nei giorni scorsi dal loro legale l’avvocato Enrico Pelillo (li assiste anche Andrea Pezzotta), intendono evitare il clamore intorno alla vicenda processuale e si limiteranno a essere presenti quando saranno chiamati a testimoniare.

Il pm e la difesa
I legali di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, hanno varcato la soglia del tribunale poco dopo le 8.30 e si sono subito sistemati nei banchi della difesa. Sul lato opposto, il pubblico ministero Letizia Ruggeri, che al contrario è arrivata pochi istanti prima dell’ingresso della Corte (I punti dell’accusa). Al suo fianco, siede il procuratore di Bergamo, Francesco Dettori. Tra il pubblico anche alcuni degli inquirenti che hanno seguito in prima linea l’inchiesta.

Dalla saliva al test del Dna: i punti sollevati dagli avvocati
«Abbiamo esaminato migliaia di atti senza trovare una prova», ha rimarcato davanti alla Corte e ai sei giudici popolari l’avvocato Salvagni. Quattro le eccezioni sollevate per chiedere l’annullamento del processo. Secondo la difesa, sono da non ritenersi validi tutti gli atti «dal primo giorno del secondo anno» dell’inchiesta, perché la procura non avrebbe chiesto la proroga delle indagini. Inutilizzabile il Dna trovato sugli slip della vittima e corrispondente a quello di Bossetti, perché il test è irripetibile. Il terzo punto riguarda il prelievo di saliva fatto all’imputato nel corso di un controllo stradale simulato, alla vigilia dell’arresto. Dalle successive analisi derivò che il suo profilo era lo stesso di «Ignoto 1». Secondo Salvagni e Camporini, quel prelievo doveva essere eseguito con le garanzie difensive in quanto «non si può dire che il signor Bossetti il 15 giugno dell’anno scorso non fosse indagato» (il muratore fu arrestato il 16). Infine, nullo, per la difesa, è anche il capo d’imputazione che fa riferimento a due luoghi diversi per l’omicidio di Yara Gambirasio: Brembate di Sopra e Chignolo d’Isola.
Gli «esclusi» dall’aula
«Noi siamo rimasti in fila dalle 7.30, ma non siamo riusciti a entrare», raccontano una donna e il figlio rimasti fuori dall’aula. Hanno atteso nella speranza che si liberasse qualche posto insieme a quattro ragazze. «È quella l’aula del processo di Bossetti?», chiede un giovane. Anche lui si è messo in coda. Tutti, giornalisti e semplici spettatori, sono stati obbligati a depositare alle guardie telefonini e macchine fotografiche. Controllati anche occhiali, penne e orologi per evitare obiettivi che riprendessero l’imputato durante l’udienza.
Teste, eccezioni e prove: ma si entrerà nel vivo solo a settembre
La prossima data del processo è il 17 luglio, ma solo a settembre si entrerà nel vivo. Quella di oggi è un’udienza tecnica per la presentazione delle prove, di eventuali eccezioni e della lista dei testimoni. Solo quelli della difesa sono 711, più i 120 del pm Letizia Ruggeri. Deciderà la Corte se ammetterli.

BOSSETTI
Dal 16 giugno 2014 la vita di Massimo Bossetti è in pochi metri quadrati. Prima in una cella di isolamento e dal 28 ottobre nella sezione protetta, divisa dal resto del carcere, che ha un piccolo cortile per le ore d’aria. Il carpentiere in cella per l’omicidio di Yara ci trascorre parecchio tempo: è abbronzato. C’è poco da fare nel mondo con le sbarre alle finestre. A chi l’ha incontrato è sembrato tranquillo. «Meno male che inizia il processo, così si chiarisce tutto», le sue parole nei giorni che precedono la prima udienza, oggi alle 9. Lo conferma anche il suo avvocato Claudio Salvagni, che l’ha visto la scorsa settimana: «Mi ha detto che ci crede e che è fiducioso». Sabato Bossetti ha incontrato anche i suoi tre figli, glieli ha portati la moglie Marita.
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In coda per il processo a Bossetti
In coda per il processo a Bossetti
In coda per il processo a Bossetti
In coda per il processo a Bossetti
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Che cosa succede oggi
La prima è un’udienza tecnica in cui le parti possono sollevare eccezioni, presentano la lista dei testimoni e chiedono l’ammissione delle prove. È lecito aspettarsi battaglia da parte degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, alla luce delle diverse volte in cui la difesa ha chiesto la nullità della relazione del Ris che sta alla base dell’inchiesta. Lì infatti si spiega che sugli slip e sui leggings di Yara c’è il Dna di Ignoto 1, poi ribattezzato Massimo Bossetti. Poi sarà la volta dei testimoni. Tantissimi. Solo quelli della difesa sono 711, più i 120 del pm Letizia Ruggeri (oggi ci sarà anche il procuratore Francesco Dettori) che chiede di sentire anche Ester Arzuffi, la mamma dell’imputato non citata dalla difesa, che chiama invece Mohamed Fikri, il marocchino indagato e poi scagionato. Deciderà la Corte se ammettere tutti i testi. La seconda udienza è il 17 luglio, ma si entrerà nel vivo del processo dopo l’estate. Quali sono i punti principali?
Il Dna della vittima
L’accusa non ha dubbi: l’imputato ha lasciato il suo sangue (si presume dai test) durante l’omicidio. La traccia è mista, dunque il sangue di Bossetti non può essersi mischiato con quello di Yara in un secondo momento. Per l’accusa il pilastro non è così solido: ci sarà anche (forse) il Dna nucleare dell’imputato, ma non anche quello mitocondriale. Come lo si spiega? Per il pm conta poco, perché solo il primo individua una persona.
Il furgone ripreso
Dagli atti dell’inchiesta emerge che l’Iveco Daily di Bossetti è stato ripreso dalle telecamere girare attorno al centro sportivo di Brembate Sopra per un’ora, il giorno della scomparsa di Yara, dalle 18 alle 18.47 per poi rispuntare alle 18.47. L’accusa contesta che sia il suo in ogni ripresa: lo si vede bene passare due volte in via Caduti dell’aeronautica (lato sinistro del centro sportivo), ma non anche nelle altre.
Alibi e contradizioni
Bossetti ha prima detto di esseri trovato a Brembate perché passava sempre di lì per tornare dal lavoro. Poi, a fronte delle verifiche di polizia e carabinieri, ha corretto il tiro: «Sono andato dal meccanico, da mio fratello, dalla commercialista e in edicola». Per l’accusa mente perché le sue parole non trovano riscontro.
Dalle polveri alle fibre
Già prima che venisse trovato Bossetti si cercava un muratore, perché sul corpo e nei bronchi di Yara c’era polvere di calce. E Bossetti è un muratore. Conta per l’accusa, non ha peso per la difesa perché è un lavoro diffuso in Bergamasca. Identico scontro sulle fibre trovate sugli indumenti della bambina identici anche per proporzione dei quattro colori ai sedili del furgone di Bossetti: un’ulteriore conferma che la vittima sia finita sull’Iveco secondo la pm, un dato senza significato per l’accusa, perché quello è un tessuto diffuso e usato anche sui treni.