Andrea Di Biase, MilanoFinanza 3/7/2015, 3 luglio 2015
FMI: PER LA GRECIA SERVONO 50 MLD
Un terzo piano di salvataggio della Grecia costerebbe 50 miliardi di euro nei prossimi tre anni. È la previsione del Fmi, diffusa ieri. Intanto il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis è pronto a lasciare in caso di vittoria dei sì al referendum di domenica in merito all’accettazione del programma dei creditori internazionali.
Ma il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, avverte Atene: se i greci voteranno no sarà «incredibilmente difficile» mettere in piedi un nuovo salvataggio. Un avvertimento, neanche tanto velato, sulle possibili conseguenze del voto di domenica. Intanto è giallo sui sondaggi: la società Gpo ha smentito di aver fatto il rilevamento pubblicato online dal quotidiano Kathimerini in cui si dava in vantaggio i sì. Dall’Italia il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è sicuro che lunedì la Grecia tornerà a trattare. E il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, rassicura: siamo in grado di far fronte alle turbolenze.
L’incertezza sull’esito della crisi greca e sui suoi riflessi sul futuro dell’euro ha però inciso negativamente sulle borse europee, che hanno chiuso in territorio negativo. Il Dax ha accelerato al ribasso nel finale chiudendo in flessione dello 0,73%, il Cac ha perso lo 0,98%, l’Ibex ha ceduto lo 0,68%. Il Ftse Mib di Piazza Affari ha chiuso perdendo l’1,43% a quota 22.616.
Lo spread è invece rimasto sui livelli della seduta di ieri a 149 punti base con il rendimento del decennale al 2,33%.
Un nuovo piano da 50 mld. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, un eventuale rifinanziamento del debito greco costerebbe almeno 50 miliardi di euro fino al 2018. Secondo i tecnici dell’Fmi le finanze della Grecia si sono ulteriormente deteriorate perché Atene è stata troppo lenta nel varare le riforme economiche necessarie. Washington sottolinea anche che lo scorso anno si prevedeva un calo del debito greco al 128% del pil. Ora il debito è tornato a viaggiare verso il 150% entro il 2020. Il rapporto, pubblicato ieri sul sito internet dell’Fmi, era stato redatto poco prima del fallito accordo nelle ultime ore e del mancato pagamento della tranche da 1,6 miliardi dovuta entro lunedì 30 giugno. «Questi ultimi sviluppi», si sottolinea, «avranno certamente un ulteriore impatto economico e finanziario significativamente negativo» sulla situazione greca. Perché, sottolineano gli economisti dell’Fmi, «la Grecia è preclusa dall’ottenere nuovi aiuti fino a che non avrà pagato in pieno i suoi arretrati col Fondo».
Nel rapporto si legge anche che i creditori dovrebbero offrire alla Grecia tassi di interesse scontati e una estensione del periodo previsto per il rimborso dei prestiti.
Il monito di Dijsselbloem. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, parlando al Parlamento olandese, ha però avvertito Atene: se i greci voteranno no al referendum sarà «incredibilmente difficile» mettere in piedi un nuovo salvataggio. Allo stesso tempo il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis ha fatto sapere di essere pronto a dimettersi nel caso la consultazione popolare dovesse concludersi con un sì al programma proposto dai creditori internazionali. «Rassegnerò le dimissioni se vince il sì» al referendum, ha affermato Varoufakis, in una intervista a Bloomberg TV. In quel caso, ha aggiunto, la Grecia firmerà immediatamente l’ultimo piano messo sul tavolo dalle istituzioni internazionali. Ma se i greci dovessero dire no, «riprenderemo immediatamente» le trattative. Anche se, ha spiegato il ministro greco, il governo Tsipras non intende firmare alcuna intesa che non preveda «la ristrutturazione del debito». In sostanza un taglio del valore nominale dei crediti che, per la maggior parte, sono ora in mano degli altri Paesi dell’Eurozona, Italia compresa. Sul fronte interno, il ministro delle Finanze ha assicurato che martedì prossimo le banche greche riapriranno «regolarmente», sottolineando che gli istituti sono «perfettamente capitalizzati». In queste ore, però, nessuno se la sente di alzare i toni e guardare allo scenario peggiore. «Secondo me non uscirà dall’euro, farà di tutto per fare un accordo», ha provato a rassicurare il premier italiano Renzi, convinto che un’uscita «sarebbe una sconfitta politica di tutti». Anche il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, che per la prima volta è sceso in campo per contraddire le indicazioni elettorali di un Governo europeo, si è limitato a ricordare ai greci la grande responsabilità che portano: «Aspettiamo il risultato del referendum e lo prenderemo in considerazione, ora è il momento che i greci decidano il loro futuro». E anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella spinge ancora per il dialogo: «Auspichiamo che la Grecia possa trovare rapidamente un’equilibrata intesa per riavviare un percorso di stabilità e crescita nell’alveo dell’Unione Europea, cui Atene appartiene».
I rischi per l’Italia. Secondo l’agenzia di rating Standard & Poor’s, l’Italia sarebbe il Paese più colpito nel caso di un’uscita della Grecia dall’euro, con un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato che farebbe salire il costo del debito di 11 miliardi di euro. «Il principale effetto di una Grexit sul resto dell’Eurozona, in particolare sulla periferia, avverrebbe attraverso i mercati dei capitali», ha dichiarato S&P. In particolare, farebbe tornare una componente di rischio sui bond dei Paesi considerati «più vulnerabili». Secondo la simulazione di S&P, l’aumento dei costi di finanziamento per l’Eurozona nel 2015 e nel 2016 sarebbe pari a 30 miliardi, ma l’incremento verrebbe distribuito in maniera diseguale, con l’Italia che appunto potrebbe registrare il maggior incremento assoluto: 11 miliardi.
Il giallo del sondaggio. A rendere ancora più volatile la giornata sui mercati ci si è messo anche un sondaggio della società Gpo pubblicato dall’edizione online del quotidiano Kathimerini, secondo cui il 47% dei greci sarebbe propenso a votare sì. I favorevoli al no, ovvero coloro che sarebbero schierati con la posizione del governo, sarebbero pari al 43%. Successivamente, però, la Gpo ha smentito di aver fatto quel rilevamento. «Non abbiamo alcuna responsabilità per quelle cifre pubblicate dai media e useremo tutti i mezzi legali per tutelare i nostri interessi», fa sapere l’azienda in un comunicato. I sondaggi, si aggiunge, devono essere fatti in modo «responsabile», in particolare «mentre si attende la decisione del popolo greco».
Andrea Di Biase, MilanoFinanza 3/7/2015