Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 03 Venerdì calendario

SESSO, DROGA E UNA MORTE MISTERIOSA – 

La misteriosa morte di una giovane nella Bari bene tra intrallazzi e malaffare. Una storia familiare dolorosa e anche tragica ambientata nel cuore di una borghesia che ritiene di non avere debiti verso la comunità che l’ha fatta ricca e potente. E al contrario vede come terreno di conquista ciò che dovrebbe essere terreno di condivisione. È un romanzo duro, drammatico, quello di Nicola Lagioia che alla fine è risultato il più votato nello sprint finale del Ninfeo. La ferocia è organizzato come un giallo a chiave, thriller e romanzo gotico insieme all’ombra anche di una storia d’amore che porta a una soluzione comunque finale, ma si dissemina su infiniti richiami alla storia e al presente, aprendo sempre nuovi squarci sulla natura e sulla ferocia del potere e dei poteri in quello spaccato di mondo, il sud, che è sintesi di tutto un Paese.
Travolta nella notte da un camion, mentre si muove nuda in mezzo a una via oscura, muore una donna molto giovane. Seguono l’esame autoptico, poi il funerale. Intorno alla sua seducente effigie di amante, di figlia e di sorella, girano volti e nomi, coinvolti in un’oscura serie d’incontri e di fatalità.
TRAME
Quale rapporto esiste fra Clara e quei nomi che sono di avvocati, sottosegretari, giudici austeri tutti della buona borghesia barese, iscritta a circoli esclusivi con orge notturne e gran culto pubblico (e pubblicizzato) della famiglia, pur tradita di continuo nel privato? E che appartengono quasi tutti al giro affaristico del padre Vittorio, il quale si è fatto da solo, ha conquistato il benessere, ha arricchito la famiglia grazie a ogni tipo d’infrazione e di abuso da perfetto corrotto e corruttore qual è, dentro le trame di un potere tentacolare ubiquitario e recente, acquisito con la ferocia che si addice ai riti insieme antichi e contemporanei del profitto ipertrofico.
Più ci si addentra in questa storia da Buddenbrook pugliesi, attraverso i suoi livelli diversi, intrecciati nella complessità del racconto, più emerge, nel disagio generale, il vero disagio, la spina dolorosa di Clara. La sua fine è stata un suicidio come vorrebbe un anatomopatologo molto ricattabile? Dietro la sua caduta inesorabile, con droga e sesso, si cela qualcosa di oscuro e d’indicibile. Enigmatico e depresso, che ha avuto bisogno – o a cui hanno imposto – le cure psichiatriche, il fratellastro Michele tenta di andare al fondo delle vicende da cui è stata segnata in modo indelebile la vita della famiglia: quella famiglia dove, dopo la morte della vera madre, egli è cresciuto, attraverso una storia discontinua e frammentaria, con tessere di vicende individuali e sequenze continuamente spezzate. Che è il tratto distintivo, con cui Lagioia affronta la “sua” storia potente e drammatica, e senza alcun rilievo grottesco, in un meccanismo esatto e ossessivo che scompone e ricompone, come in una spirale, gli eventi. E con la calcolata precisione di un bisturi nella piaga, addensandoli intorno a poli d’attrazione su cui il racconto ritorna puntuale, con cicliche condensazioni. E con una lingua assai controllata, sorvegliata, che sa misurare il territorio di appartenenza, ma che talora tende a un eccesso di metaforizzazione, grazie al carico figurativo anche troppo forte rispetto alla vera necessità espressiva.