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 2015  luglio 03 Venerdì calendario

GREXIT, CON LA NUOVA MONETA SVALUTAZIONE FINO AL 50% – 

Banche senza più liquidità, svalutazione con conseguente perdita del potere d’acquisto, micidiali contraccolpi per un’economia già disastrata. Anche se è difficile prevedere nel dettaglio tutti gli effetti di una uscita della Grecia dell’euro, vista l’assoluta unicità dell’evento, pochi dubitano che lo scenario peggiore non porti con sé queste conseguenze. Mentre anche gli osservatori più ottimisti circa i rischi di contagio verso l’esterno non nascondono la possibilità che un esito drastico della vicenda vada a minare la credibilità dell’intero edificio europeo.
Finora, la data limite era indicata nel 20 luglio, ovvero il giorno in cui vengono a scadenza 3,5 miliardi di titoli greci in mano alla Bce. Se il governo greco non fosse in grado di ripagarli, la banca centrale europea sarebbe più o meno obbligata a tagliare le erogazioni di liquidità agli istituti di credito ellenici, che attualmente passano attraverso il programma di emergenza Ela. Ma a prendere sul serio chi in queste ore nei palazzi di Bruxelles usa toni oltranzisti, equiparando il no al referendum alla volontà di uscire in via definitiva dalla moneta unica, questa rottura irreversibile potrebbe avvenire anche prima, da lunedì in poi. Le banche greche si ritroverebbero di fatto senza l’ombrello di una banca centrale su cui contare, e con loro l’intero Paese. Senza liquidità verrebbero meno, almeno in una prima fase, l’operatività bancaria e il funzionamento dell’intera sistema dei pagamenti. Le code ai bancomat di questi giorni sono solo un assaggio di quel che accadrebbe: le difficoltà non riguarderebbero solo i privati ma anche le imprese, che avrebbero forti difficoltà a portare avanti la propria attività n mancanza di strumenti finanziari efficienti e con i prestiti bancari presumibilmente ridotti al lumicino.
PASSAGGIO INEVITABILE
L’adozione di una diversa valuta sarebbe a quel punto un passaggio quasi inevitabile, e il governo potrebbe solo tentare di regolarne tempi e modalità. Questo anche in un contesto giuridico in cui formalmente non è prevista l’uscita dall’euro ma solo dall’Unione europea, comunque sulla base di una richiesta del Paese interessato. La nuova moneta è destinata a deprezzarsi rispetto all’euro (alcuni dicono fino al 50%) e dunque dipendenti e pensionati pagati in dracme più o meno ufficiali vedrebbero ridotto il proprio potere d’acquisto rispetto ad ampie categorie di beni e servizi provenienti dall’estero. Sfortunatamente l’economia greca - che non ha una componente manifatturiera orientata all’esportazione - non avrebbe la possibilità di beneficiare della nuova situazione in termini di recupero di competitività e gli unici vantaggi concreti sarebbero per il turismo: gli stranieri con il tasca l’euro forte sarebbero invogliati a programmare le proprie vacanze nel Paese, a meno di turbolenze tali da sconsigliare i viaggi.
L’ALTERNATIVA
Il ritorno alla dracma, anche attraverso lo stadio intermedio della doppia circolazione, avrebbe anche l’effetto di far aumentare il valore nominale del debito pubblico espresso nella nuova valuta. Ma a quel punto il governo greco non sarebbe comunque in grado di far fronte ai propri impegni e i creditori dovrebbero rinunciare in via temporanea o definitiva al flusso degli interessi e a quote di capitale.
È possibile invece che la rottura delle trattative e il conseguente default non portino alla Grexit? La difficoltà principale sta proprio nel funzionamento del sistema bancario: è ipotizzabile che questo continui a fornire euro all’economia greca, pur se con alcuni vincoli, solo nel caso in cui istituti di credito stranieri - dunque ancora connessi alla Bce - conquistino un ruolo predominante acquisendo gli sportelli locali. Uno scenario tecnicamente possibile ma più difficile da concepire a livello politico vista la forte contrapposizione tra Atene e il resto della Ue.