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 2015  luglio 03 Venerdì calendario

BERGAMASCO. RUGBISTA VEGANO? SI’ E SONO FELICE. MA NON MI INVITANO PIU’ ALLE GRIGLIATE» – 

Un rugbista vegano? Possibile. Ed è possibile anche che vesta l’azzurro. Anche se Mirco Bergamasco l’azzurro lo indossa praticamente da sempre, da quando mangiava pure la carne. Oggi l’azzurro è quello della Nazionale seven, che nel weekend sarà a Londra per il «Sevens and the City», il penultimo torneo di un’estate che si completerà il weekend del 19 luglio a Lisbona, con l’ultima occasione di rispescaggio per Rio 2016. «Sono sensibile su tutto quello che riguarda la salute degli animali — spiega Bergamasco — e la tutela dell’ambiente: essere vegano non interessa solo l’alimentazione, ma riguarda il rispetto che ho verso me stesso». Da ieri Mirco è con la squadra in Inghilterra.
Dal Sei Nazioni al sogno di Rio 2016: ma la novità più grande è il suo nuovo stile di vita?
«Non sono così strano. Esistono moltissimi atleti di primissimo piano che seguono alimentazioni particolari. Nel tennis Novak Djokovic mangia senza glutine, le sorelle Venus e Serena Williams sono vegane, una per indicazione dei medici, l’altra per supportarla. È vegano anche il nostro azzurro Leonardo Basile del taekwondo. Nella Nfl c’è Arian Foster, il running back degli Houston Texans, , e sempre negli Stati Uniti anche il wrestler Austin Aries».
Partecipa ancora alle grigliate con i compagni di squadra?
«Alle grigliate non ci invita più nessuno, dato che non mangiamo più la carne. Probabilmente non siamo più simpatici come prima... (ride) Scherzi a parte, ci sono molte cose da poter mettere sulla griglia oltre alla carne, quindi non cambierebbe nulla. L’importante nelle grigliate è la compagnia».
Come è approdato a questa scelta?
«Mia moglie Ati lo era prima di me e io ovviamente mi sono incuriosito».
Il percorso è stato comune?
«Ci siamo informati ancora di più e la strada è diventata percorribile. Un po’ alla volta ho eliminato la carne, il pesce e i latticini. Alimenti che vanno a influenzare tendini e legamenti: ho sentito un beneficio enorme e di conseguenza ho proseguito su questa strada. Non ho cercato un nutrizionista, ho fatto le cose gradualmente. Non è una moda, ma una filosofia, possiamo anche chiamarla “dieta alimentare”».
Una scelta che ha anche portato lei e sua moglie a entrare in affari?
«Abbiamo aperto il nostro fast food vegano in via Manin a Padova, il Doody’z, Ma fa tutto Ati (la moglie franco-iraniana, ndr )... D’altronde lei aveva questa idea ancora prima di conoscerci, sei anni fa. Negli anni l’ha perseguita e ora con grande determinazione l’ha realizzata. Io aiuto... a distanza. Giocherò ancora tre-quattro anni, poi spero che il progetto si ingrandisca».
Perché questo nome?
«È quello del nostro cane, ghiotto di frutta e verdura. Oggi abbiamo tre cani e due gatti. Ati in Veneto si trova bene, ha imparato a gestire certi comportamenti maschili, hanno capito che è una tosta. E lei prima di imparare bene l’italiano, ha dovuto imparare il veneto, per parlare con nonna».
Ati fa tutto, va bene, ma a casa chi cucina?
«Lei ha una grande inventiva. Io al massimo posso copiare i suoi piatti e tentare di riprodurli a Parma».
L’essere vegano non inficia l’attività sportiva?
«Non c’è alcuna problematica, la gente parla perché non sa. Ci sono alimenti iperproteici come i ceci, la soia, i fagioli, le lenticchie. Le vitamine le trovi ovunque. E ovunque vado ho sempre tutto quello che mi serve. Mangio 4-5 volte al giorno, come tutti, ma il giusto ogni pasto, sono sazio e vario l’alimentazione. Tantissima frutta. E non ho mai avuto problemi. La birra? Non deve avere un certo ingrediente, mi sto informando».
I suoi due ex compagni Fabio Ongaro e Totò Perugini, dopo avere aperto un Galloway a Parma, ora hanno creato anche la loro catena I-II, dove però si mangia carne: siete rivali?
«Noi rugbisti offriamo un’ampia scelta! Ma io non rompo le scatole a chi mangia carne. Se c’è possibilità spiego il mio punto di vista, e basta».
E da vegano adesso sogna di andare a Rio, la terra del churrasco?
«Bisogna sempre avere un obiettivo nella vita. Era inimmaginabile fino a poco tempo fa pensare all’Olimpiade, ma ora siamo in ballo e solo a pensarci ho i brividi. Di Londra 2012 ho visto tutto, mi piace conoscere sempre nuove discipline. In questi anni all’Acqua Acetosa ho conosciuto tanta gente che ha vinto delle medaglie. Non mi dispiacerebbe poterci provare».
Per qualificarsi all’Italseven servirà però quasi un miracolo: quante possibilità abbiamo?
«Il seven è imprevedibile. E la squadra c’è. Siamo sempre pronti a sostenerci l’un l’altro: se il tuo compagno è stanco, devi arrivarci tu! Sulla carta siamo meno forti di altri, che hanno altri budget, ma abbiamo giocatori di livello».
Domenica a Londra si torna in campo, la strada per Lisbona è lunga e passerà anche per il torneo di Exeter. Mirco Bergamasco e i suoi compagni sanno che l’ostacolo è grande, ma non hanno paura. La voglia di regalarsi un sogno è troppo forte.